Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31535 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31535 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE MICHELE FABIO N. IL 19/02/1982
avverso l’ordinanza n. 2362/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 10/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;

Data Udienza: 16/06/2015

1. Avverso l’ordinanza con la quale il Tribunale di sorveglianza di
Roma, in data 10 luglio 2014, rigettava il reclamo per
l’annullamento del decreto ministeriale del 21 febbraio 2014 con il
quale è stato prorogato a suo carico il regime speciale di detenzione
di cui all’art. 41 bis 0.P., con l’assistenza del suo difensore di
fiducia propone ricorso per cassazione De Michele Fabio, che ne
chiede l’annullamento all’uopo sviluppando un unico motivo di
impugnazione.
1.1 Denuncia con esso la difesa ricorrente violazione dell’art. 41-bis
O.P. ed omissione della motivazione, in particolare osservando: il
tribunale ha totalmento omesso di considerare fatti e circostanze
favorevoli al detenuto pure evidenziate negli atti difensivi; il De
Michele ha reso a più riprese, in occasione dei processi che lo
hanno visto imputato di gravissimi reati di mafia, dichiarazioni
confessorie, auto ed etero accusatorie, del tutto incompatibili con il
mantenimento di rapporti con il gruppo malavitoso di appartenenza,
i cui capi sono ormai collaboratori di giustizia.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Giova premettere che l’impugnativa in esame trova la sua disciplina
nell’art. 41 bis co. 2 sexies L. 26.07.1975 n. 354, e success. mod., il
quale dispone, come è noto, che l’ordinanza del Tribunale di
sorveglianza che abbia deciso sul reclamo proposto avverso il
Decreto Ministeriale di cui all’art. 41-bis co. 2-bis è ricorribile in
cassazione soltanto “per violazione di legge”.
Nel caso di specie la difesa ricorrente ha prospettato tale vizio di
legittimità sub specie del grave difetto di motivazione, giacchè,
secondo prospettazione difensiva, il giudice a quo avrebbe motivato
in termini apparenti in ordine alla sussistenza della pericolosità
sociale, della sua attualità nonché in ordine ad ogni altro requisito
richiesto dalla norma per l’adozione del grave provvedimento
impugnato, in particolare in ordine ai possibili collegamenti del
detenuto con un’associazione criminale.
Orbene, secondo costante e risalente insegnamento di questa Corte
(Cass. pen. 13.03.92, p.c. in c. Bonati) la violazione di legge
concernente la motivazione trova il suo fondamento nella disciplina
costituzionale di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 111 e consiste nella
omissione totale della motivazione stessa ovvero allorché ricorrano
le ipotesi di motivazione fittizia o contraddittoria, che si
configurano, la prima, allorché il giudicante utilizza espressioni di

La Corte osserva in fatto ed in diritto:

stile e stereotipate, e la seconda quando si riscontri un argomentare
fondato sulla contrapposizione di argomentazioni decisive di segno
opposto. Rimangono escluse dalla nozione di violazione di legge
connessa al difetto di motivazione tutte le rimanenti ipotesi nelle
quali la motivazione stessa si dipani in modo insufficiente e non del
tutto puntuale rispetto alle prospettazioni censorie.
Di tali principi generali ha fatto buon uso la Corte di legittimità
delibando il vizio in parola in ipotesi di impugnativa dinanzi ad essa
dell’ordinanza di rigetto ex art. 41 bis co. 2 sexies L. 354/75.
Secondo detta lezione interpretativa (Cass., sez. I, 9.01.2004, n.
449; 14.11.2003 n. 5338; 9.11.2004, n. 48494) infatti, in tema di
regime carcerario differenziato, nella nozione di violazione di legge
per cui è soltanto proponibile il ricorso per cassazione avverso il
provvedimento del tribunale di sorveglianza — art. 41 bis comma 2
sexies, della legge n. 354 del 1975 — deve farsi rientrare anche la
mancanza di motivazione, alla quale vanno ricondotti tutti i casi nei
quali la motivazione stessa risulti priva dei requisiti minimi di
coerenza, di completezza e di logicità, al punto da risultare
meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere
comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito, ovvero
quando le linee argomentative del provvedimento siano così
scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da far rimanere
oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione.
Applicando la sintetizzata lezione interpretativa al caso di specie,
non può non rilevarsi che la motivazione impugnata, sia logica nella
sua articolazione argomentativa e coerente nel suo dipanarsi
dialettico, oltre che lodevolmente esaustiva laddove richiama ed
elenca:
l’attuale operatività del clan Sarno nonostante la collaborazione
dei capi e la detenzione di altri esponenti di spicco;
il ruolo di primo piano svolto dal ricorrente nell’ambito del clan
quale mandante di omicidi ed anche di un tentativo di strage;
la gravità ed il significato criminale dei reati per i quali il
ricorrente è stato condannato (416-bis, estorsioni, violazione
della legge sulle armi, omicidi) con le pene inflitte;
il comportamento processuale tenuto dal De Michele nel corso
di un processo in corte di assise quando ha rifiutato di
rispondere alle domande del PM e per questo incriminato del
reato di cui all’art. 372 c.p.,
l’equivocità delle chiamate in correità opposte dalla difesa, non
comprovanti con certezza il disimpegno criminale del ricorrente.
Il Tribunale, inoltre, ben argomenta in ordine alla corretta
applicazione della disciplina portata dall’art. 41 bis 0.P.,
caratterizzata da precipue finalità di prevenzione, ben distinguendo

4. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile ed alla declaratoria
di inammissibilità consegue la condanna al pagamento sia delle
spese del procedimento che di una somma in favore della Cassa
delle ammende, somma che si stima equo determinare in euro
1000,00.

P. Q. M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di
euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma, addì 16 giugno 2015

tra attualità di possibili collegamenti con l’organizzazione esterna e
concreti contatti con essa, nello specifico sottolineando la
sussistenza di una elevata possibilità di detti collegamenti se non
attenuato il regime detentivo in discussione.
Conclusivamente non può che sottolinearsi la congruità della
motivazione, in relazione alla quale del tutto infondato si appalesa il
giudizio di sua mera apparenza ovvero di totale insufficienza,
sostenuto con una serie di argomentazioni tipicamente di merito
(quelle svolte con i motivi in esame) e comunque volte ad una
lettura alternativa delle risultanze istruttorie.

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