Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31536 del 29/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31536 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
EVOLA GIROLAMA N. IL 27/02/1975
avverso la sentenza n. 4756/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 26/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 29/04/2014

R.G. 33205/2013

Considerato che:
Evola Girolama ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di
Palermo del 26/2/2013, confermativa della sentenza del Tribunale di Marsala
sez. dist. di Castelvetrano del 3/5/2011, con la quale era stata condannata alla
pena di uno uno di reclusione ed C 400,00 di multa per il reato di cui agli artt.
646, 61 n. 11 cod. pen., chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606,

penale con riguardo all’affermazione di penale responsabilità dell’imputata in
ordine al reato a lei ascritto alla luce delle doglianze mosse con l’atto di appello.
Nel ricorso viene prospettata una valutazione delle prove diversa e più
favorevole alla ricorrente rispetto a quella accolta nella sentenza di primo grado
e confermata dalla sentenza di appello. In sostanza si ripropongono questioni di
mero fatto che implicano una valutazione di merito preclusa in sede di
legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva, immune da vizi logici;
viceversa dalla lettura della sentenza della Corte territoriale non emergono, nella
valutazione delle prove, evidenti illogicità, risultando, invece, l’esistenza di un
logico apparato argomentativo sulla base del quale si è pervenuti alla conferma
della sentenza di primo grado con riferimento alla responsabilità dell’imputata in
ordine al fatto ascrittole, del quale è stato ravvisato l’elemento materiale e quello
psicologico. Tutto ciò preclude qualsiasi ulteriore esame da parte della Corte di
legittimità ((Sez. U n. 12 del 31/5/2000, Jakani, Rv. 216260; Sez.. U. n. 47289
del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074).
Uniformandosi a tale orientamento che il Collegio condivide, va dichiarata
inammissibile l’impugnazione; ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente

comma 1 lett. b) cod. proc. pen.; deduce l’erronea applicazione della legge

in C 1000,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Roma, 29 aprile 2014

DEPOSITATA’

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