Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31530 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31530 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MUTA SALVATORE N. IL 18/04/1970
avverso l’ordinanza n. 230/2013 CORTE APPELLO di PERUGIA, del
07/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;

Data Udienza: 16/06/2015

1. Avverso l’ordinanza della Corte di appello di Perugia, in
funzione di giudice dell’esecuzione, con la quale, in data 7 maggio
2014, veniva rigettata la sua domanda volta all’applicazione della
disciplina di favore di cui all’art. 671 co. 1 c.p.p., in relazione a due
sentenze di condanna pronunciate dai Tribunali di Milano e Perugia
per condotte delittuose riconducibili al reato di cui all’art. 73 dpr
309/1990, commesso nel settembre 1999, la prima, ed al reato di cui
all’art. 648-ter c.p., commesso “intorno all’anno 2000″, la seconda,
propone ricorso per cassazione Muià Salvatore, assistito dal
difensore di fiducia, denunciandone l’illegittimità per violazione
degli artt. 671 c.p.p. ed 81 c.p., nonché illogicità della motivazione
impugnata.
Lamenta, in particolare, la difesa ricorrente che il G.E. avrebbe
enfatizzato la distanza temporale tra le condotte dedotte in ciò
contrastando l’insegnamento della suprema corte e che la lettura
delle due sentenze oggetto dell’istanza dimostra che il reato di
riciclaggio riguardava il provento dell’attività di spaccio.
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
Giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata
giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. I, 12.05.2006, n. 35797)
secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria
ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti
alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee,
situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel
tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una
determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività
delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità
(cfr., per tutte, Cass., Sez. 2^, 7/19.4.2004, Tuzzeo, Sez. 1”,
15.11.2000/31.1.2001, Barresi). La prova di detta congiunta
previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento
sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si
determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso,
anzicchè di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo
l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere
ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del
dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali
indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative
elencazioni (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene
giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

3. Il ricorso è quindi inammissibile ed alla declaratoria di
inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese
del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore
della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare
in euro 1000,00.
P. Q. M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di
euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma, addì 16 giugno 2015

le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere
sintomatico, e non direttamente dimostrativo; l’accertamento, pur
officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il
carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere
affidato a semplici congetture o presunzioni. Detto accertamento,
infme, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del
giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza
vizi logici e travisamento dei fatti.
Tanto premesso sul piano dei principi, non può non convenirsi con
la conclusione che il giudice di merito abbia fatto di essi puntuale
applicazione, con provvedimento articolato logicamente, di guisa
che oltre lo stesso rimane il giudizio di merito, abbondantemente
invocato col ricorso in esame, che anche per tale ragione non può
trovare ingresso.
Il giudice a quo infatti ha ben interpretato la nozione di unità del
disegno criminoso, propria della disciplina di cui all’art. 81 c.p.,
negandola tra episodi lontani nel tempo dappoichè inverosimile che
ab origine in capo al ricorrente, a distanza di oltre un anno tra un
episodio e l’altro, sia stata presente la programmazione criminale
accreditata dalla difesa istante. Opportunamente, infine, ha
sottolineato il G.E., motivando le sue conclusioni, che, proprio
l’esame delle due sentenze, dimostra che il riciclaggio ebbe a
riguardare proventi di attività illecite diverse da quelle giudicate
con la prima sentenza.
V’è insomma nel dipanarsi dell’argomentazione impugnata rigore
logico, in relazione alla quale la difesa ricorrente prospetta una
alternativa articolazione motivazionale, come è noto, inammissibile
in questa sede.

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