Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31536 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31536 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SCALICI CARLO ALBERTO N. IL 05/11/1970
avverso l’ordinanza n. 344/2013 TRIBUNALE di MILANO, del
19/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 16/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Milano, in funzione di
giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza avanzata nell’interesse di Scalici Carlo
Alberto di riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati in nove diverse
sentenze di condanna nonché quella subordinata limitata al riconoscimento della
continuazione tra i delitti di ricettazione e tentata truffa giudicati con le ultime
due sentenze di condanna.

precedente, concernente le prime sette sentenze di condanna, respinta con
precedente ordinanza. Il richiedente non aveva indicato elementi concreti da cui
desumersi il vincolo della continuazione, ma aveva posto una questione di diritto,
chiedendo la continuazione alla luce della medesima natura dei reati, della loro
contiguità cronologica e dell’unico movente, rappresentato dalle difficoltà
economiche nelle quali il condannato si era trovato. Non si trattava, però, di
indici della continuazione, ma piuttosto di abitualità criminosa e di scelte di vita
ispirate alla sistematica e contingente consumazione di illeciti.
Per di più, i reati erano del tutto eterogenei tra loro, distanti nel tempo ed
aventi ad oggetto beni di diversa natura. Non sussistevano nemmeno i
presupposti per l’accoglimento dell’istanza proposta in via subordinata.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Scalici Carlo Alberto, deducendo
violazione di legge e vizio di motivazione.
Dalla disanima degli atti processuali emergeva la sussistenza di tutti gli
elementi costitutivi della continuazione. Tutti i reati erano contro il patrimonio; il
fine perseguito dall’autore era unico, l’ottenimento di un vantaggio economico; la
lettura delle imputazioni rendeva evidente l’esistenza di un unico disegno
criminoso; la motivazione era del tutto assente o apparente.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi in fatto e comunque
manifestamente infondati.

Il Giudice ha correttamente applicato la giurisprudenza costante di questa
Corte in materia di reato continuato, secondo cui l’identità del disegno criminoso
deve essere negata qualora, malgrado la contiguità spazio temporale ed il nesso
funzionale tra le diverse fattispecie incriminatrici, la successione degli episodi sia

2

Il Giudice rilevava che l’istanza era generica ed immotivata e ricalcava la

tale da escludere la preventiva programmazione dei reati ed emerga, invece,
l’occasionalità di quelli compiuti successivamente rispetto a quello
cronologicamente anteriori, rimarcando, altresì, che la ricaduta nel reato e
l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento
intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che
caratterizza il reato continuato.

Il ricorrente non deduce nemmeno che tutti i reati oggetto delle nove

rimarcare alcuni elementi sintomatici, già valutati dal Tribunale e soccombenti
rispetto agli altri evidenziati, sicuramente assai significativi per valutare
l’occasionalità delle singole violazioni, sia pure nel quadro di una scelta di vita
aperta alla consumazione di reati contro il patrimonio.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 16 giugno 2015

Il Consigliere estensore

Il Presi dite

sentenze di condanna fossero stati previamente programmati, ma si limita a

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