Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31610 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31610 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TITOUHI JALEL N. IL 20/03/1965
avverso l’ordinanza n. 4364/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 08/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/06/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa l’8 ottobre 2014 il Tribunale di Sorveglianza di Torino rigettava
l’opposizione, proposta dal detenuto ..lalel Titouhi avverso l’ordinanza, emessa dal Magistrato di
sorveglianza di Alessandria in data 13 giugno 2014 di espulsione dal territorio nazionale,
rilevando l’attuale pericolosità sociale del condannato e l’assenza di un valido titolo abilitativo
della permanenza in Italia, essendo stato smentito il rapporto di convivenza del condannato

2. Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione l’interessato
personalmente, chiedendone l’annullamento per:
a) violazione di legge in relazione al disposto dell’art. 19 D.Lgs. nr. 286/98, in quanto il
Tribunale di sorveglianza non ha considerato l’offerta dimostrazione del rapporto di coniugio
con cittadina italiana, con la quale la convivenza non si era potuta dimostrare a causa della
detenzione patita dallo stesso dal 2012 in poi, senza che nel frattempo fosse stata avviata
alcuna pratica di separazione, mentre l’accertamento condotto dalla Questura di Pavia negli
anni 2010-2011 è stato soltanto trasposto nel provvedimento del 2014 senza altre indagini.
b) Violazione di legge in relazione al disposto dell’art. 16 D.Lgs. nr. 286/98, non essendo
dimostrata l’attuale pericolosità sociale; al riguardo è mancata nel provvedimento una
disamina critica dei dati fattuali, non potendo valorizzarsi al riguardo i soli precedenti penali in
quanto avrebbe dovuto assegnarsi prevalenza all’unità familiare e non è stata giustificata la
ritenuta prognosi di ricaduta nel crimine, contraddetta dalla partecipazione all’opera di
rieducazione condotta in carcere, come testimoniato dalla fruizione della liberazione anticipata.
c) Violazione di legge in relazione al disposto della CEDU come recepita nella legge nr.
848/1955, in quanto dalla documentazione sanitaria emerge che egli è affetto da gravi
condizioni di salute, per cui, se espulso, verrebbe privato di assistenza sanitaria col rischio
dell’assegnazione in un centro per immigrati clandestin, non provvisto di strutture sanitarie
adeguate.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché fondata su motivi manifestamente infondati.
1.11 ricorrente si è limitato a contestare la decisione con argomentazioni generiche e prive
di consistenza, che non tengono conto del percorso argomentativo riscontrabile nell’ordinanza
impugnata. In particolare, l’impugnazione non contraddice con il necessario riscontro
documentale, sia l’interruzione del rapporto di convivenza con la moglie cittadina italiana sin
da epoca antecedente l’inizio della carcerazione, -come riscontrato dagli accertamenti condotti
presso l’abitazione familiare, ove non erano mai stati reperiti, né il ricorrente, né i suoi effetti
personali e come affermato anche dalla stessa moglie, che ne aveva riferito all’allontanamento
da casa dopo un litigio-, sia l’intervenuto rigetto con provvedimento del 3/6/2014 della
1

con la moglie cittadina italiana.

-

domanda di permesso di soggiorno per motivi familiari, determinata proprio dalla mancanza di
convivenza col coniuge e sia la mancata effettuazione di colloqui visivi con detto coniuge nel
corso del periodo di detenzione presso la Casa circondariale di Alessandria.
1.1 L’ordinanza in verifica ha quindi riscontrato la perdurante pericolosità sociale del
detenuto, desunta dai precedenti penali e dalla presenza irregolare sul territorio dello Stato e
l’assenza delle condizioni ostative all’espulsione, il tutto in aderenza al disposto dell’art. 19
D.Lgs. nr. 286/98 e con motivazione chiara, compiuta e logica.

avanzato nella mancata specificazione delle patologie da cui sarebbe affetto e della rilevanza
che tale profilo assume al fine di impedire l’adozione del provvedimento di espulsione.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; ne discende la condanna del proponente
al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di
impugnazione di tale tenore, della somma che si stima equa di euro 1.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 giugno 2015.

2. Quanto poi alla condizioni di salute del ricorrente, l’assunto è solo genericamente

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