Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31565 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31565 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PEZZINO SALVATORE FRANCESCO N. IL 06/11/1962
avverso l’ordinanza n. 467/2014 TRIBUNALE di PALERMO, del
22/09/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/06/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza del 22 settembre 2014 il Tribunale di Palermo, pronunciando
quale giudice dell’esecuzione, rigettava perchè infondata l’istanza del condannato
Salvatore Francesco Pezzino, volta ad ottenere l’esclusione in sede esecutiva,
mediante correzione della sentenza della Corte di Assise di Palermo del 24/6/2005,
irrevocabile il 9/2/2007, della circostanza aggravante di cui all’art. 7 L.nr. 203/91.

l’interessato personalmente per chiederne l’annullamento, perché la normativa
vigente per l’aggravante di cui all’art. 7 L.nr. 203/91 dispone l’aggravamento della
pena da un terzo alla metà, cosa incompatibile con la natura perpetua della pena
dell’ergastolo.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi aspecifici e comunque
manifestamente infondati.
1.0sserva il Collegio che il ricorso ripete l’istanza già rivolta al giudice
dell’esecuzione e disattesa con motivazione che, in punto di diritto ha offerto
puntuale applicazione al consolidato orientamento interpretativo della
giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale la circostanza aggravante in
esame è applicabile anche ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo, per cui ne è
ammessa la contestazione ed il rilievo anche in tali situazioni, sebbene i suoi effetti
incidano soltanto se venga inflitta pena diversa dall’ergastolo, oppure su istituti
diversi da quelli che riguardano il trattamento sanzionatorio ( Sez. U, n. 337 del
18/12/2008, Antonucci e altri, rv. 241578; sez. 6, n. 20144 del 17/02/2010, P.G. in
proc. Tedesco e altri, rv. 247370
1.1 Per contrastare tale affermazione di principio, il ricorso non oppone alcun
argomento contrario e quindi non confuta la “ratio” ispiratrice della decisione,
risultando limitato all’esposizione dei dati fattuali relativi alla condanna riportata ed
al titolo dei reati ed al richiamo del testo dell’art. 7 L. nr. 203/91; in tal modo non
rispetta le prescrizioni dettate dall’art. 581 cod. proc. pen., che impone al
proponente di indicare “i capi o i punti della decisione cui si riferisce l’impugnazione
” ed i motivi corredati dalla specifica indicazione “delle ragioni di diritto o degli
elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”. Pertanto, ai sensi dell’art. 591 cod.
proc. pen., ne va dichiarata l’inammissibilità, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, e, tenuto conto dei profili di colpa
insiti nella proposizione di siffatto gravame, al versamento di una somma in favore
della Cassa delle Ammende, che si stima equo determinare in euro 1.000,00.
1

2.Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2015.

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