Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31583 del 29/04/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31583 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CELLETTI UMBERTO N. IL 03/12/1971
PORCARELLI VAIRO N. IL 01/03/1985
avverso la sentenza n. 7753/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
12/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERCAMILLO
DAVIGO;
Data Udienza: 29/04/2014
R.G. 42839/13
Motivi della decisione
Celletti Umberto e Porcarelli Vairo ricorrono avverso la sentenza
12.2.2013 della Corte d’appello di Roma, che li ha condannati
rispettivamente per ricettazione e per rapina lamentando:
Celletti vizio di motivazione in relazione alla consapevolezza della
provenienza delittuosa ed alla misura della pena;
Porcarelli vizio di motivazione in relazione all’affermazione di
ricostruzione dei fatti operata in sentenza sarebbe smentita dalle
dichiarazioni della persona offesa Fraioli e dal teste Pibi; si sarebbe
trattato di una lite, con due condotte distinte e un’altra persona ha
sottratto il telefono cellulare; tale sottrazione non sarebbe uno sviluppo
prevedibile del reato di lesioni; lamenta inoltre violazione di legge in
relazioen al mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti.
Il ricorso di Celletti è generico, svolge censure di merito ed è
manifestamente infondato. La Corte territoriale ha motivato in modo non
manifestamente illogico (e quindi non sindacabile in questa sede) che
l’imputato non ha fornito indicazioni sulla provenienza del telefono
cellulare e sulla provenienza, così traendo indizi della consapevolezza
della provenienza delittuosa.
Il ricorso di Porcarelli è generico e svolge censure di merito. Non
sono integralmente trascritte le dichiarazioni della persona offesa e del
teste, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso e viene
prospettata una ricostruzione alternativa a quella ritenuta dai giudici di
merito. Il giudizio di equivalenza fra attenuanti ed aggravanti è stato
correttamente motivato alla luce dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento
che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti
devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento,
nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – singolarmente al pagamento a favore della Cassa delle
ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese del procedimento e singolarmente della somma di C 1.000,00 in
favore della Cassa delle ammende
Roma, 29.4.2014.
TATA
IN CANCELLERIA
responsabilità per il reato di rapina anziché di lesioni, poiché la