Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31654 del 26/01/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31654 Anno 2015
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FERRARI CARLO N. IL 11/08/1952
avverso la sentenza n. 1724/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/01/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALFREDO GUARDIANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 26/01/2015

FATTO E DIRITTO
1. Con sentenza pronunciata il 27.11.2013 la corte di appello di
Napoli, in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di

Ferrari Carlo, imputato dei reati ex artt. 81, cpv., 644, c.p. (capo
A) e 61, n. 2, 629, c.p., (capo B), aveva condannato il suddetto
Ferrari alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al solo reato di
cui al capo B), dopo averlo riqualificato in tentativo di violenza
privata continuata, assolvendolo dal delitto di cui al capo A),
rideterminava in senso più favorevole al reo il trattamento
sanzionatorio, dopo avere dichiarato non doversi procedere nei
suoi confronti in relazione alle condotte di cui al capo B)
contestate come commesse nell’anno 2001, per estinzione del
reato, conseguente ad intervenuta prescrizione, confermando nel
resto l’impugnata sentenza in ordine alla sola condotta contestata
come commessa il 13.2.2006.
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede
l’annullamento, l’imputato ha proposto tempestivo ricorso per
cassazione per mezzo del suo difensore di fiducia, avv. Bruno von
Arx, del Foro di Napoli, con cui lamenta il vizio di violazione di
legge, in quanto nella condotta del Ferrari non è ravvisabile il
tentativo di violenza privata ma il semplice esercizio arbitrario
delle proprie ragioni, che non è escluso dalla circostanza che
l’imputato, nel momento in cui ha formulato la propria pretesa
creditoria, ha appoggiato una pistola sulla scrivania del genero
della persona offesa, in quanto tali modalità della condotta
evidenziano come la stessa non vada oltre lo scopo di esercitare il
diritto creditorio; inoltre, evidenzia il ricorrente, la previsione della

Napoli, in data 18.2.2009, nel procedimento sorto a carico di

circostanza aggravante dell’uso di armi contenuta nell’art. 393,
ultimo comma, c.p., rende evidente che l’uso di un’arma non è di
per sé incompatibile con l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
3. Il ricorso è fondato e va accolto nei termini che seguono.

che intercorrono tra le diverse fattispecie di cui agli artt. 610 e
393, c.p., giungendo alla condivisibile conclusione, che il reato di
esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone
si differenzia da quello di violenza privata – che ugualmente
contiene l’elemento della violenza o della minaccia alla persona non nella materialità del fatto, che può essere identica in
entrambe le fattispecie, bensì nell’elemento intenzionale, in
quanto nel reato di cui all’art. 393, c.p., come in quello di cui
all’art. 392, in cui la violenza è esercitata sulle cose, l’agente
deve essere animato dal fine di esercitare un diritto con la
coscienza che l’oggetto della pretesa gli competa giuridicamente,
pur non richiedendosi che si tratti di pretesa fondata,
richiedendosi, inoltre, che la sua condotta rivesta i connotati
dell’arbitrarietà.
La pretesa arbitrariamente attuata dall’agente deve, peraltro,
corrispondere perfettamente all’oggetto della tutela apprestata in
concreto dall’ordinamento giuridico di guisa che ciò che
caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata
dall’agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato;
è, inoltre, necessario che la condotta illegittima non ecceda
macroscopicamente i limiti insiti nel fine di esercitare, anche
arbitrariamente, un proprio diritto, ponendo in essere un
comportamento costrittivo dell’altrui libertà di determinazione,
giacché, in tal caso, ricorrono gli estremi della diversa ipotesi

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4. Da tempo la giurisprudenza di legittimità ha definito i rapporti

criminosa di cui all’art. 610 c.p. (cfr.,

ex plurimis, Cass., sez. V,

16/05/2014, n. 23923; rv. 260584; Cass., sez. V, 28/01/2014, n.
23216; Cass., sez. V, 28/11/2013, n. 7468, rv. 258985).
Tanto premesso, nel caso in esame si tratta di verificare se la

ottenere l’adempimento di un’obbligazione debitoria, la cui
legittimità non viene messa in discussione, gravante sul Petrucci,
esibendo una pistola, che appoggiava su di una scrivania, nel
momento in cui, recatosi presso lo stabilimento di quest’ultimo,
aveva formulato la relativa pretesa nel corso di una breve
conversazione avuta con il Ferrer Ciro, genero del Petrucci, abbia
oltrepassato o meno i limiti dell’esercizio arbitrario delle proprie
ragioni, trasmodando nel più grave reato di tentativo di violenza
privata.
La corte territoriale ha risolto tale questione nel senso di ritenere
l’esibizione dell’arma incompatibile con il ragionevole intento da
parte del Ferrari di far valere il proprio diritto di credito, peraltro,
già riconosciuto dal tribunale di Modena, che aveva emesso
decreto ingiuntivo, opposto dal debitore.
Tale decisione non può condividersi, in quanto non tine conto che
lo stesso art. 393, co. 3, c.p., prevede espressamente che la
violenza o la minaccia, in cui si concretizza l’esercizio arbitrario
delle proprie ragioni con violenza alle persone, possa essere
commessa con armi.
Ne consegue che l’assunto della corte territoriale, per come
motivato, si traduce in una sostanziale e non consentita
abrogazione tacita della menzionata disposizione normativa,
ponendosi, inoltre, in contrasto con i principi affermati dalla
giurisprudenza di legittimità in ordine all’elemento differenziatore

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condotta posta in essere dall’imputato, pacificamente volta ad

tra le due fattispecie di reato, che, come si è detto, non può
essere individuato nella materialità del fatto, che permane
identico anche nella forma aggravata dall’uso delle armi, posto
che all’aggravante di cui al citato art. 393, co. 3, c.p., corrisponde

combinato disposto degli artt. 610, co. 2 e 339, co. 1, c.p. (cfr., in
questi sensi, Cass., sez. II, 1.10.2013, n. 705, rv. 258071).
Escluso, dunque, che la semplice esibizione di un’arma da parte
dell’agente possa essere considerata di per sé un ostacolo alla
configurazione del delitto di cui all’art. 393, c.p., occorre stabilire
se con la condotta serbata il Ferrari abbia macroscopicamente
ecceduto i limiti insiti nel fine di esercitare, sia pure
arbitrariamente, un preteso diritto, ponendo in essere un
comportamento costrittivo dell’altrui libertà di determinazione, in
termini di particolare gravità.
La risposta non può che essere negativa, proprio per le modalità
non particolarmente allarmanti con cui è stata utilizzata l’arma,
non è dato sapere se carica o meno, che l’imputato si è limitato
ad esibire, riponendola su di una scrivania, senza puntarla
all’indirizzo del Ferrer (ed al riguardo non può non rilevarsi come
di ben altro spessore siano state le minacce poste in essere nel
caso concreto esaminato nella decisione n. 35610 del 27.6.2007,
del Supremo Collegio richiamata dalla corte territoriale, in cui la
vittima era stata intimorita con minacce di morte dagli imputati,
che all’uopo si erano serviti di una pistola e di un ordigno
esplosivo).
5. Sulla base delle svolte considerazioni la condotta addebitata al
Ferrari, va, pertanto, riqualificata ai sensi dell’art. 393, co. 1 e 3,
c.p., imponendosi, non essendo perento a tutt’oggi il relativo

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quella prevista per la violenza privata commessa con armi dal

termine di prescrizione nella sua estensione massima, in
considerazione dei periodi di sospensione del relativo decorso
intervenuti in primo ed in secondo grado, l’annullamento della
sentenza impugnata ad altra sezione della corte di appello di

l’ovvia precisazione, imposta dall’art. 624, c.p.p., che l’impugnata
sentenza deve ritenersi passata in giudicato nella parte in cui
afferma la responsabilità del Ferrari per la commissione del fatto
storico qualificato da questa Corte come esercizio arbitrario delle
proprie ragioni con violenza alle persone commessa con armi.
P.Q.M.
Riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 393, co. 1 e 3, c.p., annulla la
sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte di
appello di Napoli per la determinazione della pena.
Così deciso in Roma il 26.1.2015

Napoli, per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio, con

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