Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31558 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31558 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DELLO RUSSO CIRO N. IL 24/10/1985
avverso l’ordinanza n. 252/2012 GIP TRIBUNALE di NOLA, del
30/09/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 16/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il G.U.P. del Tribunale di Noia, in
funzione di giudice dell’esecuzione, rideterminava la pena nei confronti di Dello
Russo Ciro in anni due e mesi sei di reclusione ed euro 12.000 di multa.
Dello Russo era stato condannato a pena superiore per la detenzione di due
chilogrammi di marijuana; secondo il Giudice, la gravità della condotta imponeva
di determinare la pena base in anni cinque di reclusione, ridotta per le attenuanti

diminuzione del rito abbreviato.

2. Ricorre per cassazione Ciro Dello Russo, deducendo motivazione carente,
contraddittoria, illogica e sproporzionata.
Il Giudice aveva valutato solo il dato ponderale della sostanza ma non aveva
adeguatamente giustificato la scelta di determinare la pena base in misura
prossima al massimo edittale; al contrario, il giudice della cognizione aveva
adottato la pena edittale minima in base alla giovanissima età dell’imputato, alla
sua incensuratezza e al suo corretto comportamento processuale.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che il profondo mutamento di
«cornice» derivante dalla declaratoria di incostituzionalità rende necessaria – in
ipotesi di condanna per ‘droghe leggere’ – una rivalutazione piena della scelta di
determinare la pena in rapporto alla forbice tra minimo e massimo edittale in
sede esecutiva, che il giudice dell’esecuzione deve compiere tenendo conto del
«fatto», così come accertato da quello della cognizione, ma non anche dei
termini matematici espressi da tale giudice, trattandosi di scelte operate in un
quadro normativo alterato dal criterio legislativo (legge del 2006) teso a
«parificare» il disvalore di condotte tra loro diverse (in rapporto alla tipologia di
sostanze oggetto delle condotte).
In altre parole, che se da un lato risulta doverosa ed obbligatoria la
rideterminazione in sede esecutiva della pena inflitta in rapporto ad una
squilibrata (e costituzionalmente illegittima) cornice edittale, dall’altro non può
escludersi che – con valutazione in concreto e rispettosa del «fatto accertato» – il
giudice dell’esecuzione possa rivalutarne la valenza in rapporto ai «nuovi» e

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generiche, aumentata per la continuazione e ridotta alla pena indicata per la

profondamente diversi parametri edittali, ovviamente dando conto (ex artt. 132
e 133 cod. pen.) delle modalità di esercizio del potere commisurativo e tenendo
conto dei principi generali del sistema sanzionatorio (tra cui quello per cui non
può essere aumentata l’afflittività della pena stabilita nella sentenza di
condanna).

Il Giudice dell’esecuzione ha compiuto tale operazione, motivando la scelta
sulla base della quantità notevole dello stupefacente sequestrato che indicava la

resto, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la determinazione della
pena edittale nel minimo di legge da parte del giudice della cognizione non
conseguì affatto dalla considerazione della sua giovane età e incensuratezza, che
incisero soltanto in relazione alla concessione delle attenuanti generiche.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 16 giugno 2015

Il Consigliere estensore

Il Pres ente

gravità della condotta, scelta che non appare affatto manifestamente illogica. Del

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