Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31596 del 16/06/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31596 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: ROCCHI GIACOMO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOSCHESE BRUNO N. IL 14/03/1957
avverso l’ordinanza n. 286/2013 CORTE APPELLO di SALERNO, del
06/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI,
Data Udienza: 16/06/2015
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Salerno, in
funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta di Bruno Noschese di
applicazione dell’indulto, atteso che i reati per i quali lo stesso era stato
condannato erano aggravati ai sensi dell’art. 7 legge 203 del 1991.
2. Ricorre per cassazione Bruno Noschese, deducendo violazione di legge.
consumati, quando l’autonomia delle fattispecie era stata più volte affermata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
L’inapplicabilità dell’indulto di cui alla legge 31 luglio 2006 n. 241 alle pene
inflitte per i reati aggravati ai sensi dell’art. 7 D.L. 13 maggio 1991, n. 152,
convertito in legge 12 luglio 1991, n. 203, opera anche per i delitti tentati, atteso
che l’art. 1 comma secondo, lett. d), della legge 241 cit. fa generico riferimento
ai “reati per i quali ricorre la circostanza aggravante di cui all’art. 7”, senza
ulteriori specificazioni.
2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 16 giugno 2015
Il Consigliere estensore
Il Presi
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La Corte territoriale aveva erroneamente parificato delitti tentati e