Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3156 del 05/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3156 Anno 2014
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VANGELI GIUSEPPE NICOLA, nato il 05/05/1971
avverso l ‘ordinanza n. 776/2012 TRIBUNALE LIBERTÀ di LECCE, del
25/09/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Angela Tardio;
lette le conclusioni del Procuratore Generale dott. Roberto Aniello,
che ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso;
preso atto che nessuno è comparso per il ricorrente.

Data Udienza: 05/04/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il 25 settembre 2012 il Tribunale di Lecce, costituito ai sensi dell’art. 309
cod. proc. pen., ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di
Vangeli Giuseppe Nicola avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere,
emessa il 10 settembre 2012 dal G.i.p. del Tribunale di Lecce riguardo ai reati di
tentato omicidio e detenzione e porto in luogo pubblico di arma comune da
sparo.

omicidio in danno di Margari Luigi, avvenuto in Copertino il 28 agosto 2012, la
cui ricostruzione era stata condotta dal G.i.p. sulla base dei risultati delle indagini
svolte dai Carabinieri della Stazione di Copertino a partire dalla segnalazione
telefonica, agli stessi pervenuta dalla Centrale operativa del Comando provinciale
di Lecce, in ordine all’avvenuto urgente trasporto presso l’Ospedale di Copertino
di un uomo con ferite d’arma da fuoco.
Si era, in particolare, accertato che il ferito era stato accompagnato al
Pronto Soccorso da Cairo Vito, le cui dichiarazioni avevano consentito di
individuare il luogo, posto nelle vicinanze del bar Road 46, dove la vittima
agonizzante, mentre era distesa a terra a pancia in su, in corrispondenza della
portiera anteriore destra dell’autovettura Smart, targata DL739KT, aveva chiesto
al predetto di essere accompagnata in Ospedale, e dove era stata constatata la
presenza sull’asfalto di tracce ematiche e di un proiettile.
I rilievi tecnici avevano ricondotto alla vittima le macchie ematiche rinvenute
nella indicata autovettura, che era dinanzi al Pronto Soccorso al momento
dell’arrivo dei Carabinieri, e concentrate sul sedile anteriore destro, sullo
sportello anteriore destro e sul parafanghi posteriore sinistro.
Attraverso le sommarie informazioni testimoniali rese da De Paolis D’Elia
Antonio e da Bonuso Maurizio e le registrazioni dell’impianto di videosorveglianza
di una vicina tabaccheria si era rilevato che nei pressi del bar, al momento della
commissione del fatto, vi era Vangeli Giuseppe Nicola, che indossava una
maglietta rossa, un bermuda di colore verde tipo militare e un borsello di colore
marrone a tracolla, e che, subito ricercato presso la sua abitazione, era risultato
irreperibile come confermato anche dalla moglie Carrafa Emanuela, che aveva
tuttavia indicato un diverso abbigliamento del coniuge e riferito circa la loro
congiunta presenza in casa dei suoceri dalle ore 13.30 alle ore 14.30 circa, in
contrasto con le indicate emergenze del sistema di videosorveglianza.
1.2. Il Tribunale, che richiamava la ricostruzione dello sviluppo delle indagini
fatta dal G.i.p., illustrava il compendio indiziario rappresentato dalle dichiarazioni
rese il 30 agosto 2012, presso l’Ospedale ove era ricoverata, dalla persona
offesa, che aveva indicato nel Vangeli il responsabile dell’attentato posto in

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1.1. La vicenda cui si riferiva l’ordinanza cautelare atteneva al tentato

essere nei suoi confronti, precisando che le uniche questioni aperte con lo stesso
riguardavano i lavori per la pitturazione nell’abitazione della madre, effettuati dal
Vangeli, che reclamava per l’acquisto del colore una somma a suo avviso
eccessiva.
L’attendibilità di tali dichiarazioni, contestata dalla difesa, era sussistente,
poiché:
– la persona offesa, se impedita a colloquiare per la presenza di tubo nasotracheale per ventilazione artificiale, era vigile e collaborante e non

informazioni testimoniali, facendo ricorso a forme di comunicazione scritta e
gestuale, delle quali si era dato atto nell’annotazione di polizia giudiziaria del 30
agosto 2012;
– le discrasie non decisive tra l’annotazione di polizia giudiziaria e il verbale
di sommarie informazioni testimoniali dovevano condurre alla prevalenza del
secondo, la cui mancata sottoscrizione rispondeva a una condotta ordinaria della
persona offesa, riferita dai verbalizzanti, oltre a non comportare alcuna nullità né
integrare ipotesi di inutilizzabilità probatoria per essere il verbale sottoscritto dai
pubblici ufficiali che lo avevano redatto;
– non poteva ritenersi falso che la persona offesa avesse effettivamente
risposto “sì” o “no” alle domande specifiche e puntuali rivoltele, avuto riguardo
alla valenza probatoria degli atti redatti dai pubblici ufficiali e tenuto conto della
circostanza, idonea a escludere qualsiasi forma di soggezione della persona
offesa, che la stessa aveva apposto un “no” di proprio pugno ad alcune domande
del questionario.
1.3. La valenza probatoria di tali dichiarazioni era fondata sui principi
costantemente affermati da questa Corte, alla cui stregua non trovavano
applicazione – con riguardo alle dichiarazioni rese dalla persona offesa – le regole
di valutazione probatoria di cui all’art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen.,
dovendo procedersi a una valutazione di veridicità senza necessità di riscontri
esterni quando non vi fossero situazioni di dubbio della credibilità della
medesima.
Nella specie, le dichiarazioni chiare, precise, lineari e circostanziate, e come
tali intrinsecamente credibili, erano state anche riscontrate dalle ulteriori
risultanze probatorie.
1.4. In particolare, quanto alla esatta individuazione dell’orario del fatto,
erano rilevanti le dichiarazioni di Cairo Vito e quelle rese da Chiriatti Lucia e da
Guida Bruno, unitamente alle risultanze delle riprese effettuate dal sistema di
videosorveglianza a circuito chiuso installato presso l’attigua tabaccheria, che
consentivano di collocare il delitto tra le ore 14.00 e le ore 14.09 del 28 agosto
2012.

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impossibilitata a comunicare con i Carabinieri che l’avevano escussa a sommarie

In detto lasso temporale il Vangeli era presso il bar Road come riferito da
più persone escusse a sommarie informazioni (De Paolis D’Elia Antonio,
Calcagnile Antonio, Bonuso Maurizio) e come confermato dai rilievi della sua
presenza secondo le cadenze dei minuti registrati dalle videoregistrazioni, che
rendevano non attendibili le dichiarazioni rilasciate da Carrafa Emanuela, moglie
dell’indagato, che ne collocava la presenza a partire dalle ore 13.30 presso
l’abitazione del suocero.
1.5. Anche la dichiarazione della persona offesa circa l’estrazione della

riscontro nelle emergenze acquisite.
Dalle dichiarazioni di Polo Eliana Assunta era, infatti, risultato che il Vangeli
il 19 agosto 2012 le aveva consegnato, mentre lei si trovava nell’abitazione dello
stesso, un marsupio di colore scuro, che aveva poi nascosto presso la sua
abitazione “in una specie di doppio fondo all’interno di un cassetto di un comò”
della sua camera da letto, senza parlarne con nessuno e senza sapere che cosa
contenesse, ed era altresì risultato che, dopo qualche giorno, alle ore 13.32 del
28 agosto 2012 il medesimo Vangeli si era recato presso la sua abitazione e alla
richiesta dello stesso di “scendere” aveva capito che doveva consegnare il
marsupio, che aveva in effetti consegnato, sospettando, dopo aver saputo della
sparatoria, che il marsupio poteva custodire un’arma.
La tesi difensiva, secondo la quale il marsupio conteneva solo due astucci di
crema che il Vangeli intendeva regalare alla moglie per il suo compleanno del 30
agosto 2012, era contrastata da plurimi rilievi:
– gli astucci di crema, ove avessero costituito il contenuto del marsupio,
potevano essere occultati in luogo più facilmente accessibile e non presso terzi;
– il peso del marsupio era certamente compatibile con quello di un’arma da
fuoco, come riferito dalla teste;
– il ritiro del marsupio era avvenuto il 28 e non il 30 agosto 2012;
– le modalità di occultamento del marsupio utilizzate dalla teste inducevano
a ritenere sussistente un suo sospetto circa il contenuto illecito dello stesso;
– tale sospetto trovava riscontro anche nella circostanza che la teste,
quando verso le ore 15.30, recandosi al lavoro, aveva visto Polizia e Carabinieri
presso il bar Road 46, aveva telefonato alla moglie del Vangeli per chiederle
notizie del coniuge, parlando, quasi a giustificazione, di un sogno premonitore
circa un conflitto a fuoco presso il detto bar.
1.6. Anche in ordine al movente del delitto, le dichiarazioni della persona
offesa avevano ricevuto riscontri estrinseci, rappresentati dalle dichiarazioni della
madre Roi Maria Clementina e da quelle rese da Polo Eliana Assunta, essendo
risultato che la persona offesa si era intromessa nei lavori di pitturazione che il
Vangeli doveva fare in favore di sua madre per questioni di prezzo del materiale,
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pistola da parte dell’indagato dal marsupio, che teneva a tracolla, trovava

chiedendo la restituzione delle chiavi dell’abitazione e facendo completare da
altri i lavori.
1.7. Il quadro indiziario a carico dell’indagato aveva trovato ulteriore
conferma nella sua irreperibilità per oltre dieci giorni dopo i fatti e fino al 7
settembre 2012, quando si era presentato presso i Carabinieri di Copertino con i
suoi legali per negare ogni propria responsabilità, poiché se avesse voluto fugare
ogni sospetto si sarebbe presentato lo stesso pomeriggio per sottoporsi allo stub,
che aveva invece reso impossibile con il suo protratto allontanamento.

lato alle caratteristiche dell’arma adoperata e alle peculiarità delle regioni
corporee attinte con cinque colpi di arma da fuoco, e dall’altro lato alla illegale
detenzione e porto di arma da fuoco e di almeno cinque munizioni del medesimo
calibro.
Sussistevano anche le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi:
– la prima, avuto riguardo alla acquisizione della disponibilità dell’arma
alcuni giorni prima in stretta connessione al suo uso programmato, alla
circostanza che l’indagato circolasse armato, al lasso di tempo in cui il medesimo
ne aveva tenuto il possesso (indirettamente per mezzo della Polo), e al
mantenimento della risoluzione criminosa, non esclusa dalla occasionalità
dell’incontro con la vittima, non dovendo confondersi tra occasionalità della
insorgenza del proposito omicida con la occasionalità della esecuzione del
proposito già maturato;
– la seconda, avuto riguardo al movente dell’omicidio, sproporzionato e lieve
rispetto alla gravità del reato.
1.9. Alla gravità del quadro indiziario, ampiamente argomentato, si
accompagnava la sussistenza delle esigenze cautelari, e in particolare, il pericolo
di fuga, essendosi l’indagato reso irreperibile e considerata la rilevante entità
della pena irroganda, e il pericolo di recidiva, desumibile dalla gravità e dalle
modalità esecutive del fatto-reato e dalla personalità dell’indagato,
negativamente attestata dai numerosi e gravi precedenti penali, non
salvaguardabili con misura meno afflittiva, inidonea a contenerne le
intemperanze.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore, Vangeli Giuseppe Nicola, che ne chiede l’annullamento sulla
base di unico motivo, con il quale denuncia violazione di legge e contraddittorietà
e manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento
impugnato.
2.1. Secondo il ricorrente, il Tribunale, in evidente contraddizione con la
ricostruzione dei fatti operata dal G.i.p., alla cui stregua i colpi d’arma da fuoco

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1.8. Erano configurabili le contestate ipotesi criminose, avuto riguardo da un

sono stati esplosi alle ore 14.09 sulla base delle risultanze delle videocamere
della vicina tabaccheria, ha ampliato il range d’azione dalle ore 14.00 alle ore
14.09, soffermandosi sulle dichiarazioni rese a sommarie informazioni
testimoniali certamente confuse e approssimative nella indicazione dell’orario,
pur di collocare esso ricorrente sul luogo del delitto.
Tuttavia, nessuno ha riferito circa la sua presenza sul luogo del fatto al
momento degli spari, avendo invece qualche testimone riferito di aver parlato
con lui qualche minuto prima, con la conseguenza che, ad avviso del ricorrente,

2.2. Quanto alle dichiarazioni della persona offesa, costituenti l’unico
elemento a carico, la confutazione delle doglianze difensive in ordine agli
elementi contrastanti e contraddittori riferiti alle modalità di escussione della
stessa e al suo stato di salute sono state confutate con argomenti discutibili e
!abili.
Il Tribunale, in particolare, ha considerato il documento attestante lo stato
vigile e collaborante della persona offesa nel pomeriggio del 30 agosto 2012 per
trarre il dato inesistente che la stessa al mattino dello stesso giorno poteva in
qualche modo esprimersi e farsi intendere dai militari attraverso gesti,
espressioni e suoni, mentre non solo le evidenti contraddizioni sono sintomatiche
di uno stato di salute mentale non lucido né affidabile, ma le domande poste,
come riconosciuto nella stessa ordinanza, sono state suggestive e, pertanto, da
considerarsi inattendibili, perché alle stesse la persona offesa, sedata e intubata
in reparto di rianimazione, poteva rispondere con secchi “no” o “sì”.
2.3. Anche la premeditazione è fondata su assunto errato, in quanto,
secondo il ricorrente, il Tribunale che ha escluso che nel marsupio vi fossero
creme, dopo avere affermato che non vi era certezza che vi fosse un’arma, non
poteva ritenere che esso ricorrente dieci giorni prima avesse premeditato di
procurarsi un’arma, di consegnarla a un’amica, di recuperarla il 28 agosto 2012
e di incontrare casualmente proprio la persona, indicata come oggetto della
premeditazione omicida, avuto riguardo alle descritte modalità dell’incontro e alla
mancanza di tracce di contatto tra l’aggressore e la persona offesa nei tabulati
telefonici nei giorni precedenti.
2.4. Né il Tribunale poteva trarre dal suo stato di irreperibilità, ad avviso del
ricorrente, la sua supposta volontà di sottrarsi allo stub, poiché dall’attribuzione
di tale competenza in suo favore doveva trarsi la sua consapevolezza della totale
inutilità dello stub già dal giorno successivo al fatto.
2.5. La sussistenza delle esigenze cautelari è stata fondata sulle stesse
motivazioni del G.i.p., senza aggiunte né giustificazioni, e con ricorso a frasi di
stile e a valutazioni di rito, mentre il pericolo di fuga come addotto è infondato e
smentito dai fatti.
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sulla scorta dei soli dati certi doveva escludersi la sua presenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato in ogni sua deduzione.

2. Deve premettersi che le valutazioni da compiersi dal giudice ai fini
dell’adozione di una misura cautelare personale devono essere fondate, secondo
le linee direttive della Costituzione, con il massimo di prudenza su un incisivo

sommaria delibazione e tanto prossimo a un giudizio di colpevolezza, sia pure
presuntivo, poiché di tipo “statico” e condotto, allo stato degli atti, sui soli
elementi già acquisiti dal Pubblico Ministero, e non su prove, ma su indizi (Corte
Cost., sent. n. 121 del 2009, ord. n. 314 del 1996, sent. n. 131 del 1996, sent.
n. 71 del 1996, sent. n. 432 del 1995).
2.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di
misure cautelari personali, non è richiesto il requisito della precisione e della
concordanza, ma quello della gravità degli indizi di colpevolezza, per tali
intendendosi tutti quegli elementi a carico ancorati a fatti certi, di natura logica o
rappresentativa, che non valgono di per sé a dimostrare, oltre ogni dubbio, la
responsabilità dell’indagato e tuttavia sono tali da lasciar desumere con elevata
valenza probabilistica l’attribuzione del reato al medesimo (tra le altre, Sez. 1, n.
3777de1 10/09/1995, dep. 22/11/1995, Tomasello, Rv. 203118, Sez. 2, n. 5043
del 15/01/2004, dep. 09/02/2004, Acanfora, Rv. 227511), e la loro valutazione,
a norma dell’art. 273, comma 1-bis, cod. proc. pen., deve procedere applicando,
tra le altre, le disposizioni contenute nell’art. 192 cod. proc. pen., che delineano,
pertanto, i confini del libero convincimento del giudice cautelare (tra le altre,
Sez. 6, n. 45441 del 07/10/2004, dep. 24/11/2004, Fanara, Rv. 230755; Sez.
1, n. 19867 del 04/05/2005, dep. 25/05/2005, Cricchio, Rv. 232601), ferma
restando la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un
giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza
dell’indagato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della
certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (tra le altre, Sez.
U, n. 36267 del 30/05/2006, dep. 31/10/2006, P.G. in proc. Spennato, Rv.
234598; Sez. 1, n. 11058 del 02/03/2010, dep. 23/03/2010, Abbruzzese, Rv.
246790; Sez. 1, n. 19517 del 01/04/2010, dep. 24/05/2010, Iannicelli, Rv.
247206).
2.2. Si è, inoltre, osservato che, con riguardo alle misure cautelari personali,
quando è denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del
provvedimento emesso dal tribunale del riesame riguardo alla consistenza dei
gravi indizi di colpevolezza, il controllo di legittimità è limitato, in relazione alla

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giudizio prognostico di “elevata probabilità di colpevolezza”, tanto lontano da una

peculiare natura del giudizio e ai limiti che a esso ineriscono, all’esame del
contenuto dell’atto impugnato e alla verifica dell’adeguatezza e della congruenza
del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le altre, Sez. U, n. 11 del
22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 4, n. 22500 del
03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012), senza che possa
integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il

merito (tra le altre, Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo,
Rv. 199391; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, dep. 15/12/2008, Pagliaro, Rv.
241997; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, dep. 22/03/2012, Lupo, Rv. 252178)
Il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi
riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed
esclusivo del giudice della cautela valutare “in concreto” la sussistenza delle
stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del
20/02/1998, dep. 14/03/1998, Martorana, Rv. 210019).
2.3. Deve infine rilevarsi che, secondo l’orientamento di questa Corte, che il
Collegio condivide, in tema di misure cautelari, “l’ordinanza del tribunale del
riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte,
il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il
provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la
conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono
essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro” (tra, le altre,
Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep. 15/12/1998, Panebianco R., Rv. 212685;
Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 09/01/2008, Beato, Rv. 238903).

3. Nel caso di specie, la ricostruzione della vicenda relativa al tentato
omicidio di Margari Luigi e l’indicazione del quadro indiziario a carico
dell’indagato per i contestati reati, operate dal Tribunale attingendo agli atti di
indagine, già richiamati dal G.i.p., secondo i poteri integrativi del giudice del
riesame, sono congrui ai criteri di valutazione del materiale indiziario, coerenti
con le acquisizioni processuali richiamate nella decisione, e conformi ai canoni
della logica e della non contraddizione.
3.1. Il Tribunale, infatti, esattamente interpretando le norme applicate, alla
luce degli indicati principi di diritto, e dando conto adeguatamente e logicamente
delle ragioni della propria decisione, ha ritenuto sussistente a carico del
ricorrente una solida piattaforma indiziaria con riferimento alle contestate
condotte delittuose, pervenendo all’apprezzamento conclusivo in termini di

8

ricorrente più adeguata, valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di

solidità della prova cautelare attraverso la valutazione, singola e globale, dei dati
specifici risultanti dagli atti.
Sono stati valorizzati, in particolare, gli elementi indiziari tratti dal contenuto
della deposizione resa dalla persona offesa presso l’Ospedale ove era ricoverata,
sottoposta a diffuso vaglio di attendibilità intrinseca anche tenendo conto delle
sue peculiari condizioni fisiche, che hanno giustificato il ricorso a forme di
comunicazione non verbale ma scritta e gestuale, come sintetizzato sub 1.2. del
“ritenuto in fatto”, e valutate, dopo il rilievo della condivisione del costante

riscontrate ab extrinseco, anche in rapporto alle ulteriori risultanze probatorie
emerse nel corso delle svolte attività di indagine e specificamente ripercorse,
come sintetizzato sub 1.3./1.7. del “ritenuto in fatto”.
Tale analisi ha, in particolare riguardato la individuazione dell’orario del fatto
tra le ore 14.00 e le 14.09; la presenza dell’indagato sui luoghi in tale lasso
temporale; la estrazione della pistola utilizzata per il delitto dal marsupio, tenuto
a tracolla dall’indagato e dallo stesso ritirato alle ore 13.32 dello stesso giorno
presso l’abitazione di Polo Eliana Assunta, alla quale l’aveva consegnato il
precedente 19 agosto; il movente del delitto; il protratto allontanamento
dell’indagato per oltre dieci giorni dopo i fatti.
3.2. Nel suo percorso argornentativo il Tribunale non ha prescisso dalla
congrua disamina delle deduzioni difensive, afferenti alla inattendibilità delle
dichiarazioni della persona offesa, alla contestata presenza dell’indagato sul
luogo e al momento del delitto, al contenuto del marsupio e alle ragioni della sua
consegna temporanea alla Polo e alle prospettazioni della iniziale protratta
irreperibilità dell’indagato, e ne ha escluso la fondatezza, nella prospettiva
ermeneutica del sistema cautelare, con esaustive e critiche argomentazioni.
La sintesi delle svolte considerazioni ha logicamente definito il tema di
indagine del Tribunale, che ha coerentemente ravvisato un nesso eziologico tra
la condotta contestata e l’evento verificatosi, palesato dalle caratteristiche
dell’arma e dalla peculiarità delle zone corporee attinte, ritenute idonee a
sorreggere la qualificazione giuridica del fatto, di cui alla imputazione
provvisoria, in termini di tentato omicidio; ha ritenuto integrato un grave quadro
indiziario con riguardo alla detenzione e porto in luogo pubblico del revolver
calibro 38 e di almeno cinque munizioni dello stesso calibro; ha ragionevolmente
argomentato in ordine alla ravvisabilità degli estremi delle contestate aggravanti,
alla luce dei condivisi e richiamati principi di diritto affermati da questa Corte e
delle circostanze di fatto disponibili, nel continuo confronto con i dati di indagine
e con le obiezioni difensive.
3.3. A tale articolato e non illogico giudizio il ricorrente ha opposto infondate
censure

prospettate

come deduzioni
9

dimostrative della

illegittimità,

orientamento di questa Corte circa la loro valenza probatoria anche ove non

inadeguatezza e illogicità della motivazione – quanto alla gravità del quadro
indiziario – in rapporto alle emergenze processuali e alle deduzioni espresse in
sede di riesame.
Esse non solo procedono secondo una visione aspecifica delle risultanze
processuali, non correlate alle specifiche indicazioni contenute nell’ordinanza
genetica e in quella impugnata, con riguardo particolare alla esatta
individuazione dell’orario in cui il delitto per cui è processo si è verificato, ma si
sostanziano – invadendo il campo della discrezionalità nella valutazione delle

letture alternative dei dati fattuali, quanto al contenuto delle fonti dichiarative in
merito allo stesso tema dell’orario, richiamate nella ordinanza, alla consistenza
degli elementi indiziari da esse tratti in rapporto alla contestata condotta e alla
loro concludenza e a sollecitare una diversa valutazione dell’attendibilità delle
dichiarazioni rese dalla persona offesa, astratta dalla loro articolata analisi e dal
loro logico coordinamento con gli indicati plurimi convergenti elementi di
riscontro, contrapponendo alla decisione, considerazioni critiche, che, nei termini
sviluppati, non sono consentite con il ricorso di legittimità.
3.4. Gli argomenti svolti sono, inoltre, privi di fondatezza con riferimento
alla dedotta non ravvisabilità dei presupposti della contestata aggravante della
premeditazione, scontrandosi con una logica ricostruzione fattuale, richiamata
per stralcio senza correlazione con lo sviluppo argomentativo di riferimento, e
non tenendo conto delle valutazioni svolte in diritto quanto alla compatibilità del
dolo condizionato con l’aggravante della premeditazione e alla non esclusione di
detta aggravante per la occasionalità dell’incontro con la vittima e della
esecuzione del proposito già maturato.
Né hanno alcun fondamento le considerazioni svolte dal ricorrente in ordine
al rapporto tra il suo stato di irreperibilità e la sua volontà di non sottoporsi allo
stub, poiché la prospettazione di una generica diversa lettura dello stato di
irreperibilità, in presenza di una motivazione ragionevole e per nulla superficiale
che l’ha considerata quale ulteriore conferma degli indizi già individuati tenendo
anche conto della tesi difensiva offerta nel corso dell’interrogatorio di garanzia, si
atteggia quale diffuso dissenso rispetto alle risposte ricevute, invasivo ancora
una volta del precluso capo delle valutazioni di merito.
3.5. Anche sotto il profilo delle esigenze cautelari, il ricorso appare
censurare una corretta motivazione del giudice del riesame, che le ha esaminate
rilevando, in concreto, la loro sussistenza e l’adeguatezza della misura custodiale
applicata, attraverso un’analisi valutativa coerente con i rilevati profili di
pericolosità del ricorrente, riferiti alla gravità e alle modalità esecutive dei fatti e
alla personalità del loro autore, attestata dai numerosi e gravi precedenti penali,

10

risultanze processuali – in doglianze e deduzioni di merito, volte a prospettare

e con il ravvisato pericolo di fuga, reso concreto dal prolungato stato di
irreperibilità e dalla rilevante entità della pena irroganda.

4. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria dovrà provvedere, trattandosi di ricorrente in stato di custodia
cautelare in carcere, all’adempimento prescritto dall’art. 94, comma 1-ter, disp.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al

O

E (1)

Eo

Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma
cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 201

1-ter, disp. att.

att. cod. proc. pen.

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