Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31655 del 10/02/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31655 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PARIS PIER LEANDRO N. IL 04/01/1967
avverso la sentenza n. 6609/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
05/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/02/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 10/02/2015

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.
Gabriele Mazzotta, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente
alla pena, con rigetto nel resto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di Appello dì Milano, con sentenza in data 5.12.2013, confermava
la sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di Milano in data 27.9.2010 con la
quale Paris Pier Leandro era stato condannato alla pena di mesi tre di reclusione,
concesse le attenuanti generiche e la diminuente per la scelta del rito abbreviato,

non il reato di maltrattamenti, originariamente ascrittogli.
2.Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo
del suo difensore di fiducia, deducendo con un unico articolato motivo:
-la violazione della legge processuale sulla pena e specificamente degli artt. 48
e 63 del D.Lgvo 274/2000, atteso che, allorquando il GUP ha deciso di
derubricare il reato in ingiurie e minacce aveva sostanzialmente due strade: o
rimettere gli atti al Giudice competente, ai sensi dell’art. 48 D.Lgvo 274/2000,
emettendo sentenza con la quale dichiarava la propria competenza a favore del
Giudice di Pace, trattandosi di competenza per materia, ovvero applicare la sola
pena pecuniaria, perché così consentiva il dettato normativo ed al massimo il
problema poteva porsi sulla concedibilità o meno dell’attenuante per il rito, nel
senso di eventualmente escluderla, ma il risultato sarebbe stato più favorevole al
reo e la sospensione della pena non più opportuna;
-il travisamento dei fatti e l’errore decisionale in ordine alla responsabilità
dell’imputato, con carenza od omissione di motivazione, atteso che la Corte
territoriale ha affermato che l’attendibilità della denunziante è stata vagliata con
la dovuta prudenza, ma non si annota o non ci si avvede che la stessa dichiara di
essere stata colpita dal marito, circostanza negata dai militari, né che la querela
è stata strumentalmente usata nella causa di separazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento, limitatamente al trattamento sanzionatorío,
mentre va respinto nel resto.
1.Ed invero, all’esito della qualificazione giuridica dei fatti ascritti al París in
minacce e ingiurie, il G.u.p., prima, ed i giudici d’appello, poi, erano chiamati a
valutare l’applicabilità esclusivamente della pena pecuniaria, trattandosi di reati
di competenza del Giudice di Pace. Dalla sentenza impugnata, infatti, non si
rileva che sia stata configurata dal primo giudice l’ipotesi della minaccia grave di
cui al secondo comma dell’art. 612 c.p., risultando anche nel dispositivo della
sentenza di primo grado un mero riferimento all’art. 612 c.p..

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ritenuta la condotta dell’imputato integrante solo i reati di ingiuria e minacce e

2.La corte d’appello ha erroneamente ritenuto che fosse ostativa a tale
valutazione l’attivazione del rito abbreviato, all’esito del quale era stata
effettuata, con la sentenza di condanna, la riqualificazione dei fatti e concessa la
diminuente per il rito, invocando all’uopo una pronuncia di questa Corte
(Sez. 5, n. 4960 del 04/12/2006). La pronuncia in questione, tuttavia, si limita
ad evidenziare che, una volta riconosciuto che il reato ricade nella competenza
del giudice di pace, non può più farsi luogo alla riduzione della pena per la scelta
del rito, operata davanti al G.u.p., atteso che, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n.

alternativi; da ciò deriva che anche nel caso in cui i reati attribuiti alla
competenza dello stesso siano giudicati da un giudice diverso, non possono
trovare applicazione gli istituti premiali.
3. In sostanza è l’applicazione della diminuente per il rito- all’esito della
riqualificazione del reato nell’ipotesi meno grave di competenza del giudice di
pace- che cede il passo di fronte alla specifica disposizione di cui all’art. 2 del
D.L.vo n. 274 del 2000. In questa sede, pertanto, va solo precisato, per quello
che rileva in questa sede, che, una volta definito il giudizio abbreviato con la
riqualificazione dei fatti in ipotesi di reato meno gravi, di competenza del Giudice
di Pace, puniti con pena pecuniaria, ciò comporta che andrà applicata tale pena,
ma non la diminuente per il rito, prevalendo il disposto di cui all’art. 2 del D.L.vo
n. 274 del 2000 sulla previsione di cui al secondo comma dell’art. 442 c.p.p.
circa l’automatica applicazione della diminuzione di un terzo della pena. In
proposito, è stato già evidenziato da questa Corte che, la scelta operata dal
legislatore, con l’esclusione per i reati attribuiti alla competenza
del giudice di pace della facoltà di avvalersi dei riti speciali del
giudizio abbreviato e del patteggiamento, si giustifica pienamente con la lieve
offensività dei reati attribuiti alla cognizione di tale giudice, apprestando un
trattamento parzialmente differenziato, sia sul piano procedimentale, che su
quello sanzionatorio (Sez. 4, n. 14815 del 02/10/2003).
4.Per la medesima logica non appare ostativa all’applicazione della pena
pecuniaria la previsione di cui all’art. 60 del D.Lvo n. 274/2000, ben potendo non
essere disposta la sospensione condizionale della pena.
5. Infondate si presentano, poi, le doglianze di cui al secondo motivo di ricorso,
in più punti generiche. Il ricorrente adduce innanzitutto “travisamenti dei fatti”,
laddove, come è stato evidenziato da questa Corte, a seguito delle modifiche
dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., ad opera dell’art. 8 della legge 20
febbraio 2006, n. 46, mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il
vizio di “travisamento della prova”, che ricorre nel caso in cui il giudice di merito
abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un

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274 del 2000, nel procedimento davanti al giudice di pace non sono ammessi riti

risultato di prova obiettivamente ed incontestabilmente diverso da quello reale,
non è affatto permesso dedurre il vizio del “travisamento del fatto”, stante la
preclusione, per il giudice di legittimità, di sovrapporre la propria valutazione
delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, e
considerato che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di
una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di
reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della
decisione(Sez. VI, 22/01/2014, n. 10289).
6. Per quanto concerne, poi, la credibilità della p.o., la Corte territoriale, nel
richiamare anche le valutazioni del primo giudice, ha ritenuto pienamente
attendibile la versione dei fatti dalla stessa resa, indirettamente ammessa
dall’imputato ed in merito al percorso logico che ha condotto i giudici di merito a
tale valutazione non si ravvisano vizi motivazionali. D’altra parte, la valutazione
della credibilità della persona offesa rappresenta una questione di fatto, che non
può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in
manifeste contraddizioni (Sez. I, n. 33267 del 11.6.2013), che nella fattispecie
non si ravvisano.
7. In base a quanto evidenziato pertanto la sentenza impugnata va annullata
limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della
Corte d’Appello di Milano per nuovo esame. Il ricorso va rigettato nel resto.
Spese al definitivo.

p.q.m.
annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio,
con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano per nuovo esame.
Rigetta nel resto il ricorso
Così deciso in Roma il 10.2.2015

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