Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31641 del 21/04/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 31641 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

Data Udienza: 21/04/2015

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.M. presso il Tribunale di Roma
nel proc. c/o
Gravina Maurizio, nato a Roma il 21.3.64
Gravina Antonio, nato a Roma il 14.10.61
D’Ambrogio Fabrizio, nato a Firenze il 30.1.63
indagati artt. 110 c.p., 73 309/90

avverso la ordinanza del Tribunale, Sezione peri! Riesame, di Roma

del 24.11.14

Sentita la relazione del cons. Guida Mùiiiri;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr.ssa Marilia Di Nardo, che ha chiesto il rigetto
dei ricorsi ;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Il ricorso ha ad oggetto la
doglianza del P.M. per la reiezione, da parte del Tribunale, Sezione per il Riesame, dell’appello

che egli aveva proposto contro l’ordinanza con cui il G.i.p. gli aveva negato la misura cautelare
in carcere da lui richiesta nei confronti dei fratelli Gravina (Antonio e Maurizio) e di D’Ambrosio
Fabrizio, tutti accusati di varie infrazioni alla legge stupefacenti e, per la precisione:
a) (tutti in concorso tra loro) di un episodio di detenzione e cessione di 2 kg di cocaina in data
30.9.12 (già oggetto del procedimento n. 3065/13);
b) (i soli Gravina) di più episodi di detenzione e cessione di cocaina tra l’estate 2012 ed il febbraio
2014 a favore di D’Ambrosio;
e) (Gravina Antonio e D’Ambrosio) di un episodio, avvenuto in data anteriore e prossima al 18.2.14,
di detenzione ed occultamento, presso l’abitazione di D’Ambrosio di kg. 2 di hashish;
d) (Il solo Gravina Antonio) di un episodio, avvenuto in data anteriore e prossima al 18.2.14, di
detenzione ed occultamento, presso l’abitazione di D’Ambrosio di kg. 3,150 di hashish.

Avverso tale decisione, il P.M. ha proposto ricorso deducendo

avrebbe confuso il materiale indiziario necessario per una misura cautelare con quello rilevante
ai fini probatori e della condanna. In particolare, si critica il fatto che il Tribunale, Sezione per
il Riesame, non abbia considerato i risultati delle intercettazioni come autonoma fonte di prova.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per la sua evidente genericità cui
3. Motivi della decisione
fa da contraltare un provvedimento del tutto puntuale, completo ed argomentato.
Va, infatti, rammentato che la mancanza di specificità del motivo deve essere
apprezzata, non solo, per una genericità intesa come indeterminatezza, ma anche, per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a
fondamento della impugnazione. Quest’ultima, infatti, non può ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a norma dell’art. 591,
comma 1, lett. c), c.p.p., all’inammissibilità” (ex plurimis, Sez. VI, 8.5.09, Candita, Rv. 244181; Sez. V, 27.1.05,

Giagnorio, Rv. 231708).

Nel caso che occupa, la doglianza avrebbe avuto una sua ragion d’essere se,
effettivamente, la decisione del Tribunale si fosse esaurita nel negare validità alle
intercettazioni.
Al contrario, l’intero ed ampio provvedimento dà conto delle pregresse vicende e
(giustamente) osserva che, in via di principio, non vi sarebbe stata nessuna inammissibilità (come
invece teorizzato dal G.i.p. nel provvedimento reiettivo impugnato dinanzi al Tribunale, Sezione per il Riesame) in
una richiesta di emissione di misura cautelare per un fatto (quellosub #31) già oggetto di
pregresso procedimento sul quale era intervenuto un altro diniego di misura cautelare da parte
del G.i.p. perché la nuova richiesta era, comunque, sopraggiunta all’esito di ulteriori
investigazioni.
Il punto è, però – osserva correttamente il Tribunale – che le ulteriori indagini espletate
non avevano permesso di superare l’obiezione principale – opposta dal G.i.p. nell’ambito della
precedente richiesta – secondo cui non era stato dimostrato che la persona denominata
“topone” (nelle intercettazioni ambientali disposte sull’automobile di Speranza Ludovico), fosse Gravina
Antonio.
A tale rilievo, infatti, la presente (generica) censura del P.M. nulla replica (neppure per
evidenziare – ad esempio, in via meramente teorica – che si trattava di aspetto non decisivo per
esservene altri ed assorbenti).

Analogamente dicasi per le restanti incolpazioni a proposito delle quali i rilievi del
Tribunale sono specifici ed argomentati sì che stride maggiormente la vaga doglianza qui
proposta.
E’, infatti, appena il caso di ricordare che (v. ff. 10/13 ord.), quanto al capo B), il Tribunale
ha criticato la genericità delle dichiarazioni accusatorie di D’Ambrosio (di essere, cioè, stato rifornito
di cocaina, per lungo tempo dai fratelli Gravina che speculavano sulla sua tossicodipendenza e disponibilità di denaro).

2

2. Motivi del ricorso

erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione sul rilievo che il Tribunale

Sul punto, il Tribunale obietta che sarebbe stato necessario un approfondimento investigativo a
riguardo (dovendosi anche dubitare che D’Ambrosio consumasse “solo ed esclusivamente” cocaina, visto il
Anche a proposito di tale aspetto, il presente gravame nulla ribatte.
e D), il Tribunale nelle sue molteplici osservazioni
Quanto agli episodi di cui ai capi
dà prova di avere esaminato tutti gli elementi addotti dall’accusa ma, al contempo, spiega
perché essi non sono apparsi convincenti al punto da potersi ravvisare quel bagaglio indiziario
grave che è necessario per giustificare la misura cautelare invocata. In pratica, si evidenzia che
quelle accuse sono sostenute dalle sole parole, etero ed autoaccusatorie, del D’Ambrosio ma
che quest’ultimo non è credibile, né intrinsecamente né alla luce dei pochi “riscontri” acquisiti.
(oggettivamete) macchinosa e poco
La tesi della “doppia cessione”, infatti, appare
comprensibile tanto più se si considerano le (logiche) osservazioni dei giudici di merito secondo
quali non si spiega (f. li) perché D’Ambrosio avrebbe conservato in casa una parte della droga
(invece che – come avvenuto per l’altra – in uno spazio condominiale) pur sapendo di essere soggetto a
frequenti controlli di polizia (per via delle condizioni precarie in cui era accusato di tenere la madre anziana e
malata).

Inoltre, anche il mancato rinvenimento del secondo quantitativo (capo d)) non si spiega
solo con il fatto che le forze dell’ordine abbiano effettivamente notato Gravina Antonio
“cercare” di introdursi a casa del D’Ambrosio perché non vi è nessun riscontro che il tentativo
sia andato a buon fine né sono state riscontrate le mere affermazioni di D’Ambrosio secondo
cui l’avvocato nominatogli da Gravina gli avrebbe ripetutamente chiesto le chiavi
dell’appartamento. Altrettanto vaghi – osserva il Tribunale – sono i “riscontri” che dovrebbero
pervenire dai telegrammi ricevuti dal D’Ambrosio in carcere visto che, di essi, non si ha
contezza né del contenuto né del mittente ma solo del fatto che siano pervenuti all’arrestato
presso la C.C. di Regina Coeli.
Infine, il Tribunale evidenzia anche la estrema evanescenza dei “riscontri” effettuati
presso l’istituto di credito che hanno, per di più consentito di accertare che «il rapporto
bancario non si era instaurato per decisione della banca, indipendentemente da segnalazioni
negative sul soggetto, che comunque l’istituto di credito non aveva ricevuto» (f.13).
In pratica, i rilievi del Tribunale sono molteplici e puntuali ed indicano persino degli
spazi investigativi o, comunque, l’assenza di indagini che sarebbe stato possibile e
(verosimilmente) utile effettuare (ad edempio, intercettazioni a carico dei Gravina) come a sostenere che il
teorema accusatorio può anche avere una propria dignità ma necessitava di qualcosa di più
delle semplici parole del D’Ambrosio; e ciò, anche in considerazione del fatto che – si sottolinea
– persino la auto incolpazione, da parte del D’Ambrosio, di un quantitativo di droga di cui
altrimenti non si sarebbe venuti a conoscenza non avrebbe inciso in maniera sostanziale su
una situazione processuale (quella del D’Ambrosio) «già particolarmente compromessa» (f. 13).
A tutto ciò il P.M. – nel presente ricorso – non ha obiettato nulla di specifico se non una
– impropria – accusa di confusione tra indizi e prove che, però – come appena dimostrato non si è affatto verificata nel provvedimento impugnato.

P.Q. M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Dichiara inammissibile il ricorso del P.M.

Così deciso il 21 aprile 2015
Il Presidente

rinvenimento in suo possesso di un quantitativo significativo di hashish).

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA