Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31598 del 29/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31598 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SCAFIRI GIUSEPPE N. IL 01/11/1974
avverso la sentenza n. 705/2012 TRIBUNALE di SIRACUSA, del
16/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERCAMILLO
DAVIGO;

Data Udienza: 29/04/2014

R.G. 43211/13

Motivi della decisione
Scafiri Giuseppe ricorre avverso la sentenza 16.7.2012 del
Tribunale di Siracusa, che ha applicato la pena sull’accordo delle parti per
tentata violenza privata, tentata violazione di domicilio e danneggiamento

ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è manifestamente infondato. In tema di patteggiamento, la
motivazione della sentenza in relazione alla mancanza dei presupposti per
l’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen. può anche essere meramente
enunciativa. Invero, poiché la richiesta di applicazione della pena deve
essere considerata quantomeno come ammissione del fatto (quando non la
si voglia addirittura ritenere ammissione di responsabilità o implicito
riconoscimento di colpevolezza), il giudice deve pronunciare sentenza di
proscioglimento solo se manchi un quadro probatorio idoneo a definire il
fatto come reato o se dagli atti già risultino elementi tali da imporre di
superare la presunzione di colpevolezza che il legislatore ricollega proprio
alla formulazione della richiesta di applicazione della pena. (Cass. Sez. 5^
sent. n. 4117 del 20.9.1999 dep. 29.9.1999 rv 214478).
In ogni caso la sentenza del giudice di merito che applichi la pena
su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di
proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di
controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal
testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza delle cause
di non punibilità di cui all’art. 129 succitato. (Cass. Sez. 3^ sent. n. 2309 del
18.6.1999 dep. 9.10.1999 rv 215071).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di millecinquecento euro, così equitativamente fissata in ragione
dei motivi dedotti.

P.Q.M.

aggravato, lamentando violazione di legge e mancanza di motivazione in

2

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Roma, 29.4.2014.

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