Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31581 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31581 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ATTANASIO ALESSIO N. IL 16/07/1970
avverso l’ordinanza n. 5207/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 01/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/06/2015

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza dell’i ottobre 2014 il Tribunale di sorveglianza di Torino respingeva il
reclamo proposto da Alessio Attanasio, detenuto in regime speciale ex art. 41 bis ord. pen.,
avverso il provvedimento del 9 luglio 2014, con il quale il Magistrato di sorveglianza di Novara
aveva disposto nei suoi confronti la limitazione dell’acquisto e della ricezione della stampa,
proveniente dalla regione d’origine e da quelle limitrofe in ragione delle esigenze di sicurezza

2.

Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’interessato

personalmente, col quale ne ha chiesto l’annullamento per:
a)violazione della legge penale in relazione al disposto dell’art. 18-ter ord. pen. in quanto il
pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblici deve essere ravvisato in concreto e non mediante
formule stereotipate;
b) violazione di legge in relazione agli artt. 21, 117 Cost. e 10 CEDU posto che il diritto
all’informazione è costituzionalmente protetto e può essere limitato soltanto a fronte di
situazioni concrete di pericolo;
c) manifesta illogicità della motivazione per avere ritenuto che mediante inserzioni su giornali e
pubblicazioni potessero essere fatte pervenire notizie anche ai detenuti sottoposti a regime
differenziato, dal momento che tale evenienza non si era mai verificata ed era esclusa dalla
sottoposizione a visto di censura con l’eventuale trattenimento della singola copia sospetta,
mentre le stesse inserzioni potrebbero trovarsi anche su giornali a tiratura nazionale.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché fondato su motivi manifestamente infondati e non
supportato da concreto interesse.
1.Ai sensi dell’art. 18 ter, comma 1, lett. a) e b) e comma 3, lett. b) della L. 26 luglio
1975, n. 354, introdotto con la L. 8 aprile 2004, n. 95, su richiesta del P.M. o su proposta del
direttore dell’istituto, il giudice che ha emesso una sentenza di primo grado nei confronti di un
imputato, oppure il magistrato di sorveglianza in caso di condanna irrevocabile, può disporre
limitazioni nella ricezione della stampa anche locale, nonché può sottoporre la corrispondenza
a visto di controllo per esigenze attinenti alle indagini, per esigenze investigative, di
prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell’Istituto penitenziario.
Detta norma va necessariamente coordinata con quella di cui alla medesima L. 26 luglio 1975,
n. 354, art. 41-bis, comma 2, la quale, nel disciplinare le limitazioni cui può essere sottoposto
il detenuto, prevede espressamente, al comma 2-quater, lett. e), la sottoposizione a visto di
censura della corrispondenza per esigenze di ordine o dì sicurezza pubblica e per impedire i
collegamenti del detenuto con l’organizzazione criminale esterna, di cui sia ritenuto tuttora
i ntra neo.

1

pubblica e di prevenzione della commissione di ulteriori reati.

1.1 Alla luce di tale contesto normativo, i giudici di merito hanno ritenuto che la ricezione
da parte dell’odierno ricorrente della stampa proveniente dalla regione d’origine e da quelle
limitrofe costituisse un possibile veicolo di informazioni, in grado di consentirgli di continuare a
gestire dal carcere le attività illecite, di mantenere canali di collegamento con i sodali ancora in
libertà e di consentirgli l’elaborazione di nuove strategie criminali e ciò in considerazione del
suo acclarato inserimento in sodalizio di stampo mafioso e della dimostrata
strumentalizzazione delle pubblicazioni in questione per far pervenire, anche mediante

censura,notizie sul territorio e sulle attività criminose d’interesse, in cui è ancora attiva
l’organizzazione di appartenenza.
1.2 Ritiene il Collegio che la motivazione dell’impugnato provvedimento sia congrua ed
incensurabile nella presente sede di legittimità, siccome rispondente ai canoni della logica e
della non contraddizione, avendo da un lato considerato la pericolosità del ricorrente in ragione
delle emergenze probatorie acquisite e del suo inserimento in organizzazione ancora operante
e temibile, dall’altro fatto riferimento ai collegamenti che esponenti di tale sodalizio
mantengono con i sodali in libertà ed alla possibilità che l’Attanasio, acquisita la conoscenza
tramite la lettura dei giornali locali di vicende riguardanti fatti di criminalità organizzata,
potesse diffondere all’esterno messaggi contenenti istruzioni e direttive per influire su detti
fatti e mantenere contatti con altri associati.
1.3 In tal modo l’ordinanza impugnata ha esternato i criteri valutativi seguiti ed offerto
puntuale attuazione al disposto dell’art. 18-ter ord. pen., dando conto delle esigenze di ordine
pubblico e di tutela della sicurezza collettiva che imponevano le limitazioni al diritto
costituzionalmente garantito del detenuto senza determinarne la definitiva e totale
compromissione, essendo comunque consentito l’accesso agli organi di stampa nazionale
(Cass. sez. 1, n. 6322 del 11/01/2013, Pesce, rv. 254949; sez. 1 n. 26306 del 20/4/2011,
Bonura, Rv. 250717).
2. Per contro, le obiezioni mosse col ricorso sono volte a prospettare a livello astratto e
teorico questioni comunque prive di consistenza, non avendo il ricorrente specificato quali
pubblicazioni rivendica il diritto di ricevere ed in quale modo i pretesi diritti sarebbero stati lesi;
inoltre, non si comprende su quali basi conoscitive, diverse e più complete rispetto a quelle
dell’Amministrazione penitenziaria, l’Attanasio possa affermare che gli episodi di
strumentalizzazione evidenziati nel provvedimento non siano mai stati accertati, posto che
potrebbero essersi verificati in casi diversi dal suo, che l’ordinanza non indica
nominativamente, smascherati proprio all’interno della casa circondariale di Novara, senza che
nulla indichi la non veridicità di tale assunto.
Non sono dunque ravvisabili i vizi denunciati col ricorso, che va dichiarato inammissibile
con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione
dei profili di colpa insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si
stima equo determinare in euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
2

inserzioni all’apparenza innocue, quindi non percepibili come tali dal controllo operato con la

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2015.

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