Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31586 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31586 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TREPICCIONE GIUSEPPE N. IL 10/06/1973
avverso il decreto n. 3181/2014 GIUD. SORVEGLIANZA di
AGRIGENTO, del 22/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/06/2015

Ritenuto in fatto

1.Con decreto reso in data 22 ottobre 2014 il Magistrato di sorveglianza di Agrigento
dichiarava inammissibile l’istanza, proposta ai sensi dell’art. 35-ter ord. pen. dal detenuto
Giuseppe Trepiccione per ottenere la riduzione della pena detentiva, secondo quanto previsto
dall’art. 1 del di. 26/6/2014 n. 92, convertito nella legge 11/8/2014 n. 117, in ragione della
mancata indicazione dei periodi di detenzione sofferti e delle cause che avevano comportato un
trattamento disumano e degradante, non accertate con la proposizione di apposito reclamo.
2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso l’interessato personalmente, il quale

3. Con successiva memoria il ricorrente ha dedotto i periodi di detenzione sofferti e le
condizioni, denunciate come degradanti ed inumane, contrastanti con l’art. 3 CEDU ed
integranti i presupposti per accedere al rimedio richiesto.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
1.11 provvedimento impugnato ha fondatamente rilevato l’assoluta genericità della
richiesta di riduzione della pena detentiva, proposta dal detenuto odierno ricorrente, il cui
contenuto si era esaurito nella sollecitazione della decurtazione del periodo di espiazione
ancora da scontare, ossia nell’indicazione del “petitum” della domanda, non . corroecl oa9tmer
dalla necessaria specificazione delle ragioni che la sostenevano, ossia
periodi di detenzione soffertiLdegli istituti relativi

i,

dei

le condizioni disumane e degradanti ivi

patit) Il difetto assoluto di tali elementi di fatto e di diritto ha compromesso effettivamente
l’ammissibilità della richiesta con una carenza originaria, che non può ricevere integrazione
postuma con la proposizione del ricorso per cassazione; invero, in tal modo si pretende da
questa Suprema Corte di legittimità l’apprezzamento diretto di circostanze di fatto che
avrebbero dovuto essere rappresentate al giudice di merito e da questi verificate e non si
contrasta, ma si conferma, il vizio genetico che ha inficiato la domanda proposta. Tali deduzioni
potranno eventualmente essere oggetto di rinnovata e rituale istanza.
L’impugnazione va dunque dichiarata inammissibile, con la conseguente condanna del
proponente al pagamento delle spese processuali; tenuto conto della natura della questione
sollevata, implicante l’interpretazione di norma di recente introduzione, non si ritiene di poter
ravvisare profili di colpa, tali da imporre la condanna al versamento di una somma in favore
della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 16 giugno 2015.

ne ha chiesto l’annullamento.

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