Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31561 del 29/04/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31561 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ROMANO GIORGIO LUIGI ROSARIO N. IL 21/10/1978
avverso la sentenza n. 1429/2011 CORTE APPELLO di LECCE, del
17/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;
Data Udienza: 29/04/2014
R.G. 33639/2013
Considerato che:
Romano Giorgio Luigi Rosario ricorre avverso la sentenza della Corte di
Appello di Lecce del 17/4/2013, che, in riforma della sentenza del Tribunale di
Lecce sez. dist. di Casarano del 17/4/2013, concesse le attenuanti generiche
prevalenti sulla recidiva, riduceva la pena ad anni quattro di reclusione ed C
600,00 di multa per i reati di cui agli artt. a) 624, 625 n. 7 cp 648 cod. pen. b)
lett. b) ed e) cod. proc. pen.; deduce l’erronea applicazione della legge penale e
la mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riguardo
all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato a lui
ascritto alla luce delle doglianze mosse con l’atto di appello.
Nel ricorso viene prospettata una valutazione delle prove diversa e più
favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo grado e
confermata dalla sentenza di appello, che si è limitata a ridurre la pena. In
sostanza si ripropongono questioni di mero fatto che implicano una valutazione
di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva,
immune da vizi logici; viceversa dalla lettura della sentenza della Corte
territoriale non emergono, nella valutazione delle prove, evidenti illogicità,
risultando, invece, l’esistenza di un logico apparato argomentativo sulla base del
quale si è pervenuti alla conferma della sentenza di primo grado con riferimento
alla responsabilità dell’imputato in ordine ai fatti ascrittigli ed in particolare del
delitto di estorsiorsione, del quale è stato ravvisato, in linea con la costante
giurisprudenza di questa Corte e prendendo in considerazione le doglianze mosse
con l’atto di appello, l’elemento materiale e quello psicologico. Tutto ciò preclude
qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di legittimità ((Sez. U n. 12 del
31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv.
226074).
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in C 1000,00.
P.Q.M.
110, 629 cod. pen., chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 29 aprile 2014