Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31570 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31570 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
STRAZZANTI SALVATORE N. IL 22/09/1977
avverso l’ordinanza n. 2447/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
PALERMO, dek9/0f2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/06/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza del 17 luglio 2014 il Tribunale di sorveglianza di Palermo dichiarava
cessata la misura alternativa dell’affidamento in prova terapeutico, già concessa al condannato
Salvatore Strazzanti e gli applicava in via definitiva la misura della detenzione domiciliare.
2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a mezzo
del difensore, per chiederne l’annullamento per inosservanza ed erronea applicazione della

Tribunale di Sorveglianza ha ritenuto fossero venute meno le condizioni per la prosecuzione
dell’affidamento terapeutico per l’incompatibilità dello stato di salute del condannato, sicchè,
nel disporre la detenzione domiciliare nonostante il permanere della tossicodipendenza, ha
violato la finalità assegnata alla misura già concessa. Inoltre, ha recepito le argomentazioni del
magistrato di sorveglianza, nonostante questi avesse provveduto fuori dei casi consentiti dalla
legge e della previsione dell’art. 47-ter, comma 1-quater, ord. pen..

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
1.L’ordinanza impugnata ha ritenuto di dichiarare cessata la misura dell’affidamento
terapeutico, offrendo compiuta e logica motivazione, fondata sulla constatata impossibilità per
il condannato sottopostovi di svolgere attività ergoterapica prescritta nel programma di
recupero in ragione delle sue condizioni di salute, secondo quanto rappresentato dalla
direzione della struttura residenziale presso la quale era stato collocato. Pertanto, il
provvedimento ha preso atto delle condizioni personali documentate del ricorrente, a fronte
delle quali la finalità di disintossicazione e di riabilitazione non può materialmente trovare
attuazione, il che priva di qualsiasi giustificazione la sua protrazione, mentre le perduranti
problematiche di tossicodipendenza dovranno trovare soluzione con altri strumenti.
2. Non si ravvisa poi alcuna violazione di legge nella conferma da parte del Tribunale di
sorveglianza del provvedimento del Magistrato di sorveglianza che in via provvisoria ed
ufficiosa ha applicato la detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 47-ter ord. pen., comma 1 lett.
c): il comma 1-quater della norma prevede “l’applicazione della detenzione domiciliare è
rivolta, dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena, al tribunale di sorveglianza
competente in relazione al luogo di esecuzione. Nei casi in cui vi sia un grave pregiudizio
derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, l’istanza di detenzione domiciliare di cui ai
precedenti commi 01, 1, 1-bis e 1-ter, è rivolta al magistrato di sorveglianza che può disporre
l’applicazione provvisoria della misura. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui
all’art. 47, comma 4”. Pertanto, deve ritenersi che in casi di urgenza, come quello presente, il
magistrato di sorveglianza possa intervenire con un provvedimento interlocutorio ad efficacia

1

legge penale in relazione al disposto dell’art. 94 D.P.R. nr. 309/90. Secondo il ricorrente, il

interinale, perché destinato ad essere superato dalla decisione definitiva del tribunale,
competente in via ordinaria ad assumere le determinazioni sulla misura alternativa domiciliare.
Si è già chiarito da parte di questa Corte che la funzione svolta dal magistrato di
sorveglianza a norma dell’art. 47-ter, comma 1 quater, ord. pen. ha natura cautelativa e non
decisoria, sicché il relativo provvedimento non costituisce un grado precedente di decisione
rispetto a quella che promana dal Tribunale di sorveglianza (Cass. sez. 1, n. 6271 del
03/02/2009, Battista, rv. 243230). Nel caso in esame lo schema procedurale, previsto dalla

condizioni di salute del ricorrente e la necessità di intervento chirurgico e cure specialistiche, il
suo ingresso in ambiente inframurario avrebbe cagionato dei seri pregiudizi, imponendo quindi
un intervento provvisorio del magistrato di sorveglianza, in seguito ritualmente confermato dal
competente tribunale.
Per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa
insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si stima equo
determinare in euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 giugno 2015.

norma di riferimento, risulta puntualmente rispettato, dal momento che, per le compromesse

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