Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31638 del 16/04/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31638 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti
nei confronti di
Lagaren Maria, nata il 10 dicembre 1978
avverso la sentenza del Gip del Tribunale di Asti del 6 dicembre 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
lette le conclusioni scritte del pubblico ministero, in persona del sostituto
procuratore generale Fulvio Baldi, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata.

Data Udienza: 16/04/2015

RITENUTO IN FATTO
1. — Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti, con sentenza del
6 dicembre 2013, ha assolto l’imputata, nei confronti della quale il Pubblico Ministero
aveva richiesto l’emissione di decreto penale di condanna per il reato di cui al d.lgs. n.
152 del 2006, art. 256, comma 1, perché effettuava attività di raccolta e trasporto di
rifiuti urbani e speciali prodotti da terzi (per lo più rottami ferrosi) in assenza della
prescritta iscrizione all’Albo dei gestori ambientali di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, art.

2. — Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Asti.
2.1. — Con un unico motivo di doglianza, deduce la violazione di legge e rileva
che il Gip ha fondato la propria decisione sull’assenza di “professionalità” rilevante ai
sensi del d.lgs. n. 152 del 2006 nella condotta oggetto di contestazione e sulla
circostanza che, a seguito dell’abrogazione della norma istitutiva del registro degli
esercenti dei mestieri girovaghi ai sensi dell’art. 121 t.u.l.p.s., l’attività dì raccolta e
trasporto di rifiuti in forma ambulante deve ritenersi liberalizzata in quanto non
soggetta a specifici provvedimenti autorizzativi. Ciò posto, osserva che la decisione
impugnata si porrebbe in contrasto con il consolidato indirizzo interpretativo di questa
Corte, secondo cui il reato contemplato dal d.lgs. n. 152 del 2006, art. 256, ha natura
di reato comune ed istantaneo e che in ogni caso, pur non aderendo a tale tesi
interpretativa, considerando quindi il reato in questione come reato proprio, la
questione non muterebbe, in quanto la condotta posta in essere dall’imputato, per le
sue caratteristiche oggettive, sarebbe in ogni caso caratterizzata dalla necessaria
“professionalità” o “imprenditorialità”, risultando dagli atti di causa che, in occasione
dell’attività di osservazione da parte della polizia giudiziaria, protrattasi per alcuni
mesi, era emerso che questi aveva conferito i rifiuti raccolti ad un centro di recupero
con idoneo mezzo di trasporto utilizzando la c.d. “ricevuta private”, la quale attesta
che i rifiuti sono prodotti dal soggetto conferente, pur non essendo egli titolare di
un’impresa dall’esercizio della quale derivano rifiuti.
Aggiunge che, in ogni caso, se il giudice avesse nutrito dubbi in proposito
avrebbe dovuto, al più, rigettare la richiesta di decreto penale e non anche
pronunciare una sentenza assolutoria.
Per ciò che concerne, inoltre, la lettura del d.lgs. n. 152 del 2006, art. 266,
comma 5, offerta dall’impugnata sentenza, premessa l’analisi della normativa di
settore e richiamate le precedenti pronunce di questa Corte in materia, rileva che la
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212.

,

parziale abrogazione dell’art. 121 t.u.l.p.s. non avrebbe di fatto liberalizzato, come
ritenuto dal giudice, l’esercizio dell’attività di raccolta e trasporto di rifiuti in forma
ambulante, essendo stata, al contrario, ripristinata la norma generale che impone
l’obbligo di iscrizione all’Albo dei gestori ambientali ai sensi del d.lgs. n. 152 del 2006,
art. 212.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’impugnata sentenza.
2.2. — Il Procuratore Generale, nella requisitoria depositata, ha concluso per

preliminari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. — Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
Va premesso che il Pubblico Ministero ricorrente sottopone a questa Corte,
sostanzialmente, due questioni: l’una concernente la natura del reato di cui al d.lgs. n.
152 del 2006, art. 256, e l’altra concernente l’ambito di operatività della deroga
prevista dal d.lgs. n. 152 del 2006, art. 266, comma 5, per le attività di raccolta e
trasporto di rifiuti in forma ambulante, ritenute entrambe rilevanti per confutare le
argomentazioni poste a sostegno del provvedimento impugnato.
Il Gip assume, infatti, che l’iscrizione richiesta dal d.lgs. n. 152 del 2006, art.
212, riguarda esclusivamente l’attività di gestione di rifiuti svolta in forma
imprenditoriale, cosicché la sua mancanza assumerebbe rilievo penale solo in tale
ipotesi, restando quindi estranea la condotta di coloro che, come l’imputato, agiscono
su piccola scala, raccogliendo modeste quantità di rifiuti abbandonate o consegnate
dai privati. Osserva, inoltre, che il riferimento, contenuto nel d.lgs. n. 152 del 2006,
art. 266, comma 5, ai “soggetti abilitati” allo svolgimento dell’attività di raccolta e
trasporto in forma ambulante sarebbe frutto di una svista del legislatore o del
mancato coordinamento tra norme, non essendosi tenuto conto dell’abrogazione della
norma istitutiva del registro degli esercenti mestieri girovaghi, cui conseguirebbe
l’inevitabile liberalizzazione dell’attività medesima, non potendosi peraltro ritenere
ragionevole un’interpretazione che subordini l’operatività della deroga di cui al d.lgs.
n. 152 del 2006, art. 266, comma 5, al possesso dei requisiti soggettivi richiesti dalla
disciplina del commercio introdotta con il d.lgs. n. 114 del 1998, trattandosi di
disposizioni il cui ambito di operatività è del tutto diverso da quello delineato per il
d.lgs. n. 152 del 2006.
Date tali premesse, occorre rilevare come il presente ricorso riguarda identiche
questioni già sottoposte all’attenzione di questa Corte nell’ambito di altro
3

l’annullamento dell’impugnata sentenza con rinvio al Giudice per le indagini

procedimento facente parte del medesimo gruppo di procedimenti avviati dalla
Procura della Repubblica di Asti.
Deve perciò richiamarsi integralmente il contenuto della precedente decisione
sez. 3, 24 giugno, 2014, n. 29992, rv. 260266) all’esito della quale venivano formulati
i seguenti principi di diritto:
«la condotta sanzionata dal d.lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 è

rientrante tra quelle assentibili ai sensi del citato d.lgs., artt. 208, 209, 210, 211, 212,
214, 215 e 216, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale
all’esercizio di una attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei
titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità»;
«la deroga prevista dal d.lgs. n. 152 del 2006, art. 266, comma 5, per l’attività
di raccolta e trasporto dei rifiuti prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante opera
qualora ricorra la duplice condizione che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo
per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante ai sensi del d.lgs. 31 marzo
1998, n. 114, e che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio».
4. — La sentenza impugnata deve conseguentemente essere annullata con
rinvio, richiamando i summenzionati principi cui il giudice del merito dovrà attenersi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Asti.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2015.

riferibile a chiunque svolga, in assenza del prescritto titolo abilitativo, una attività

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