Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31628 del 22/01/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31628 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LANGELLA ANGELO N. IL 10/01/1941
avverso l’ordinanza n. 246/2014 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
21/02/2014
senj,ita la relazione fatta dal Consigliere
lefte/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Udit i difensor Avv.;

t RENATO GRILLO;
724CC

Data Udienza: 22/01/2015

RITENUTO IN FATTO

tio.ott

1. Con ordinanza del 21 febbraio 2014 il Tribunale di ~ma – Sezione per il Riesame pronunciandosi sulla richiesta di riesame avanzata nell’interesse di LANGELLA Angelo avverso il
decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di
Noia in data 16 gennaio 2014 confermava il detto provvedimento.

difensore di fiducia deducendo: a) nullità dell’ordinanza per inosservanza ed erronea
applicazione della legge penale (art. 2 del D. Lgs. 74/00), per avere il Tribunale del Riesame
confermato il provvedimento ablativo anche con riferimento agli importi dell’IRAP e delle
Addizionali regionali e comunali dell’IRPEF che, a dire della difesa, andavano invece esclusi
dall’ammontare dell’imposta evasa, in quanto il D. Lgs. 74/0 contempla quali violazioni di
carattere tributario penalmente rilevanti quelle concernenti evasioni dell’imposta IRPEF, IRES
ed IVA.; b) nullità dell’ordinanza per inosservanza della legge penale in relazione all’art. 14
comma 4 bis della L. 537/93 come modificato dall’art. 8 comma 1 del D.L. 2.3.2012 n. 16 e
dell’art. 322 ter cod. pen.: secondo la difesa andavano dedotti dall’ammontare delle imposte
evase tutti i costi relativi a beni indicati nelle fatture, per operazioni soggettivamente
inesistenti e richiama, al riguardo, la relazione governativa al suddetto Decreto Legge nonché
la circolare dell’A.D.E. n. 32 del 3 agosto 2012; c) inosservanza ed erronea applicazione della
legge processuale penale (art. 321 cod. proc. pen.) con specifico riferimento alla omessa
valutazione da parte del Tribunale del Riesame della documentazione acquisita nel corso delle
indagini preliminari e, in particolare, l’omesso esame dei rapporti intercorrenti tra la società
FERMETAL SUD e le altre società (rapporti, peraltro, effettivamente sussistenti), in quanto il
Tribunale si sarebbe limitato ad un mero richiamo delle considerazioni svolte dal G.I.P.
ripetendo gli stessi errori di valutazione commessi dal primo giudice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso appare parzialmente fondato nei termini e limiti che seguono. Va premesso in
punto di fatto che il LANGELLA risulta indagato per i reati di cui agli artt. 2, 3, 4 e 8 del D. Lgs.
74/00. Secondo la prospettazione accusatoria contenuta nella imputazione provvisoria il
LANGELLA si sarebbe reso responsabile dei predetti reati nella sua qualità di legale
rappresentante della società FERMATAL SUD s.a.s. con sede in Palma Campania, in riferimento
alle dichiarazioni fiscali concernenti gli anni di imposta 2007, 2008, 2009 e 2010, per una
evasione di imposta complessiva calcolata in € 6.962.676 e riferita ad evasioni IRPEF,
Addizionali regionali e comunali IRPEF ed IRAP: il provvedimento cautelare riguarda beni di
pertinenza personale del LANGELLA.
1.1 Quale premessa per una corretta disamina dei contenuti dell’ordinanza impugnata, va
osservato che il Tribunale, dopo aver riepilogato le vicende salienti riguardanti la società
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2. Ricorre per la cassazione di tale provvedimento LANGELLA Angelo a mezzo del proprio

FERMETAL SUD s.a.s. ed i rapporti intercorrenti con numerose società operanti, almeno in
apparenza, nel settore di pertinenza della predetta società (RAFF. METALLI; G.R.M. s.a.s.;
C.RO.MET. s.r.I.; C.C. METALLI s.r.I., LINEA METALLI S.R.L. R & C. TRADE; MEDITERRANEA
METALLI s.r.I.; METAL POINT s.p.a.) ha compiuto una disamina accurata, sulla scorta di quanto
rappresentato dalla Guardia di Finanza e poi recepito dal G.I.P. nel proprio provvedimento
cautelare, evidenziando l’esistenza del fumus criminis relativo a tutti i flati della contestazione
provvisoria. Più in particolare, sono state evidenziate le emissioriTratture per operazioni

rapporti con la FERMETAL SUD s.a.s. e sono stattevidenziate anche le gravi evasioni fiscali
commesse negli anni fiscali di riferimento. Il provvedimento cautelare ha tratto spunto dal
computo delle imposte evase come effettuato dai consulenti tecnici del Pubblico Ministero cui è
corrisposto il sequestro di somme di pertinenza del LANGELLA fino alla concorrenza
dell’ammontare delle imposte evase.
1.2 Date queste premesse, va anche ricordato che in tema di ricorsi afferenti alla materia
del provvedimento cautelare reale, la giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche a Sezioni
Unite, ha più volte ribadito come in tale nozione debbano ricomprendersi oltre ai tradizionali

“errores in judicando” o “in procedendo”, anche quei vizi della motivazione così radicali da
rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante
ovvero privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, dunque,
inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (v. tra le tante, Sez. 6^
10.1.2013 n. 6589, Gabriele, Rv. 254893; Sez. 5^ 13.10.2009 n. 43068, Bosi, Rv. 245093;
S.U. 29.5.2008 n. 35932, Ivanov, Rv. 239692): tali essendo i limiti che incontra il ricorso
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame in materia di provvedimenti di natura
cautelare reale, osserva il Collegio che il primo motivo è sostanzialmente fondato per le ragioni
che seguono.
1.3 La difesa del ricorrente nella propria memoria depositata dinnanzi al Tribunale del
Riesame in data 21 febbraio 2014 aveva evidenziato una pretesa illegittimità del
provvedimento ablativo in riferimento alla ricomprensione nell’ammontare delle imposte evase
(prodromico al provvedimento di sequestro) degli importi per evasioni IRAP e Addizionali
Regionali e Comunali IRPEF, sostenendo la tesi che tali evasioni non acquistano valenza penale
in quanto non previste dal D. Lgs. 74/00.
1.4 Investito della questione, il Tribunale non ha fornito risposta alcuna a tali censure
incorrendo così nel vizio di omessa motivazione integrante quella violazione di legge deducibile
in sede di legittimità in materia di provvedimenti cautelari di natura reale. Tanto più il dedotto
vizio è evidente in relazione alla circostanza che le censure formulate dalla difesa
sottolineavano la non ricomprensibilità di tali imposte tra quelle la cui evasione assumeva
valenza penale che necessita quindi di una risposta specifica da parte del Tribunale.

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inesistenti in riferimento alla struttura fantasma delle società di volta in volta entrate in

2. Con riferimento, invece, ai rimanenti motivi, il ricorso non è fondato. Le censure
formulate, infatti, ripropongono un tema – la inosservanza della norma di cui all’art. 14 comma
4 bis della L. 537/93 come modificato dall’art. 8 comma 1 del D.L. 16/12 – affrontato
specificamente dal Tribunale che lo ha risolto in termini giuridicamente corretti. Il profilo
dedotto attiene alla deducibilità dei costi per operazioni soggettivamente inesistenti, che
inciderebbe sull’ammontare complessivo dell’imposta evasa con ovvie ricadute sul
provvedimento cautelare.

quanto già all’esame di questa Corte Suprema Sezione Civile Tributaria. Va ricordato, in
proposito, che tale norma è stata modificata dall’art. 8 comma 1 del D.L. 2 marzo 2012, n. 16,
secondo il quale “Nella determinazione dei redditi di cui al testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6, comma 1, non sono ammessi in
deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il
compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico
ministero abbia esercitato l’azione penale. Qualora intervenga una sentenza definitiva di
assoluzione compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non
ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi”.
2.3 A norma del successivo comma 3 è poi previsto che “Le disposizioni di cui ai commi 1
e 2 si applicano, in luogo di quanto disposto dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma
4-bis, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore
degli stessi commi 1 e 2, ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di
imposte o maggiori imposte dovute, salvo che i provvedimenti emessi in base al comma 4- bis
pre vigente non si siano resi definitivi; resta ferma l’applicabilità delle previsioni di cui al
periodo precedente ed ai commi 1 e 2 anche per la determinazione del valore della produzione
netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive”.
2.4 La difesa richiama (in parte) la relazione al disegno di legge di conversione del decreto
nella quale viene, però, chiarito (in altra parte non menzionata dalla difesa) quale fosse
l’intento del legislatore individuabile in quello di “inibire in modo inequivoco la deducibilità dei
componenti negativi di reddito direttamente connessi al compimento delle fattispecie di reato
più gravi, evitando che tale indeducibilità possa essere letta come una sanzione impropria,
venendo invece la stessa inquadrata come regola generale nell’ambito della determinazione del
reddito imponibile”.
2.5 Decisivo, però, in riferimento al tema in esame appare altro passo della relazione in
cui si afferma che “Per effetto di questa disposizione, l’indeducibilità non trova applicazione per
i costi e le spese esposti in fatture o altri documenti aventi analogo rilievo probatorio che
riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi, ferme restando le regole generali in
materia di detrazione della relativa imposta sul valore aggiunto di cui al D.P.R. 26 ottobre

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2.2 La questione relativa all’interpretazione della norma tributaria suddetta non è nuova in

1972, n. 633 e in tema di deduzione previste dal testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; pertanto, ove del caso, l’indeducibilità dei
costi rappresentati in documenti emessi da soggetti che in tutto o in parte non hanno
effettivamente posto in essere l’operazione, sarà, comunque, rilevabile per effetto delle altre
disposizioni normative eventualmente applicabili e connesse ai requisiti generali di effettività,
inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità dei componenti negativi”.
2.6 Ciò significa che ai soggetti terzi coinvolti nelle cd. “frodi carosello” legate a società

costi, in quanto i beni acquistati non sono stati utilizzati direttamente per commettere il reato
ma, nella maggior parte dei casi, per essere commercializzati. Sicché non è più sufficiente il
coinvolgimento (anche consapevole) dell’acquirente in operazioni che siano fatturate da
soggetto diverso dall’effettivo venditore perché non siano deducibili, ai fini delle imposte sui
redditi, i costì relative alle predette operazioni.
2.7 Sulla base di tali considerazioni la giurisprudenza tributaria di legittimità ha affermato
il principio di diritto – applicabile nella specie – secondo il quale “In tema di imposte sui redditi,
a norma della L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4-bis, nella formulazione introdotta con il
D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, sono deducibili per l’acquirente dei beni i costi delle
operazioni soggettivamente inesistenti, per il solo fatto che essi sono sostenuti nel quadro di
una c.d. “frode carosello”, anche per l’ipotesi che l’acquirente sia consapevole del carattere
fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che a norma del TUIR siano in contrasto
con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità”
(Cass. Civ. Sez. 5^ 13.3.2012 n. 10167).
2.8 Conseguentemente, come sottolineato dal Tribunale del Riesame, se è vero che per
effetto della normativa sopra richiamata sia prevista e consentita la deducibilità dei costi
relativamente ad operazioni soggettivamente inesistenti (come quelle poste in essere tra la
FERMETAL SUD s.a.s e le società R & C Trade, G.R.M. s.a.s; LINEA METALLI s.r.l. e OTTOBICI
s.r.I.) è del pari escluso, alla luce del principio di diritto sopra enunciato e della lettura
coordinata del testo normativo e della relazione governativa, che tale deducibilità possa essere
consentita quando si verta in ipotesi di costi che a norma del T.U.I.R. risultino in contrasto con
i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità.
2.9 L’ultima parte del principio affermato dalla giurisprudenza citata riflette il pensiero del
legislatore e costituisce una sorta di limite invalicabile oltre il quale non è consentita
quell’operazione di deduzione di costi altrimenti ammissibile. Non entra quindi in gioco la
natura soggettiva o meno – dell’operazione di emissione di fatture per operazioni inesistenti,
quanto il principio generale della “effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o
determinabilità” che, se superato, inibisce l’operazione deduttiva: ne consegue che occorre
verificare in concreto e nei limiti, comunque, degli elementi probatori a disposizione del

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fantasma o cartiere, non è più contestabile, alla luce della nuova norma, la deducibilità dei

Tribunale, il rispetto, o meno, di tali limiti raffrontandoli alle operazioni fiscali compiute dalla
società.
2.10 Detti criteri sono stati effettivamente osservati dal Tribunale sulla base di una
disamina della contabilità aziendale della FERMETAL SUD s.p.a. (in particolare le annotazione
sui registri di carico e scarico merci) che evidenziava in modo palese l’esistenza di costi in
nero.
2.11 Ma va anche ricordato che il tema della incidenza dell’art. 8 del D.L. 16/2012 sul

affrontato dalle Sezioni Penali di questa Corte Suprema che hanno ripetutamente affermato il
principio secondo il quale “In tema di reati tributari, l’art. 8 D.L. n. 16 del 2012, conv. in I. n.
44 del 2012, che ha modificato l’art. 14, comma quarto – bis, I. n. 537 del 1993 indica una
regola valida per le sole procedure di accertamento tributario ai fini delle imposte sui redditi
che non ha, invece, alcuna incidenza sulle condotte di dichiarazione fraudolenta punite dall’art.
2 d.lgs n. 74 del 2000.” Sez. 3^ 24.4.2013 n. 41694, Scocca, Rv. 257354 iiin cui la Corte ha

escluso che l’art. 8 D.L. citato consentisse di dedurre i costi e le spese dei beni o delle
prestazioni di servizio utilizzate per il compimento del reato anche in funzione di ridurre
l’importo del sequestro preventivo per equivalente, disposto con riferimento al delitto di cui
all’art. 2 D. Lgs n. 74 del 2000; v. anche Sez. 3^ 4.4.2012 n. 40559, Agenzia delle Entrate e
altri; più di recente Sez. 3^ 17.10.2013 n. 47471, Tormenti, Rv. 258377, in cui la Corte ha
precisato che la disposizione di cui all’art. 14, comma 4 bis della L. n. 537 del 1993, come
modificato dal menzionato art. 8 del D.L. 16/12 non ha depenalizzato la condotta dì
dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti in quanto
essa, nel prevedere l’indeducibilità dei soli componenti negativi relativi a beni o servizi
direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi, si limita a stabilire una regola
per le procedure di accertamento tributario ai fini delle imposte sui redditi, ma non implica la
deducibilità di costi e spese esposti in fatture riferite a soggetti diversi da quelli effettiviX.
2.12 Ciò consente di escludere che nel caso in esame ci si trovi in presenza di una
violazione di legge conseguente alla mancata applicazione della norma di cui al ricordato D.L.
16/12 in quanto con tale norma il legislatore ha inteso ridurre l’ambito dei componenti negativi
del reddito in qualche misura collegati ad illeciti penali e non ammessi in deduzione nella
determinazione del reddito tassabile di cui all’art. 6 del T.U.I.R. limitandolo ai soli “costi e …
spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o
attività qualificabili come delitto non colposo”, in relazione al quale delitto “il pubblico ministero
abbia esercitato l’azione penale o, comunque, … il giudice abbia emesso il decreto che dispone
il giudizio ai sensi dell’art. 424 c.p.p., ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi
dell’articolo 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato
prevista dall’art. 157 c.p. …”.

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reato di dichiarazione dei redditi mediante uso di fatture per operazioni inesistenti è stato

2.13 Reputa quindi il Collegio che sia corretta l’interpretazione della suddetta disposizione
nel senso che sono indeducibili i costi comunque “riconducibili” alla condotta criminosa. Ne
consegue che i costi sostenuti per la realizzazione di una frode essendo essi stessi lo strumento
per realizzare l’evasione di imposta, sono indeducibili e l’intervento legislativo, attuato con il
D.L. n. 16 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. 26 aprile 2012, n. 144, non ha meaffle.
alcuna incidenza sulle fattispecie in esame.
2.14 La conclusione cui è pervenuto il Tribunale, impugnata dalla difesa, oltre a profilarsi

porta ad escludere che nella specie sia ravvisabile un vizio di motivazione in termini di
apparenza (unica tipologia di vizio deducibile in relazione alla natura del provvedimento
ablativo), sicchè il ricorso, sul punto, va rigettato.
3. E’, invece, inammissibile il terzo motivo posto che le censure sollevate attengono al
vizio di motivazione sotto il profilo della sua inadeguatezza e incomprensibilità, ribadendosi, al
riguardo, i limiti che caratterizzano il ricorso avverso il provvedimento cautelare di natura reale
in sede di legittimità: affermare, infatti, da parte del ricorrente / che “nell’affrontare i rapporti
tra la FERMETAL SUD e le diverse società, il Tribunale si limita a affermare, in maniera davvero
sintetica a discapito anche della comprensione di chi legge, gli stessi punti affrontati già
dall’organo inquirente” si risolve in una censura sulla completezza e logicità della motivazione
non consentita in questa sede.
4. Rileva, ancora, il Collegio che in altra parte del motivo la difesa indulge su rilievi in fatto
(come la interpretazione da conferire alle operazioni commerciali intercorrenti tra la FERMETAL
SUD s.a.s. e la OTTOBICI s.r.l. nel contesto di usuali prassi commerciali), anche in questo caso
improponibili in sede di legittimità.
5. In conclusione il ricorso va annullato con rinvio al Tribunale di Napoli limitatamente al
computo del profitto che il Tribunale stesso rivaluterà in tale sede alla stregua dei principi
esposti da questa Corte, mentre nel resto il ricorso medesimo va rigettato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli limitatamente al computo
del profitto. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma il 22 gennaio 2015
Il Presidente

corretta sotto il profilo della interpretazione della norma che si assume essere stata violata,

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