Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3159 del 28/05/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3159 Anno 2014
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAVALERI GIUSEPPE N. IL 06/11/1951
avverso l’ordinanza n. 109/2012 TRIBUNALE di CIVITAVECCHIA,
del 25/09/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
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lette/se le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.; /

•-1,QA-<-■ Data Udienza: 28/05/2013 RILEVATO IN FATTO Con ordinanza in data 25.9.2012 il Tribunale di Civitavecchia, in veste di giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza con la quale CAVALERI GIUSEPPE aveva chiesto l'applicazione della continuazione in relazione a reati di ricettazione e calunnia commessi nel periodo 1993 - 1995 e giudicati con separate sentenze passate in giudicato. Il giudice dell'esecuzione, dopo aver premesso principi elaborati da questa Corte per l'applicazione dell'art. 671 c.p.p., riteneva che i reati di ricettazione (commessi nel settembre- dell'istanza) non potevano essere riuniti con i reati indicati ai precedenti punti dell'istanza, poiché la sussistenza del nesso della continuazione era stato escluso dal giudice della cognizione, al quale il Cavalieri aveva rivolto la medesima istanza. Con riguardo ai restanti reati (punti da 1 a 6 dell'istanza), il Tribunale, pur rilevando che ricorrevano alcuni indici sintomatici della sussistenza di un unico disegno criminoso, riteneva che non risultasse accertato in base agli elementi acquisiti che le singole condotte fossero state tutte concepite, almeno a grandi linee, prima dell'inizio dell'attività delittuosa, in quanto tra i diversi fatti-reato non erano ravvisabili analogie significative di un unico disegno di base, non potendosi ritenere un valido collante tra tutti i reati le temporanee difficoltà economiche dell'istante. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente l'interessato, chiedendone l'annullamento per difetto di motivazione. Il giudice dell'esecuzione non aveva considerato che i giudici della cognizione avevano riconosciuto la sussistenza della continuazione tra i reati di ricettazione, calunnia e truffa giudicati con le sentenze di cui ai punti 3 e 5 dell'istanza (fatti commessi tutti nel settembre 2005) e con le sentenze di cui ai punti 4 e 6 dell'istanza (fatti commessi nel gennaio 1994 e nell'ottobre 1994). Inoltre, non aveva considerato che tutti i reati erano stati commessi in un ristretto arco di tempo (triennio 1993 - 1995); che identiche erano le modalità di commissione e che si trattava sempre di reati contro il patrimonio e di calunnia. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è infondato. Il giudice dell'esecuzione ha rigettato l'istanza con motivazione che non presenta alcun vizio logico e tenendo conto dei principi più volte affermati dalla giurisprudenza di questa Corte nella materia de qua. Per accogliere l'istanza avanzata dal ricorrente, sarebbe dovuto emergere dall'esame delle sentenze di condanna che tutti i reati per i quali era stato chiesto il riconoscimento del vincolo della continuazione facevano parte di un unico disegno, concepito prima dell'inizio dell'attività delittuosa almeno nelle linee generali, nel quale fosse possibile tutti comprenderli. 1 ottobre 1994) giudicati con sentenza del 13.6.2006 della Corte d'appello di Palermo (punto 7 Con giudizio di fatto, insindacabile da questa Corte se adeguatamente motivato, nell'ordinanza impugnata si è concluso, dopo aver preso in esame le sentenze riguardanti i reati tra i quali era stata chiesta la continuazione, che non vi fossero elementi per ritenere l'unicità del disegno criminoso tra tutti i reati. Correttamente il Tribunale ha osservato che il disconoscimento della continuazione da parte del giudice della cognizione costituisce preclusione, ex art.671/1 c.p.p., al riconoscimento della continuazione in sede esecutiva. sussistessero indici sintomatici (tipologia dei reati, breve lasso temporale intercorso tra gli stessi) di un originario disegno criminoso, e in effetti era stata già riconosciuta la continuazione tra i reati di cui ai punti 3 e 5 e tra i reati di cui ai punto 4 e 6. Dal complessivo esame dei fatti giudicati con le indicate sentenze ha ritenuto che non vi fossero significative analogie tra tutti i reati commessi, indicative di una preordinazione di fondo nell'ambito di un unico iniziale disegno criminoso. I motivi di ricorso sono basati sostanzialmente su censure in fatto che non possono essere prese in considerazione in sede di legittimità, in mancanza dell'indicazione di specifici vizi della motivazione del provvedimento impugnato. Pertanto il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma in data 28 maggio 2013 Il Consigliere estensore Il Presidente Ha riconosciuto che tra alcuni reati (indicati nei sette punti dell'istanza del ricorrente)

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