Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3154 del 25/09/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 3154 Anno 2014
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

Data Udienza: 25/09/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TEODOSIO SABATO N. IL 19/02/1972
ANNUNZIATA ALFONSO N. IL 01/01/1956
avverso la sentenza n. 7034/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
22/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per te_
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N.37944/12-RUOLO N.4 P.U. (2327)

RITENUTO IN FATTO
1.La Corte d’appello di Napoli ha emesso il 22 febbraio 2012 sentenza nei
confronti di:
TEODOSIO Sabato detto “Dino” ovvero “Bicicletta”

:

con sentenza del 23 settembre 2009 il Tribunale di Napoli lo ha condannato alla
pena di anni 15 di reclusione per i seguenti reati, riuniti con il vincolo della

-capo b) della rubrica (avere preso parte, col ruolo di capo ed organizzatore, ad
un’articolata associazione a delinquere finalizzata all’illecita importazione a fini di
spaccio di ingenti quantitativi di cocaina dall’Olanda in Italia e segnatamente in
Napoli, Verona ed altre località del territorio nazionale a decorrere dall’aprile
2000, con contestazione che, sebbene inizialmente ritenuta con condotta
perdurante, è stata ritenuta protrattasi fino al settembre del 2000; l’acquisto
della cocaina avveniva in Olanda dallo stabile fornitore TASON Arosemena
Armando, fungendo da procacciatori in quel paese i sodali TEODOSIO Pasquale,
poi deceduto e PARRELLA Vittorio; la droga veniva poi trasferita in Italia e
smistata in diverse parti del paese, sovrintendendo l’imputato alla sua
distribuzione nel territorio del napoletano, utilizzando una pluralità di affidabili
corrieri, quali i fratelli FERRANTE, VIGLIOTTI Antonio, DEL SANTO Nunzio,
DAMASCATO Angelo ed altri);
– capo b6) della rubrica (illecita importazione e detenzione a fini di spaccio, in
concorso con altri, di sostanza stupefacente tipo cocaina per un quantitativo non
accertabile, fatto accertato il 3 maggio del 2000);
– capo b10) della rubrica (illecita importazione e detenzione a fini di spaccio, in
concorso con altri, di sostanza stupefacente tipo cocaina in quantitativi non
determinabile, accertata il 7 settembre 2000).
Con altra sentenza del 28 gennaio 2010 il Tribunale di Torre Annunziata lo ha
condannato alla pena di anni 21 di reclusione per il reato di cui al capo 2) della
rubrica (partecipazione, in qualità di promotore ed organizzatore, ad
un’associazione a delinquere capeggiata da suo zio ANNUNZIATA Alfonso dedita
al commercio di stupefacente tipo cocaina, acquistata in Olanda ed in Germania
e trasportata in Italia con auto a doppio fondo da lui fornite al sodalizio, avendo
contattato i corrieri per il prelievo della cocaina importata dall’estero con il suo
finanziamento; avendo fornito al sodalizio auto fornite di doppio fondo per il
trasporto della cocaina; avendo provveduto a smistare la droga fra i diversi
spacciatori del gruppo, avendo sostenuto economicamente i familiari degli
1

continuazione:

affiliati detenuti, con delimitazione della operatività dell’associazione dagli inizi
del 2001 a tutto il 2003)
La Corte d’appello di Napoli, riuniti gli appelli da lui proposti avverso dette due
sentenze e ravvisata la continuazione solo fra i fatti giudicati dalla sentenza del
Tribunale di Torre Annunziata, di cui sopra, con quelli giudicati dalla Corte
d’appello di Salerno con altra sentenza del 16 maggio 2008, irrevocabile il 25
febbraio 2009, ha determinato la pena complessiva in anni 27 di reclusione.
Ha invece interamente confermato la pena di anni 15 di reclusione inflittagli dal

di reclusione la pena complessiva nei suoi confronti, ai sensi degli artt. 71, 73,
78 ed 80 cod. pen.
ANNUNZIATA Alfonso:

con la sentenza del 28 gennaio 2010, di cui sopra, il Tribunale di Torre
Annunziata lo ha condannato alla pena di anni 25 di reclusione per i reati, riuniti
con il vincolo della continuazione, di cui:
-al capo 2) della rubrica (partecipazione, quale promotore ed organizzatore, ad
un’associazione a delinquere dedita al commercio di stupefacente tipo cocaina,
acquistata in Olanda ed in Germania e trasportata in Italia con auto a doppio
fondo da lui fornite al sodalizio, avendo contattato i corrieri per il prelievo della
cocaina importata dall’estero con il suo finanziamento; avendo fornito al sodalizio
auto fornite di doppio fondo per il trasporto della cocaina; avendo provveduto a
smistare la droga fra i diversi spacciatori del gruppo, avendo sostenuto
economicamente i familiari degli affiliati detenuti, con delimitazione della
operatività dell’associazione dagli inizi del 2001 a tutto il 2003);
– al capo 4) della rubrica (illecita acquisto, a fini di importazione in Italia, in
concorso con altri, di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente tipo cocaina,
reato accertato dal 3 al 5 dicembre 2002);
-al capo 12) della rubrica (altro episodio di illecita detenzione a fini di spaccio, in
concorso con altri, di sostanza stupefacente tipo cocaina in quantitativi non
meglio precisabili, reato accertato e contestualizzato in Boscoreale nel giugno
2003).
La Corte d’appello di Napoli, dichiarato il non luogo a procedere nei suoi confronti
per il reato di cui al capo 4) della rubrica per sussistenza di precedente giudicato,
ha ridotto la pena nei suoi confronti ad anni 24 di reclusione, confermando nel
resto l’impugnata sentenza.
2.La Corte d’appello di Napoli ha confermato la sussistenza a carico di TEODOSIO
Sabato degli elementi di colpevolezza ravvisati a suo carico dal Tribunale di
Napoli con la sentenza del 23 settembre 2009 per i reati ascrittigli e consistiti:
2

,g

Tribunale di Napoli con la sentenza di cui sopra, rideterminando infine in anni 30

-quanto all’associazione a delinquere di cui al capo b), dalle sentenze di
condanna definitive emesse nei confronti di diversi partecipanti a tale sodalizio,
nonché dalle intercettazioni telefoniche eseguite sulle utenze olandesi in uso a
TEODOSIO Pasquale, zio dell’odierno ricorrente ed a PARRELLA Vittorio; ad essi il
ricorrente si rivolgeva utilizzando normalmente telefoni pubblici ubicati nel
Comune di Boscoreale, dove il ricorrente risiedeva o nelle vicinanze di detto
Comune; egli si rivolgeva a TEODOSIO Pasquale chiamandolo zio ed al PARRELLA
qualificandosi come Dino, accertato essere uno dei suoi denominativi;

accertata di cocaina, fornitagli da suo zio TEODOSIO Pasquale e trasportata dal
corriere FERRANTE Angelo, dalla condanna definitiva per detto reato riportata da
quest’ultimo, nonché dalle numerose intercettazioni telefoniche, che avevano
accompagnato l’intero svolgimento dell’operazione;
-quanto al reato di cui al capo b10), concernente un’importazione di un
quantitativo non accertato di cocaina fornita all’imputato da TASON Arosemena
Armando, con l’intermediazione di PARRELLA Vittorio ed il trasporto effettuato da
FERRANTE Angelo, dalla condanna definitiva inflitta per detto reato a FERRANTE
Angelo ed a TASON Arosemena Alberto, nonché dalle numerose intercettazioni
telefoniche effettuate sull’utenza in uso al sodale ZIINO Santo e sulle utenze
olandesi in uso a PARRELLA Vittorio ed al TASON, che avevano consentito di
seguire le fasi salienti dell’intera operazione criminosa.

3.La Corte d’appello di Napoli ha inoltre confermato la sussistenza a carico di
entrambi gli imputati dei gravi elementi di colpevolezza ritenuti dal Tribunale di
Torre Annunziata con la sentenza del 28 gennaio 2010 per il reato di
partecipazione ad associazione a delinquere finalizzata al commercio di
stupefacenti, nonché per il reato di cui al capo 12) della rubrica a carico del solo
ANNUNZIATA, elementi di colpevolezza consistiti principalmente nelle concordi
deposizioni rese dagli ufficiali di p.g. escussi, quali l’ispettore capo Storace
Valentino, l’ispettore capo RUSSO Giorgio ed i marescialli dei carabinieri
VENTURA, BUONOMANO e PALMIERI; nelle dichiarazioni rese dal pentito
TAMMARO Saverio e dal testimone assistito DI NOLFO Salvatore, suffragate da
numerosi riscontri individualizzanti, costituiti da 24 intercettazioni telefoniche ed
ambientali, specificamente ed analiticamente esaminate e, per il TEODOSIO,
nella sua condanna definitiva quale mandante di due importazioni di cocaina,
avvenute dall’Olanda nel novembre e dicembre 2002.

4.Avverso detta sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorrono per cassazione
TEODOSIO Sabato ed ANNUNZIATA Alfonso, il primo per il tramite dei suoi due
3

-quanto al reato di cui al capo b6), concernente l’acquisto di una quantità non

difensori avv.ti Gennaro PECORARO ed Antonio MORRA, il secondo sia
personalmente che per il tramite dei suoi due difensori avv.ti Gennaro
PECORARO e Giovanni ARIC0′.

5.TEODOSIO Sabato per il tramite dell’avv. Gennaro PECORARO formula sette
doglianze:
I)-quanto alla sentenza del Tribunale di Napoli del 23 settembre 2009,
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e motivazione carente

di stupefacenti era stata ritenuta sulla sola base di due reati scopo di cui all’art.
73 del d.P.R. n. 309 del 1990, commessi nel maggio e settembre del 2000
avvalendosi di fornitori diversi; fra i due episodi non era rinvenibile quella
continuità dei traffici illeciti tale da radicare nei suoi confronti la pretesa “affectio
societatis”, avendo egli agito in termini di assoluta autorefenzialità, tenuto conto
della capacità dei fornitori olandesi di interagire autonomamente con diversi
acquirenti.
L’altro elemento, costituito dalle numerose intercettazioni telefoniche effettuate
sull’utenza estera in uso al coimputato e zio TEODOSIO Pasquale, era fondato
sull’essere stato egli individuato come interlocutore di quest’ultimo per averlo
chiamato “zio”; ma con detto appellativo TEODOSIO Pasquale era stato chiamato
in numerose coeve altre conversazioni, alle quali egli non aveva preso parte;
neppure poteva ritenersi decisivo l’averlo il maresciallo dei carabinieri SACCHINI
identificato come l’interlocutore delle telefonate anzidette dal timbro di voce, in
quanto la sua voce non era stata mai ascoltata in presa diretta.
Era stato poi accertato che la telefonata n. 118, intercettata il 30 aprile 2000,
non era a lui riconducibile; ciò nonostante gli erano state attribuite altre due
telefonate captate in quello stesso giorno, la n. 119 e la n. 122, pur avendo esse
un denominatore comune ed essendo in contiguità logica con la prima.
Non era poi valido il riscontro costituito dall’essere stata intercettata una vettura
intestata a FERRANTE Antonio presso il valico autostradale del Brennero, in
quanto non erano emersi dati dai quali poter desumere che il FERRANTE avesse
acquistato la cocaina operando alle sue dipendenze, essendo da ritenere invece
che il FERRANTE avesse agito in prima persona; era poi una mera deduzione
investigativa l’avere ritenuto che l’appellativo “Dino” fosse riferibile alla sua
persona.
Le telefonate a lui riferite non provenivano poi solo da cabine pubbliche ubicate
nel territorio di Boscoreale, ma anche da territori lontani dalla provincia di
Napoli, si che non era valido l’indizio costituito dal provenire esse dal medesimo
contesto territoriale;
4

ed illogica, in quanto la sua partecipazione ad un’associazione intesa allo spaccio

II)-sempre con riferimento alla sentenza del Tribunale di Napoli del 23 settembre
2009, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale
. e, motivazione
,
di cui
carente e manifestamente illogica circa la sussistenza dell’
all’art. 74 comma 1 del d.P.R. n. 309 del 1990, concernente il ruolo di vertice
attribuitogli nell’ambito del sodalizio ravvisato, atteso che ciascuno degli
acquirenti della cocaina aveva contattato i fornitori olandesi in piena autonomia;
inoltre l’atteggiamento remissivo da lui tenuto nei confronti del coimputato
PARRELLA, al quale aveva fatto immediatamente pervenire l’importo di danaro

incompatibile con il preteso ruolo apicale ascrittogli nell’organizzazione in parola;
del resto per nessuno dei due reati fine gli era contestata l’aggravante di cui
all’art. 112 n. 2 cod. pen., aver cioè promosso ed organizzato le contestate
importazioni di cocaina;
III)-quanto alla sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del 28 gennaio 2010,
erronea applicazione della legge penale e motivazione carente e manifestamente
illogica per non essere stata ritenuta l’associazione a delinquere dedita al traffico
di stupefacenti, giudicata con detta sentenza, identica a quella giudicata dal
Tribunale di Nocera Inferiore con sentenza riformata dalla Corte d’appello di
Salerno e divenuta irrevocabile il 25 febbraio 2009, non sussistendo la pretesa
sua diversità dei ruoli, atteso che la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore
aveva inglobato nel sodalizio criminoso ipotizzato anche il gruppo associativo
giudicato dal Tribunale di Torre Annunziata; inoltre neppure poteva far
propendere per la dedotta diversità la parziale diversità dei partecipanti ai due
sodalizi criminosi, ciò essendo compatibile con la ritenuta medesimezza del fatto
ex art. 649 cod. proc. pen.
Le due imputazioni erano assolutamente sovrapponibili, in quanto nella sentenza
del Tribunale di Nocera Inferiore il ruolo ascrittogli era stato quello di essersi
procacciato la cocaina da smistare nel territorio campano e cioè Scafati e Comuni
limitrofi, fra cui vi era anche Boscoreale; nella sentenza del Tribunale di Torre
Annunziata lo stupefacente era stato indicato come da smistare in Boscoreale e
Comuni limitrofi, fra i quali era ricompreso anche il Comune di Scafati; in
entrambe le sentenze lo stupefacente era stato indicato come acquisito tramite
gli stessi canali olandesi e comunque esteri; vi era corrispondenza quanto ai
corrieri adoperati in entrambi i casi per il trasporto di stupefacente; identicheg
fZ5Lnei due processi le fonti di prova utilizzate; identico il momento realizzativo
della condotta illecita, in quanto la partecipazione all’associazione giudicata dal
Tribunale di Nocera Inferiore era stata ritenuta da lui commessa fra il gennaio
ed il giugno 2003, mentre la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata aveva
5

chiesto a titolo di compensazione per un precedente finanziamento ricevuto, era

avuto ad oggetto un’associazione criminosa protrattasi fra gli inizi del 2001 fino a
tutto il 2003.
Inoltre con la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore egli era stato ritenuto
non solo come partecipante al gruppo scafatese, ma anche elemento di
collegamento con altro gruppo associato napoletano denominato “Annunziata”,
dovendosi pertanto ritenere l’imputazione associativa salernitana/scafatese,
giudicata dal Tribunale di Nocera Inferiore, parte integrante di quella giudicata
dal Tribunale di Torre Annunziata, essendo in quest’ultima da ritenere compresa

La condotta giudicata dal Tribunale di Torre Annunziata doveva pertanto ritenere
aver assorbita anche quella giudicata dal Tribunale di Nocera Inferiore;
IV)-sempre con riferimento alla sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del
28 gennaio 2010, inosservanza di norme processuali e difetto di motivazione per
non essere state trascritte le conversazioni ambientali n. 2483 del 30 agosto
2002; n. 5450 del 7 dicembre 2002; n. 5572 del 10 dicembre 2002 e n. 5592 del
10 dicembre 2002 e per non essere state inoltre mai acquisiti i brogliacci relativi;
ed invero la prima di dette captazioni era stata ritenuta dalla Corte territoriale
per desumere il suo ruolo di persona addetta a procurare le auto sulle quali
caricare lo stupefacente; e ciò sebbene la questione fosse stata sollevata dal suo
difensore con memoria integrativa depositata innanzi alla Corte d’appello di
Napoli all’udienza del 22 febbraio 2012;
V)-sempre con riferimento alla sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del 28
gennaio 2010, erronea applicazione della legge penale e motivazione carente ed
illogica, in quanto la stessa non aveva individuato le condotte tipiche a lui
ascrivibili e funzionali alla vita dell’associazione a delinquere finalizzata al traffico
di stupefacenti ipotizzata a suo carico, non essendo sufficiente allo scopo l’averlo
ritenuto partecipe di due episodi di importazione di cocaina del novembre e
dicembre 2002, atteso che, nell’intervallo intercorso fra i due anzidetti episodi,
solo in tre occasioni era stato citato da terze persone nel corso di intercettazioni
telefoniche; inoltre non erano convincenti le propalazioni fatte dal collaboratore
di giustizia TAMMARO Saverio, le quali avrebbero dovuto essere valutate nella
loro oggettività e non strumentalizzate nella loro portata letterale; occorreva
invero tener conto della carcerazione preventiva da lui sofferta dal marzo 2003 al
febbraio-marzo 2004; neppure erano significative le propalazioni fatte dal
collaborante DI NOLFO Salvatore, da lui conosciuto nel carcere di Fuorni; erano
stati indebitamente moltiplicati i suoi interventi (fornire, smistare, foraggiare),
nulla essendo stato riferito in ordine alla continuità e stabilità di detti
comportamenti, non essendo state fornite risposte esaustive alle sue obiezioni
difensive;
6

anche la prima.

VI)-sempre con riferimento alla sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del
28 gennaio 2010, motivazione carente, contraddittoria ed illogica circa la
sussistenza a suo carico dell’aggravante di essere stato capo o promotore
dell’associazione a delinquere intesa allo spaccio di stupefacenti ipotizzata a suo
carico col nome di “Annunziata”; invero nella sentenza emessa a suo carico dal
Tribunale di Nocera Inferiore non gli erano stati attribuiti compiti di direzione ed
organizzazione; l’organizzazione inoltre aveva continuato ad esistere anche in
sua assenza, dopo il suo arresto avvenuto nel marzo 2003; la sua mansione di

non poteva giustificare la contestata aggravante, essendo stato egli privo di ogni
autonomia decisionale;
VII)-sempre con riferimento alla sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del
28 gennaio 2010, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e
motivazione carente ed illogica per il mancato riconoscimento della continuazione
con la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore n. 192/07, richiesta
quest’ultima da lui formulata in via subordinata, trattandosi di attività criminosa
svolta dal gennaio 2001 al 2004 e non essendo revocabile in dubbio l’unicità del
disegno criminoso, avendo egli fornito cocaina lungo l’asse Olanda, Boscoreale,
Scafati, Napoli ed altre località italiane e straniere, essendo identica la
componente soggettiva e sovrapponibili nel tempo le due vicende, atteso che il
periodo di operatività dei fatti giudicati con la sentenza del Tribunale di Torre
Annunziata era stato ritenuto perdurante dal 2000 in avanti, mentre i fatti
giudicati con la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore erano stati ritenuti
come svoltisi dalla metà del 2001 fino al 2003.

6.TEODOSIO Sabato per il tramite dell’avv. Antonio MORRA, con un unico ed
articolato motivo, deduce difetto assoluto di motivazione nella parte in cui era
stato escluso che l’associazione a delinquere dedita al commercio di stupefacenti
giudicata dal Tribunale di Torre Annunziata si identificasse con il medesimo
sodalizio giudicato dal Tribunale di Nocera Inferiore; e la diversità dei due
sodalizi era stata affermata in quanto quella giudicata dal Tribunale di Torre
Annunziata aveva sede in Boscoreale, mentre quella giudicata dal Tribunale di
Nocera Inferiore aveva sede in Scafati; era stato tuttavia accertato che,
nell’ambito del sodalizio di Scafati, egli aveva assunto il ruolo di stabile fornitore
di cocaina per conto del gruppo di Boscoreale, nella cui organizzazione il suo
ruolo sarebbe stato più rilevante; era quindi evidente che il sodalizio di Scafati
faceva parte del più ampio sodalizio di Boscoreale, si che il Tribunale di Torre
Annunziata aveva violato il principio del “ne bis in idem”, atteso che l’unica
7

committente della cocaina in nome e per conto di suo zio ANNUNZIATA Alfonso

organizzazione criminale di cui egli aveva fatto parte era composta da vari gruppi
operanti in un vasto territorio nazionale ed estero.
Il principio del ne bis in idem era stato violato anche con riferimento alla
sentenza del Tribunale di Napoli del 23 settembre 2009, avendo quest’ultima
giudicato i medesimi fatti giudicati dal Tribunale di Nocera Inferiore, trattandosi
della medesima attività di importazione di cocaina dall’Olanda in Italia dall’aprile
2000 fino al 1 aprile 2003.
In via subordinata lamenta che la sentenza impugnata abbia omesso di motivare

riconoscimento dell’istituto della continuazione anche con riferimento ai fatti
giudicati con la sentenza del Tribunale di Napoli da ultimo citata, con riferimento
ai quali la Corte territoriale si era limitata a confermare la pena di anni 15 di
reclusione.
Carenza di motivazione era ravvisabile anche nella parte in cui gli erano state
negate le attenuanti generiche, avendo fatto unicamente riferimento alla sua
personalità criminale, per essere stato egli già gravato da un precedente
specifico ed all’assoluta gravità dei fatti giudicati; invero la discrezionalità del
giudice non poteva tradursi in arbitrio.

7.ANNUNZIATA Alfonso, che ha appellato unicamente la sentenza emessa nei
suoi confronti dal Tribunale di Torre Annunziata, formula personalmente due
censure:
I)-violazione di legge, per avere la sentenza impugnata escluso la rilevata
violazione del principio di cui all’art. 414 cod. proc. pen., secondo il quale, dopo
l’archiviazione, le indagini potevano essere riprese dal P.M. solo dietro
autorizzazione del giudice, determinando l’archiviazione una preclusione
endoprocessuale all’agire del P.M., tale da inibirgli l’esercizio dell’azione penale;
II)-motivazione manifestamente illogica della sentenza impugnata, avendo essa
ritenuto di identificarlo con l’appellativo “zio”, viceversa usato per identificare un
altro sodale, AQUINO Carmine, nei cui confronti era stata emessa sentenza
definitiva di condanna; avendo inoltre ritenuto non provata la data di arresto del
sodale IZZO Carmine, mentre invece dalla sentenza del Tribunale di Nocera
Inferiore, acquisita agli atti, era emerso che il suo arresto era avvenuto in Olanda
nell’ottobre 2002; ciò al solo fine di non screditare le dichiarazioni del
collaborante TAMMARO.
La sentenza impugnata infine erroneamente aveva confermato la valenza a lui
sfavorevole dell’intercettazione n. 5625 dell’Il dicembre 2002, avente ad
oggetto una telefonata intercorsa fra il collaborante TAMMARO ed il CATAPANO,
in quanto non sussisteva il rilevato errore materiale in cui sarebbero incorsi i
8

il rigetto della richiesta da lui formulata in appello, intesa ad ottenere il

periti fonici, consistito nell’avere essi invertito gli identificativi dei due
interlocutori.

8.ANNUNZIATA Alfonso per il tramite dell’avv. Gennaro PECORARO formula
cinque censure:
I)-inosservanza di norme processuali e motivazione carente e manifestamente
illogica in relazione all’efficacia preclusiva dell’art. 414 cod. proc. pen., in quanto
la sua posizione era stata già archiviata per il medesimo delitto associativo per

della Repubblica di Napoli ed avente ad oggetto un’ipotesi associativa
palesemente affine a quella per cui era stato condannato sia sotto l’aspetto
oggettivo sia sotto l’aspetto soggettivo; e la motivazione addotta dalla sentenza
impugnata per ritenere che fra le due ipotesi associative non fosse ravvisabile
alcun collegamento era insufficiente e contraddittoria, in quanto in entrambe le
ipotesi il titolo di reato era identico (art. 74 del d.P.R. n. 309 del 1990) ed era
altresì identica l’operatività temporale, in entrambi i casi da collocare fra il 2002
ed il 2003; inoltre la parziale non corrispondenza dei soggetti coinvolti, addotta
per escludere l’identità fra le due ipotesi criminose, non era significativa,
trattandosi di un’associazione a carattere transnazionale, cui avevano partecipato
decine di persone, essendo rimasti identici il nucleo centrale degli imputati, i loro
reciproci rapporti e le modalità operative.
Stante quindi l’identità del fenomeno associativo, il P.M. non avrebbe potuto
esperire azione penale, per non avere egli proposto al G.I.P. domanda di
riapertura delle indagini;
II)-inosservanza di norme processuali e motivazione carente e manifestamente
illogica in relazione alla utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed
ambientali.
Era ravvisabile nella specie una inutilizzabilità derivata, in quanto il Tribunale del
riesame aveva dichiarato inutilizzabili le conversazioni captate in base ai decreti
del G.I.P. n.ri 1218/02 e 350/02.
La sentenza impugnata aveva ritenuto che le risultanze di intercettazioni
inutilizzabili fossero pur sempre utilizzabili come indizi al fine di giustificare
nuove attività captative; il che non era condivisibile, in quanto il successivo
decreto autorizzativo di intercettazioni intanto poteva ritenersi valido in quanto
fosse stato autonomo rispetto a quello accertato essere invalido; al contrario,
nella specie, il decreto successivo non poteva considerarsi autonomo, per essere
stato esso fondato su materiale inutilizzabile.
In caso contrario sarebbe stata ravvisabile violazione degli artt. 3 e 15 della
Costituzione in quanto se una conversazione inutilizzabile fosse stata ritenuta
9

cui si procedeva nell’ambito di un diverso procedimento iscritto dalla Procura

utilizzabile in un decreto autorizzativo ex art. 267 cod. proc. pen., sarebbe stata
determinata una irragionevole discriminazione fra diverse fasi processuali; era
poi da escludere la sussistenza di una pretesa autonomia dei decreti autorizzativi
emessi in epoca successiva, in quanto le intercettazioni illegittime erano da
ritenere giuridicamente inutilizzabili, fisicamente eliminate ed assolutamente
inidonee a produrre alcun tipo di effetto.
Le conversazioni intercettate erano poi inutilizzabili anche perché i decreti
esecutivi del P.M. erano carenti di motivazione in ordine alle ragioni di urgenza e

l’utilizzo di apparecchiature esterne; ed il P.M. aveva emesso nella specie un
decreto integrativo postumo, con il quale aveva ravvisato la ricorrenza dei
requisiti di cui all’art. 268 comma 3 cod. proc. pen.; la sentenza impugnata non
aveva tenuto in alcun conto delle proprie argomentazioni, con le quali era stato
ritenuto inidoneo detto decreto integrativo postumo a sanare una lacuna
originaria, essendo da ritenere possibile detta integrazione solo se fosse
intervenuta prima dell’esecuzione delle operazioni captative;
III)-motivazione carente, contraddittoria e manifestamente illogica circa la
ritenuta attendibilità intrinseca del collaboratore di giustizia TAMMARO Saverio,
tenuto conto dei motivi di astio che il medesimo aveva nei suoi confronti e delle
incongruenze del suo racconto.
I motivi di astio erano stati ricondotti a due precisi episodi, di cui uno consistito
nel mancato suo intervento nell’ambito di una vicenda estorsiva in favore di uno
zio del collaborante; un altro consistito nell’aggressione fisica del TAMMMARO da
parte sua, per avere il TAMMARO sparlato della moglie di una persona a lui
vicina, episodi da lui esplicitamente rievocati nel corso di un altro processo
svoltosi innanzi al Tribunale di Nocera Inferiore e sui quali la sentenza impugnata
aveva omesso di motivare, essendosi essa limitata ad evidenziare i pretesi
contrasti che, in ordine alla personale avversione fra lui ed il TAMMARO,
sarebbero emersi fra le sue dichiarazioni e quelle rese dai testi escussi, avendo
ritenuto inverosimili per vari e contraddittori motivi le dichiarazioni rese da
questi ultimi ed avendo viceversa ritenuto di giustificare le incertezze e le
divergenze riscontrate nel narrato del TAMMARO, in tal modo avendo soppesato
in modo diverso la versione difensiva e quella accusatoria.
Il narrato del collaborante TAMMARO era oggettivamente inattendibile, con
specifico riferimento al primo viaggio in Olanda asseritamente svolto dal
collaborante alla fine di novembre del 2002, avendo raccontato con modalità di
volta in volta differenti gli incontri avuti con lui per la consegna della droga con
versamento di danaro contante ed avendo la sentenza impugnata giustificato le
contraddizioni in cui era caduto il collaborante, avendo ritenuto che il medesimo
10

di indisponibilità degli impianti installati presso la procura, che legittimavano

avesse confuso, dato il tempo trascorso, fra il primo ed il secondo viaggio da lui
effettuato in Olanda per l’acquisto della cocaina a distanza di pochi giorni
(novembre e dicembre 2002);
IV)-motivazione carente, contraddittoria e manifestamente illogica circa la
ritenuta attendibilità estrinseca del collaboratore TAMMARO Saverio, atteso che
le intercettazioni telefoniche ed ambientali avevano più volte smentito la
veridicità di quanto da lui dichiarato, con specifico riferimento al coinvolgimento
di IZZO Carmine, che il collaborante aveva dichiarato di avere incontrato in

all’epoca ristretto in carcere, siccome tratto in arresto il 28 ottobre 2002, come
del resto emerso anche nel corso del dibattimento svoltosi innanzi al Tribunale di
Nocera Inferiore.
Anche le conversazioni intercettate non avevano riscontrato il racconto del
TAMMARO; in particolare nella conversazione n. 5625 dell’Il dicembre 2002
intercorsa fra il TAMMARO ed il CATAPANO la sentenza impugnata, pur di far
ritenere riscontrata la versione dei fatti del collaborante TAMMARO, aveva
invertito gli interlocutori ed aveva cioè fatto dire al TAMMARO quello che dalla
perizia fonica era stato affermato dal CATAPANO, avere cioè egli effettuato i due
viaggi in Olanda per rifornirsi di cocaina, atteso che, in tal modo, sarebbe venuto
meno uno dei principali elementi di accusa nei suoi confronti.
Era dunque impossibile ritenere riscontrate le deposizioni del TAMMARO dalle
conversazioni intercettate; ed il ricorrente ha illustrato con dovizia di particolari
le varie incongruenze rilevabili in alcune di dette intercettazioni, con particolare
riferimento all’impossibilità di individuare in modo certo esso ricorrente come lo
zio, essendo stati aggiunti particolari incompatibili con la sua persona; era stato
allora illogicamente ritenuto che, sebbene con l’appellativo di “zio” fossero state
indicate anche altre persone, nei casi specifici con detto appellativo era stato
fatto sicuramente riferimento alla sua persona;
V)-violazione di legge e motivazione carente, contraddittoria ed illogica in
relazione all’alibi da lui fornito, avendo egli provato che, in prossimità delle date
in cui era stato ritenuto presente in Olanda, egli era ricoverato al secondo
policlinico di Napoli per accertamenti, avendo la sentenza impugnata ritenuto,
sulla base di quanto accertato dalla sentenza emessa dal Tribunale di Nocera
Inferiore, che si trattasse di un alibi palesemente falso, mentre al contrario tale
ultima sentenza aveva parlato solo di alibi non sufficientemente provato.

9.ANNUNZIATA Alfonso per il tramite dell’avv. Giovanni ARICO’ deduce tre
doglianze:
11

Olanda in entrambi i viaggi da lui effettuati; al contrario l’IZZO si trovava

I)-violazione di legge e motivazione illogica nella parte in cui era stata rigettata
l’eccezione di nullità della sentenza per violazione dell’art. 414 cod. proc. pen.
Nella specie la fattispecie associativa contestata nei due procedimenti era
identica ai sensi dell’art. 649 cod. proc. pen., siccome connotata da identità
oggettiva e soggettiva, atteso che molti dei soggetti indagati nel procedimento
archiviato erano i medesimi indicati come partecipi del sodalizio criminoso
contestato nella presente sede; il tempo di commissione dei due reati era
sostanzialmente identico; erano poi identici i luoghi di operatività del sodalizio

30 kg. di cocaina ed all’arresto dei sodali DAMASCATO Angelo e Giorgio e CINTI
Katia; ed anche la sentenza impugnata aveva fatto riferimento ai medesimi fatti
per inferirne la sussistenza dell’associazione a delinquere e la partecipazione ai
fatti del collaboratore TAMMARO.
Non era poi condivisibile l’assunto della sentenza impugnata, secondo cui non
era ipotizzabile l’identità fra le due contestazioni associative per la non perfetta
identità soggettiva dei sodali, atteso che un’associazione a delinquere, che aveva
operato in un rilevante arco temporale, ben poteva soggiacere a cambiamenti
soggettivi e di modalità operative, da ritenere inodonei ad immutarne il nucleo
centrale; ed anche nel procedimento archiviato egli era stato ritenuto come
sovraordinato gerarchicamente agli altri sodali, si che sussisteva una sostanziale
identità fra le due ipotesi associative;
II)-erronea applicazione di legge e motivazione carente e contraddittoria, circa la
mancata declaratoria di nullità dei decreti autorizzativi di intercettazioni
telefoniche, siccome fondati su intercettazioni già dichiarate inutilizzabili.
Invero l’uso di un atto a contenuto probatorio dichiarato inutilizzabile
comportava la mancanza assoluta di motivazione dell’apparato argomentativo
del provvedimento fondato sulla prova inutilizzabile, in quanto una prova
inutilizzabile era da ritenere inesistente ai fini processuali; non poteva ritenersi
coerente con il sistema affermare la legittimità del ricorso a prove inutilizzabili in
ragione del principio di autonomia dei singoli decreti autorizzativi delle
intercettazioni, si che la motivazione basata su prove inutilizzabile era da
ritenere del tutto inesistente e quindi mancante, con conseguente nullità del
decreto autorizzativo, quale prevista dall’art. 267 cod. proc. pen.; il che nella
specie era particolarmente rilevate, in quanto le captazioni telefoniche ed
ambientali avevano formato gli indispensabili riscontri estrinseci alle
dichiarazione rese dal collaborante TAMMARO;
III)-vizio di motivazione e violazione di legge circa il ruolo apicale svolto
dall’ANNUNZIATA nell’associazione criminosa ipotizzata, con particolare
riferimento alla sua identificazione nel soggetto chiamato “zio” ed evocato in
12

criminoso; nel procedimento archiviato era stato fatto riferimento al sequestro di

molte captazioni; l’indizio era inadeguato ex art. 192 commi 2 e 3 cod. proc.
pen.; in particolare nella captazione ambientale del 1 agosto 2002, effettuata
sulla vettura del CATAPANO, i due conversanti avevano fatto riferimento ad un
fantomatico “zio” in quel momento detenuto, che svolgeva un ruolo apicale in
seno all’organizzazione, persona che non poteva essere identificata nella sua
persona, essendo egli all’epoca non detenuto; erano pertanto inadeguati i
riscontri estrinseci alle propalazioni del TAMMARO.

personalmente reiterato la censura relativa alla motivazione illogica ed al
travisamento delle fonti di prova, riferita alla valorizzazione a suo carico di
alcune conversazioni intercettate, con specifico riferimento a quelle recanti
numeri 4529 e 4532 entrambe del 30 ottobre 2002; con riguardo ad esse
l’ispettore di polizia RUSSO Giorgio, dopo un’iniziale incertezza, aveva dichiarato
che uno degli interlocutori era MINERVINO Gennaro; il che era stato ritenuto
credibile dalla Corte territoriale, senza avere tenuto conto delle modalità incerte
con le quali l’ispettore RUSSO aveva inizialmente effettuato detta identificazione.
Quanto poi alla conversazione n. 5625 dell’Il dicembre 2002, la determinazione
adottata dalla sentenza impugnata, avente ad oggetto la correzione dell’esito
della perizia trascrittiva, era da ritenere un vero e proprio travisamento della
prova; la disposta inversione fra “uomo 1” ed “uomo 2” aveva leso il suo diritto
di difesa, non essendogli stata fornita alcuna possibilità di interloquire in ordine
alla correzione anzidetta; sarebbe stato necessario invero convocare nuovamente
il perito fonico e chiarire i fatti nel rispetto del contraddittorio.

11.Con memoria depositata il 9 settembre 2013, ANNUNZIATA Alfonso, questa
volta per il tramite dell’avv. Giovanni ARICO’, ha ulteriormente dedotto
motivazione illogica e travisamento della prova, con riferimento al contenuto
delle intercettazioni, sulle quali si era fondata l’affermazione della sua penale
responsabilità.
La Corte territoriale l’aveva più volte identificato come lo “zio”; il che era stato
tuttavia smentito da altri elementi acquisiti agli atti.
Invero nella conversazione n. 2990 del 14 settembre 2002, intercorsa fra i sodali
CATAPANO Francesco, DAMASCATO Angelo e tale Massimo, la Corte territoriale
aveva ritenuto che con l’appellativo “zio” i colloquianti si fossero riferiti ad esso
ricorrente; il che era in contrasto con una sentenza emessa il 15 ottobre 2007
dal G.U.P. di Napoli nei confronti di AQUINO Carmine, con la quale, facendosi
riferimento alla medesima conversazione, era stato ritenuto che con il termine
13

10.Con memoria depositata il 9 settembre 2013, ANNUNZIATA Alfonso ha

”zio” era stato fatto riferimento ad AQUINO Carmine; e per riferirsi ad esso
ricorrente era stato usato il termine “Alfonso”.
Era quindi illogica la valutazione delle intercettazioni fatta propria dall’impugnata
sentenza, con conseguente carenza di riscontri obiettivi alle propalazioni fatte dal
pentito TAMMARO Saverio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Come esposto in narrativa, ANNUNZIATA Alfonso ha impugnato innanzi alla

Tribunale di Torre Annunziata in data 28 gennaio 2010.
Con riferimento a tale impugnazione, va preliminarmente esaminato, per motivi
di priorità logica e giuridica, la seconda doglianza da lui formulata per il tramite
dell’avv. PECORARO e reiterata per il tramite dell’avv. ARICO’ (motivo sub II).

2.Con esse l’ANNUNZIATA lamenta erronea applicazione della legge processuale,
in quanto le intercettazioni telefoniche, indicate dalla sentenza impugnata come
valido riscontro oggettivo individualizzante alle propalazioni del pentito
TAMMARO Saverio, erano state utilizzate in modo illegittimo, non essendo infatti
contestato che i relativi decreti autorizzativi, di cui all’art. 267 cod. proc. pen.,
erano fondati su intercettazioni già dichiarate inutilizzabili dal Tribunale del
riesame di Napoli ai sensi dell’art. 271 cod. proc. pen.

3.La Corte territoriale (cfr. pagg. 28 e 29) ha ritenuto che le intercettazioni
inutilizzabili, pur essendo inidonee da sole a costituire un mezzo di prova,
potessero pur sempre rappresentare una notizia di reato, ossia potessero pur
sempre essere valutati quali “gravi indizi” da porre a fondamento di un nuovo
decreto autorizzativo

di

intercettazioni, da ritenersi autonomo rispetto ai

precedenti decreti inutilizzabili e non affetto da alcuna inutilizzabilità derivata.

4.Non si condivide quanto sul punto ritenuto dalla sentenza impugnata, atteso
che i decreti intercettativi dichiarati inutilizzabili sono da ritenere illegali e, come
tali, esclusi ed espunti in modo definitivo dal mondo del diritto e non sono
pertanto idonei ad assumere alcuna ulteriore valenza processuale, si da non
esserne consentito un qualsiasi loro recupero e da non potere più fungere quale
valida piattaforma, su cui fondare ulteriori ipotesi accusatorie, né a livello di
indizi di colpevolezza, né a livello di notizia di reato, in quanto, in tal modo, essi
verrebbero pur sempre ad essere in qualche modo utilizzati; il che costituirebbe
un’inaccettabile ed irragionevole smentita alla qualifica di inutilizzabilità in
precedenza ad essi riconosciuta, siccome costituenti prove illegali assunte in
14

Corte d’Appello di Napoli unicamente la sentenza emessa nei suoi confronti dal

violazione del fondamentale diritto dei cittadini alla tutela della propria sfera di
riservatezza, presidiato, come valore fondamentale della persona, dall’art. 15
della Costituzione.
Il Collegio è ben consapevole che quanto in precedenza affermato si pone in
contrasto con alcune pronunce di questa Corte, fra le quali quella citata dalla
sentenza impugnata a pag. 29; ritiene tuttavia di dovere confermare il proprio
orientamento, siccome maggiormente aderente ai principi di recente espressi in
materia dalla giurisprudenza delle SS.UU. di questa Corte (cfr. Cass. SS.UU. n.

13426 del 25/3/2010, Cagnazzo ed altri, Rv.246271), le cui affermazioni,
sebbene riferite al tema di decreti intercettativi ritenuti utilizzabili nel
procedimento di prevenzione, pur essendo stati dichiarati inutilizzabili nell’ambito
del processo penale, ben possono essere ritenute applicabili e valide, con
riferimento alla specifica questione trattata nella presente sede.

5.L’accoglimento dei motivi di ricorso di cui sopra assorbe tutti i restanti motivi
di ricorso proposti da ANNUNZIATA Alfonso.

6.Quanto ritenuto dal Collegio in ordine alle statuizioni adottate dalla Corte
d’appello di Napoli nei confronti della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata
emessa il 28 gennaio 2010 nei confronti dell’ANNUNZIATA vale anche con
riferimento a quanto disposto dalla Corte d’appello di Napoli nei confronti della
medesima sentenza del Tribunale di Torre Annunziata emessa nei confronti
dell’altro ricorrente TEODOSIO Sabato, dovendosi estendere anche a favore di
quest’ultimo le considerazioni svolte circa l’illegittima utilizzazione di decreti
intercettativi in precedenza dichiarati inutilizzabili e costituenti l’unico riscontro
obiettivo ed individualizzante alle propalazione fatte dal pentito TAMMARO
Saverio.
Trattasi invero di declaratoria di nullità per sua natura idonea a travolgere tutto
quanto dalla medesima sentenza del Tribunale di Torre Annunziata altresì
disposto nei confronti del coimputato TEODOSIO, pur non avendo quest’ultimo
sollevato alcuna specifica doglianza sul punto.
Va pertanto annullata con rinvio la sentenza emessa dalla Corte d’appello di
Napoli anche con riferimento a quanto dalla medesima statuito in ordine alla
sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Torre Annunziata in data 28
gennaio 2010 nei confronti di TEODOSIO Sabato, dovendosi ritenere assorbiti
tutti i motivi di ricorso da lui proposti, riferibili all’anzidetta sentenza di primo
grado.

15

Ì

7.Restano pertanto da trattare i motivi di ricorso con cui TEODOSIO Sabato ha
impugnato le statuizioni adottate dalla Corte d’appello di Napoli nei confronti
della sentenza emessa nei suoi confronti in primo grado dal Tribunale di Napoli il
23 settembre 2009.

8.E’ infondato il primo motivo di ricorso proposto dal TEODOSIO per il tramite
dell’avv. PECORARO.
Con esso il ricorrente lamenta l’insufficienza degli elementi di colpevolezza posti

commercio di stupefacenti, di cui al capo b) della rubrica attiva dall’aprile del
2000 e con condotta perdurante.
Va al contrario ritenuto che la sentenza impugnata ha adeguatamente motivato
in ordine alla sussistenza di validi elementi di colpevolezza a suo carico, tali da
farlo individuare come partecipe all’associazione criminosa di cui sopra con ruolo
apicale; e le censure formulate al riguardo dal ricorrente consistono in mere e
generiche contestazioni degli elementi ravvisati a suo carico.
Questa Corte invero, in considerazione della giurisdizione di legittimità svolta,
può solo verificare se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni,
che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro probatorio emerso a carico
del ricorrente, si da affermarne la penale responsabilità.
Pertanto il metodo di valutazione è quello indicato dall’art. 606 primo comma
lettera e) c.p.p., avendo esso ad oggetto la motivazione dell’atto impugnato,
onde accertare che essa sussista e non sia nè manifestamente illogica, nè
contraddittoria (cfr., in termini, Cass. SS. UU. 22.3.2000 n. 11; Cass. 4^ 8.6.07
n. 22500).
Tanto premesso, si rileva che la sentenza impugnata ha innanzitutto rilevato
come la sussistenza dell’associazione a delinquere in esame, finalizzata al
commercio internazionale di cocaina, fosse stata accertata con carattere di
definitività da due sentenze emesse dal Tribunale di Napoli, la prima del 16
settembre 2005, la seconda del 23 maggio 2007, entrambe passate in giudicato.
Ha poi rilevato come il compendio probatorio a carico del TEODOSIO non è
consistito solo nell’avere egli commesso i due reati satellite ascrittigli, aventi ad
oggetto due singoli episodi di importazione a fini di spaccio di cocaina,
addebitatigli ai capi b6) e b10) della rubrica, essendo stato esso costituito altresì
da una rilevante e corposa attività intercettativa svolta ed analiticamente
descritta dalla sentenza impugnata, avente ad oggetto numerose conversazioni
telefoniche da lui tenute per il tramite di utenze pubbliche ubicate nel Comune di
Boscoreale ed in località circonvicine, dove egli all’epoca risiedeva e con le quali
egli aveva interloquito con gli intermediari TEODOSIO Pasquale, al quale si
16

a suo carico per ritenerlo partecipe dell’associazione a delinquere dedita al

rivolgeva chiamandolo “zio” e PARRELLA Vittorio, con il quale egli si qualificava
come “Dino”; e la sentenza impugnata ha correttamente rilevato come era stata
proprio la rilevante frequenza di tali intercettazioni telefoniche ad avere
consentito al personale di p.g., nella specie al maresciallo dei carabinieri
SACCHINI, di procedere ad un’attendibile riconoscimento della sua voce, si da
identificarlo con il soggetto che fungeva da vero e proprio regista dell’attività di
importazione di cocaina dall’Olanda e dalla Germania a mezzo degli intermediari
TEODOSIO Pasquale, suo zio, PARRELLA Vittorio e TASON ARMANDO; e dalle

somme di danaro, tali da consentirgli di gestire più importazioni di cocaina a
breve intervallo fra di loro, anche due volte alla settimana; il che provava
l’esistenza di una stabile struttura di corrieri, fra i quali FERRANTE Angelo,
VIGLIOTTI Antonio e DEL SANTO Nunzio, di cui era necessario disporre per una
rapida introduzione in Italia della droga e per un’efficiente e capillare
distribuzione sul posto della cocaina importata.

9.E’ altresì infondato il secondo motivo di ricorso, proposto dal TEODOSIO per il
tramite dell’avv. PECORARO, con il quale egli contesta il ruolo egemone
attribuitogli dalla sentenza impugnata nella gestione dell’associazione a
delinquere finalizzata all’importazione di cocaina, di cui al capo b) della rubrica.
Anche sotto tale riguardo la sentenza impugnata merita piena adesione, avendo
essa con motivazione incensurabile nella presente sede, siccome esente da
illogicità e da contraddizioni, rilevato come dalle numerose intercettazioni
telefoniche svolte, illustrate nel precedente paragrafo, era dato evincere il suo
ruolo di primo piano nell’associazione a delinquere anzidetta, atteso che da esse
era emerso come egli avesse avuto rapporti continui e non sporadici con tutti gli
aderenti al sodalizio criminoso, fossero essi fornitori, ovvero intermediari ovvero
corrieri, decidendo quando, come e da chi convenisse acquistare la cocaina da
collocare nel territorio da lui controllato; contrattando il prezzo della cocaina da
importare; finanziando l’acquisto della stessa ed assumendosi altresì
personalmente il costo di eventuali mancate cessioni imputabili a leggerezza od
errori dei corrieri.
Trattasi di elementi che, valutati nel loro assieme, consentono di ritenere
pienamente provato il ruolo apicale da lui svolto nella compagine associativa in
esame.

10.E’ infondato altresì l’unico articolato motivo di ricorso proposto dal ricorrente
per il tramite dell’avv. MORRA sia nella parte in cui lamenta il mancato
riconoscimento del “ne bis in idem” fra le associazioni criminose intese al traffico
17

intercettazioni disposte era emerso come egli avesse a sua disposizione rilevanti

di stupefacenti giudicate dalla sentenza del Tribunale di Napoli in esame e dalla
sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore n. 192 del 2007; sia nella parte in cui
lamenta l’esclusione del vincolo della continuazione fra detti due sodalizi; sia
nella parte in cui gli sono state negale le attenuanti generiche prevalenti sulla
contestata recidiva.

11.Invero la sentenza impugnata ha adeguatamente motivato in ordine alle
diversità riscontrabili fra le due associazioni a delinquere finalizzate al commercio

La sentenza impugnata ha invero rilevato come l’associazione giudicata dal
Tribunale di Napoli fosse stata ritenuta come operativa in un arco di tempo
ricompreso fra il marzo ed il settembre del 2000, mentre quella giudicata dal
Tribunale di Nocera Inferiore si era svolta in un arco di tempo ricompreso fra la
metà del 2001 e fino al 2003; inoltre l’associazione esaminata dal Tribunale di
Napoli aveva avuto come sede di svolgimento il territorio di Boscoreale, mentre
quella esaminata dal Tribunale di Nocera Inferiore aveva avuto come sua sede il
territorio di Scafati; diversi erano stati inoltre i capi ed i promotori
dell’associazione giudicata dal Tribunale di Nocera Inferiore, essendo stati essi
identificati nel collaboratore TAMMARO Saverio, in CIPRIANO Mario ed in
D’AMATO Giuseppe.

12.La sentenza impugnata ha altresì adeguatamente motivato in ordine
all’esclusione della continuazione fra i due sodalizi, non avendo ravvisato
l’indispensabile unicità del disegno criminoso, avendo in particolare escluso che il
TEODOSIO avesse deliberato fin dal marzo del 2000, epoca di costituzione
dell’associazione criminosa giudicata dal Tribunale di Napoli, nelle sue linee
essenziali, il programma criminoso del gruppo di Scafati, all’epoca neppure
sussistente.

13.E’ infine infondata la censura relativa alla mancata concessione in suo favore
delle attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva.
La funzione delle attenuanti generiche è quella di consentire al giudice un
adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla
legge, in relazione a peculiari e non codificabili connotazioni del caso concreto.
La meritevolezza di dette attenuanti non può pertanto mai essere data per
scontata, né può essere presunta, esigendo essa un’apposita motivazione, la
quale neppure deve mancare in caso di loro diniego, quando vi sia stata una
specifica richiesta dell’imputato, volta, come nel caso in esame, all’ottenimento
delle medesime non equivalenti ma prevalenti sulla contestata recidiva.
18

di cocaina, giudicate da dette due sentenze.

In tale ultimo caso il giudice è tenuto infatti ad indicare le ragioni a sostegno del
rigetto delle relative richieste, pur non richiedendosi tuttavia un’analitica e
specifica valutazione di tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalla
parte o rilevabili dagli atti, essendo sufficiente che egli indichi, tra gli elementi
indicati dall’art. 133 cod. pen. e concernenti la personalità del colpevole, ovvero
l’entità del reato ovvero le modalità esecutive, quelli ritenuti decisivi o rilevanti e
rimanendo implicitamente disattesi tutti gli altri (cfr. Cass. 2″ n. 3609 del
18/01/2011, Sermone, Rv. 249163).

motivazione addotta dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 27 e 28) per negare al
ricorrente le attenuanti generiche prevalenti e non solo equivalenti alla
contestata recidiva, avendo essa tenuto conto dell’indiscutibile rilievo del
contestato sodalizio ascrittogli, dotato di numerosi uomini, mezzi e capitali da
investire nell’acquisto della droga; dei notevoli quantitativi di cocaina importati;
della negativa personalità del ricorrente, già gravato di un precedente specifico e
della professionalità criminale dal medesimo dimostrata, avendo egli aderito
nell’arco di soli 3 anni a ben tre diverse associazioni a delinquere finalizzate al
commercio di cocaina.

14.Conclusivamente, la sentenza impugnata va annullata con rinvio nella parte
in cui ha respinto l’appello proposto da ANNUNZIATA Alfonso avverso la sentenza
del Tribunale di Torre Annunziata del 28 gennaio 2010; va altresì annullata con
rinvio nella parte in cui ha respinto l’appello proposto da TEODOSIO Sabato
avverso la citata sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del 28 gennaio
2010.
Va invece respinto il ricorso proposto da TEODOSIO Sabato avverso la sentenza
impugnata nella parte in cui ha respinto l’appello da lui proposto avverso la
sentenza del Tribunale di Napoli in data 23 settembre 2009.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di ANNUNZIATA Alfonso, nonché,
limitatamente ai fatti di cui alla sentenza del Tribunale di Torre Annunziata del
28 gennaio 2010, anche nei confronti di TEODOSIO Sabato e rinvia per nuovo
giudizio sui detti capi ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli; rigetta nel
resto il ricorso di TEODOSIO Sabato.
Così deciso il 25 settembre 2013.

Ora, nella specie, è da ritenere adeguata e pienamente condivisibile la

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