Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31644 del 16/06/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31644 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAMMALERI FRANCESCO N. IL 03/08/1952
avverso l’ordinanza n. 30/2014 TRIBUNALE di GELA, del 28/05/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;
lette/sepKe le conclusioni del PG Dpkr.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 16/06/2015

48542/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 28 maggio 2014 il Tribunale di Gela ha revocato il beneficio della
sospensione condizionale della pena, concesso a Camnnalleri Francesco, nella sentenza dello
stesso Tribunale emessa il 5 novembre 2008, confermata da sentenza del 30 giugno 2011
della Corte d’appello di Caltanissetta, irrevocabile il 12 giugno 2012, essendo stato il beneficio

inottemperato dal condannato.
2. Ha presentato ricorso il Camnnalleri, censurando l’ordinanza per avere da un lato dato atto
della perizia tecnica che accerta il pregiudizio che la demolizione potrebbe comportare ai vani
sottostanti, e dall’altro ritenuta comunque sussistente la possibilità di demolire il manufatto.
Inoltre il giudice non avrebbe il potere di ordinare la demolizione del fabbricato abusivo,
trattandosi di sanzione amministrativa. Peraltro, qualora il giudice intervenga come supplente
dell’autorità amministrativa, il suo intervento dovrebbe essere coordinato con i provvedimenti
amministrativi, per cui sarebbe “almeno intempestivo l’ordine di esecuzione della pena”.
Inoltre l’immobile è potenzialmente sanabile, per cui “rientra certamente nei poteri dei titolari
del relativo diritto soggettivo la facoltà di presentare al competente settore edilizio del Comune
di Gela richiesta di concessione amministrativa in sanatoria”. Pertanto, la richiesta del PM di
revoca del beneficio della sospensione condizionale “avrebbe dovuto essere accompagnata da
idonea certificazione rilasciata dall’autorità amministrativa sulla “sanabilità” del cespite”, e la
mancanza di ciò preclude la decisione del giudice dell’esecuzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Premesso che è indiscutibile il dovere ex lege del giudice penale, in caso di reato di abuso
edilizio, di infliggere la sanzione amministrativa dell’ordine di demolizione (ex multis Cass. sez.
III, 18 luglio 2012 n. 38136, Cass. sez. III, 22 maggio 2007 n. 21894, Cass. sez. III, 14
gennaio 1998 n. 64, Cass. sez. III, 2 ottobre 1997 n. 3107 e Cass. sez. III, 28 settembre 1995
n. 3123), e che la sua esecuzione non è affatto impedita da una astratta sanabilità dell’abuso
edilizio – solo la pendenza del relativo procedimento amministrativo, valutata
prognosticamente con esito positivo, avendo semmai l’effetto di sospensione dell’esecuzione
stessa (v. Cass. sez. III, 29 gennaio 2013 n. 13746; Cass. sez. III, 21 novembre 2012-23
gennaio 2013 n. 3456; Cass. sez. III, ord. 26 giugno 2012 n. 25212; Cass. sez. III, ord. 18
gennaio 2012 n. 25212; Cass. sez. III, 5 marzo 2009 n. 16686; Cass. sez. III, 17 ottobre

subordinato alla demolizione dell’opera abusiva dal passaggio in giudicato, obbligo

2007 n. 42978; Cass. sez. III, 30 settembre 2004 n. 43878;) -, e rilevato altresì che il
ricorrente, comunque, non adduce l’esistenza di alcun provvedimento amministrativo che abbia
dichiarato l’incompatibilità della demolizione con gli interessi pubblici, rimane soltanto da
verificare il profilo della possibilità tecnica di esecuzione dell’ordine, che, come si è visto, il
ricorrente contesta, adducendo che la demolizione apporterebbe conseguenze lesive sul resto
dell’immobile.
Correttamente, al riguardo, il giudice dell’esecuzione ha osservato che è onere del

dell’ordine di demolizione, e non si è affatto contraddetto, come in sostanza prospetta il
ricorrente, riconoscendo che nel caso in esame vi sarebbe un ineludibile pregiudizio ad ulteriori
porzioni del fabbricato. Ha invece affermato che l’impossibilità di esecuzione deve derivare,
appunto, da cause non imputabili al condannato, e che quest’ultimo deve dimostrare, come si
è appena sottolineato, l’esistenza dell’impedimento e la sua caratteristica di non imputabilità,
giudicando poi il giudice dell’esecuzione, nel merito, se l’onere della prova è stato assolto con
esito positivo. Nel caso di specie, nota il giudice dell’esecuzione, non è stata dimostrata la non
imputabilità, poiché il pregiudizio sussiste ma deriva dalla decisione del proprietario di
sopraelevare abusivamente (ipotesi del tutto conforme a un recente arresto richiamato dallo
stesso Tribunale, cioè Cass. sez. III, 22 settembre 2010 n. 35972: “L’impossibilità tecnica di
demolire un manufatto abusivo, nel caso in cui la sospensione condizionale della pena sia
subordinata alla sua demolizione, non rileva come causa di revoca del beneficio solo se non
dipenda da causa imputabile al condannato. (In motivazione la Corte, in una fattispecie nella
quale il condannato aveva giustificato la mancata demolizione del manufatto posto al piano
terra in quanto tecnicamente impedita dalla presenza di un piano superiore non abusivo, ha
precisato che la dedotta impossibilità fosse imputabile al condannato per aver realizzato, o
comunque tollerato, l’esecuzione di una sopraelevazione in violazione della normativa
urbanistica e del vincolo cautelare).”.
In conclusione, per quanto si è osservato il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per
manifesta infondatezza, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p.,
al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza
della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è
ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

condannato dimostrare l’impossibilità di adempimento, per cause a lui non imputabili,

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 16 giugno 2015

tensor

Il Presidente

Il Consiglie

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