Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31533 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31533 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CALISTI LUCIANO N. IL 16/02/1972
avverso l’ordinanza n. 6934/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 02/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;

Data Udienza: 16/06/2015

1. Con ordinanza del 2 ottobre 2014 il Tribunale di sorveglianza di
Roma revocava la misura della semilibertà concessa in favore di
Calisti Luciano con ordinanza dello stesso tribunale del 7 maggio
2014.
A sostegno della decisione il giudice territoriale poneva il grave ed
ingiustificato ritardo con il quale il detenuto era rientrato in carcere
il 13.9.2014, giudicando tale comportamento idoneo a far venir
meno la prognosi comportamentale favorevole, a suo tempo posta a
fondamento della misura.
Ricorre avverso detto provvedimento l’interessato, assistito dal
difensore di fiducia, il quale nel suo interesse sviluppa un unico
motivo di impugnazione con il quale ne denuncia la illegittimità per
violazione dell’art. 48 O.P. e vizio della motivazione.
Deduce in particolare la difesa ricorrente: il detenuto ha provato che
le gravi condizioni della madre e le difficoltà nello svolgimento
dell’attività lavorativa hanno provocato nello stesso un forte stress;
tale condizione giustifica il ritardo nel rientro comunque non
dovuto ad abuso di alcool; il detenuto ha comunque tenuto un
comportamento corretto e collaborativo durante la detenzione.
Con memoria difensiva parte ricorrente ha insistito nelle proprie
ragioni evidenziandone la piena ammissibilità ai sensi di legge.
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il tribunale ha adeguatamente dato conto della sua decisione,
sottolineando la gravità del ritardo, notturno, con il quale il detenuto
è rientrato in carcere e, soprattutto, la mancanza di giustificazioni di
tale comportamento in uno con l’assoluta inverosimiglianza di
quelle faticosamente addotte.
Di qui la coerenza logica delle conclusioni poi poste a fondamento
della decisione, alle quali la difesa ricorrente oppone una diversa
valutazione del comportamento in esame ed una alternativa
ricostruzione degli accadimenti rispetto a quella accreditata dal
tribunale.
3. L’impugnazione è, in conclusione, inammissibile ed alla
declaratoria di inammissibilità, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
consegue sia la condanna al pagamento delle spese del
procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore della
Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in euro
1000,00.

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

P. Q. M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di
euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, addì 16 giugno 2015

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