Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31546 del 29/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31546 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SPATUZZI LUIGI N. IL 14/10/1968
SPATUZZI GUIDO N. IL 27/06/1970
avverso la sentenza n. 6115/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
05/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 29/04/2014

R.G. 33371/13
Considerato che:
Spatuzzi Luigi e Spatuzzi Guido ricorrono avverso la sentenza della Corte
di Appello di Milano del 5/11/2012, confermativa della sentenza del Tribunale di
Milano del 4/6/2008 con la quale sono stati condannati alla pena di anni uno e
mesi quattro di reclusione ed € 400,00 di multa per il reato di ricettazione,
chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod.
proc. pen.; deducono l’erronea applicazione della legge penale nonché il vizio di

ricettazione. Con memoria depositata in cancelleria il 8/4/14 insistino
nell’accoglimento dei motivi proposti.
La Corte territoriale, nel confermare la sentenza di primo grado, si è
adeguata al costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il
quale, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione è necessaria la
consapevolezza della provenienza illecita del bene ricevuto, senza che sia
peraltro indispensabile che tale consapevolezza si estenda alla precisa e
completa conoscenza delle circostanze di tempo, di modo e di luogo del reato
presupposto, potendo anche essere desunta da prove indirette, allorché siano
tali da generare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale, e secondo la
comune esperienza, la certezza della provenienza illecita di quanto ricevuto. Del
resto questa Corte ha più volte affermato che la conoscenza della provenienza
delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto, e
quindi anche dal comportamento dell’imputato che dimostri la consapevolezza
della provenienza illecita della cosa ricettata, ovvero dalla mancata – o non
attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con
un acquisto in mala fede (Sez. 2 n. 25756 del 11/6/2008, Nardino, Rv. 241458;
sez. 2 n. 29198 del 25/5/2010, Fontanella, Rv. 248265). Nella sentenza
impugnata, anche alla luce della memoria depositata che contiene censure in
fatto, l’assenza di plausibili spiegazioni e verificabili in ordine alla legittima
acquisizione della macchine descritte nell’imputazione, risultate rubate, del quale
i ricorrenti non possedevano alcuna documentazione nonché il comportamento
tenuto al momento del controllo da parte delle forze di Polizia si pongono come
coerenti e necessarie conseguenze di un acquisto illecito. Del resto, come questa
Corte ha recentemente affermato (Sez.U. n. 12433 del 26/11/2009, Nocera, Rv.
246324; sez. 1 n. 27548 del 17/6/2010, Screti, Rv. 247718) l’elemento
psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, che
è configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell’agente della
concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa

motivazione con riguardo alla sussistenza dell’elemento psicologico del delitto di

accettazione del rischio, non potendosi desumere da semplici motivi di sospetto,
né potendo consistere in un mero sospetto.
Le su esposte considerazioni impongono di dichiarare inammissibile il
ricorso, perché i motivi sui quali è fondato risultano manifestamente infondati.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della
Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti

P.Q.M.
_
dichiara inammissibile /h ricorse, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di € 1000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Roma, 29 aprile 2014

dal ricorso, si determina equitativamente in € 1000,00 per ciascuno.

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