Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31545 del 29/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31545 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RAPPOSELLI STEFANO N. IL 28/09/1968
avverso la sentenza n. 1724/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
07/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 29/04/2014

R.G.~013

Considerato che:
Rapposelli Stefano ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Lecce del 7/12/2012, confermativa della sentenza del Tribunale di Brindisi sez.
Dist. di Ostuni del 17/12/2009, con la quale era stato condannato alla pena di
anni uno e mesi otto di reclusione ed C 200,00 di multa per il reato di cui agli
artt. 56, 629 cod. pen., chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606,

penale con riguardo all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato in
ordine al reato a lui ascritto alla luce delle doglianze mosse con l’atto di appello.
Nel ricorso viene prospettata una valutazione delle prove diversa e più
favorevole al ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo grado e
confermata dalla sentenza di appello. In sostanza si ripropongono questioni di
mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di
legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi logici;
viceversa dalla lettura della sentenza della Corte territoriale non emergono, nella
valutazione delle prove, evidenti illogicità, risultando, invece, l’esistenza di un
logico apparato argomentativo sulla base del quale si è pervenuti alla conferma
della sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità dell’imputato in
ordine al fatto ascrittogli, del quale è stato ravvisato, in linea con la costante
giurisprudenza di questa Corte e prendendo in considerazione le doglianze mosse
con l’atto di appello, l’elemento materiale e quello psicologico del delitto di
tentata estorsione. Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della
Corte di legittimità (Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n.
47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente
in C 1000,00.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 29 aprile 2014

DEPO’i;TATA

comma 1 lett. b) cod. proc. pen.; deduce l’erronea applicazione della legge

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