Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31575 del 29/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31575 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MENDOZA ESPINOZA MIGUEL ANGEL N. IL 01/11/1985
avverso la sentenza n. 107/2013 TRIBUNALE di GENOVA, del
11/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERCAMILLO
DAVIGO;

Data Udienza: 29/04/2014

R.G. 42352/13
Motivi della decisione
Mendoza Espinoza Miguel Angel ricorre avverso la sentenza
11.2.2013 del Tribunale di Genova, che ha applicato la pena sull’accordo
delle parti per rapina ed altro, lamentando violazione di legge e la
mancanza di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129

Il ricorso è manifestamente infondato.
In tema di patteggiamento, la motivazione della sentenza in
relazione alla mancanza dei presupposti per l’applicazione dell’ari. 129 cod.
proc. pen. può anche essere meramente enunciativa. Invero, poiché la
richiesta di applicazione della pena deve essere considerata quantomeno
come ammissione del fatto (quando non la si voglia addirittura ritenere
ammissione di responsabilità o implicito riconoscimento di colpevolezza), il
giudice deve pronunciare sentenza di proscioglimento solo se manchi un
quadro probatorio idoneo a definire il fatto come reato o se dagli atti già
risultino elementi tali da imporre di superare la presunzione di colpevolezza
che il legislatore ricollega proprio alla formulazione della richiesta di
applicazione della pena. (Cass. Sez. 5^ sent. n. 4117 del 20.9.1999 dep.
29.9.1999 rv 214478).
In ogni caso la sentenza del giudice di merito che applichi la pena
su richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di
proscioglimento di cui all’art. 129 cod. proc. pen., può essere oggetto di
controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal
testo della sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza delle cause
di non punibilità di cui all’ari. 129 succitato. (Cass. Sez. 3^ sent. n. 2309 del
18.6.1999 dep. 9.10.1999 rv 215071).
Secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, nel
ricorso per cassazione, avverso sentenza che applichi la pena nella misura
patteggiata tra le parti, non è ammissibile proporre motivi concernenti la
misura della pena, a meno che si versi in ipotesi di pena illegale. La
richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta
dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura processuale che, una
volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la
correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato
origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese
ed eccezioni, non è legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a

cod. proc. pen. ed alla misura della pena.

2

sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in contrasto con
l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute.
(Cass. Sez. 3A sent. n. 18735 del 27.3.2001 dep. 9.5.2001 rv 219852).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della

dei motivi dedotti.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Roma, 29.4.2014.

somma di millecinquecento euro, così equitativamente fissata in ragione

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