Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31622 del 19/03/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31622 Anno 2015
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Badoino Fabio, nato ad Albenga il 30.11.54
imputato art. 481 c.p.

avverso la sentenza del Tribunale di Savona del 9.6.14
Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M., nella persona del P.G. dr. Giulio Romano, che ha chiesto il rigetto del
ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Con la sentenza impugnata, il
Tribunale ha condannato il ricorrente perché, quale tecnico incaricato di presentare la relazione
tecnica e le tavole progettuali della DIA, relative all’immobile censito al fg. 7 mapp. 238, 234,
222 di Albenga, nelle tavole, rappresentava una situazione di fatto non corrispondente al vero
e cioè, senza la presenza di un manufatto abusivo a ridosso dell’avanserra delle dimensioni
di circa 40 mq e senza la presenza di un ulteriore manufatto posto a qualche metro di distanza
dal primo, delle dimensioni di circa 3,8 mq.

1

Data Udienza: 19/03/2015

2. Motivi del ricorso tramite difensore, deducendo:

Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso,

vizio della motivazione in punto di elemento soggettivo. Sulla scorta di
2)
quanto rilevato in precedenza, infatti, il ricorrente si chiede su cosa possa fondarsi l’assunto
che il ricorrente fosse stato consapevole di realizzare l’opera in difformità del titolo. In pratica,
ignorando le giustificazioni del Badoino, il Tribunale sarebbe incorso in un travisamento del
fatto.

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione infondato.

Il ricorso è inammissibile e, comunque, manifestamente

3.1. La prima censura merita la preannunciata declaratoria anche perché, a ben
vedere, si risolve in una serie di ricostruzioni fattuali che implicano indirettamente l’auspicio
che questa S.C. rivisiti i fatti pervenendo a conclusioni diverse da quelle raggiunte dal giudice
di merito.
Rimane, però, fermo il divieto per la Cassazione – in presenza di una motivazione non
manifestamente illogica o contraddittoria – di una diversa valutazione delle prove, anche se
plausibile. Di conseguenza, non è sufficiente, per invocare il vizio motivazionale, che alcuni atti
del procedimento siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione diversa e più
persuasiva di quella operata nel provvedimento impugnato; occorre che le prove, che il
ricorrente segnala a sostegno del suo assunto, siano decisive e dotate di una forza esplicativa
tale da vanificare l’intero ragionamento svolto dal giudice sì da rendere illogica o
contraddittoria la motivazione.
Tale ipotesi, però, non ricorre nella specie dal momento che l’argomentare del Tribunale
risulta del tutto congruo, ancorato alle risultanze probatorie e provo di vizi logici manifesti.
Il giudice, infatti, ricorda che il geom. Fabio Badoino, già progettista dell’opera era stato
nominato da Delfino Piergiorgio direttore dei lavori e che, rispetto al permesso di costruire n.
56782 del 12.12.08 e DIA n. 49551 del 22.10.09, nel corso del sopralluogo del 10.10.10 erano
tati accertati interventi in difformità attestati sia dalla deposizione del teste Garosi che dalle
foto acquisite agli atti e «dalle stesse dichiarazioni del Badoino». A tale stregua, perciò risulta
priva di pregio anche la doglianza difensiva secondo cui tali dichiarazioni non sarebbero state
considerate (né, del resto, la genericità della doglianza permette di comprendere sotto quale aspetto esse
sarebbero state ignorate). Di fatto, perciò, è risultato che, accanto ad un ampliamento già definito
sanabile dagli accertatori, era stato attuato un «ampliamento del locale tecnologico interno
all’avanserra insuscettibile di sanatoria in quanto posto in essere in violazione dell’art. 48 delle
NN.TT.AA del vigente P.R.G.». Il Tribunale precisa altresì che l’aumento di volume era stato da
39,69 mc (rientranti nel limite assoluto di mc. 40 imposto dall’a n.t.a.) a 44,00 mc..
Ogni tentativo del ricorrente di proporre misurazioni diverse – per di più sfornite di
qualsivoglia allegazione, risulta, pertanto, destinato ad essere ignorato perché, come noto,
l’accesso agli atti del processo, da parte di questa S.C. «non è indiscriminato, dovendo essere

2

1) erronea applicazione della legge penale ed extrapenale. Preliminarmente, il
ricorrente puntualizza che le caratteristiche dell’intervento edilizio contestato sono realmente
modeste perché l'”ampliamento” è stato di soli 18 cm.. In ogni caso, nella specie si sarebbero
verificati degli errori di calcolo e non si sarebbe tenuto conto del fatto che lo spessore del tetto
non costituisce volume e che quindi la c.d. difformità dei titoli legittimanti è stata, in realtà,
considerata e conteggiata in maniera errata. Inoltre, trattandosi di un’opera interna l’interesse
penalmente tutelato non è stato leso. In altro errore sarebbe incorso il giudice nel collocare
l’avvenuto accertamento del presunto reato in una fase successiva a quella dell’ultimazione
dei lavori

veicolato in modo “specifico” dall’atto di impugnazione» (sez.

VI, 15.3.06, Casula, Rv. 233711; Sez. VI,

14.6.06, Policella, Rv. 234914).

3.2. Viziata da genericità, quindi, è anche la seconda doglianza visto che essa
si basa su argomenti meramente assertivi di una realtà di fatto diversa e, conseguentemente
nella negazione pura e semplice di un elemento psichico che, invece è stato motivatamente
sostenuto dal Tribunale con argomenti coerenti con quanto emerso nel corso dell’istruttoria
dibattimentale e con un apprezzamento dei fatti scevro da vizi logici.

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €

Così deciso il 19 marzo 2015
Il Presidente

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 €.

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