Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31529 del 29/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31529 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CRISAFI TERESA N. IL 20/04/1974
avverso la sentenza n. 1057/2013 GIP TRIBUNALE di BOLOGNA, del
06/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROBERTO MARIA
CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE;

Data Udienza: 29/04/2014

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R.G. 33087/2013
Considerato che:
Crisafi Teresa ricorre avverso la sentenza del giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Bologna del 5/6/2013, con la quale, sull’accordo delle
parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è stata applicata nei suoi confronti la pena di
anni tre di reclusione ed C 300,00 di multa, per i reati di cui agli artt.: a) 56, 628
comma 3 n. 1 cod. pen. b) 110, 628 comma 3 n. 1 cod. pen. c) 110, 628 comma
3 n. 1 cod. pen., chiedendone l’annullamento ai sensi dell’art. 606, comma 1,

alla determinazione della pena con riferimento alla mancata applicazione
dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.
Deve al riguardo evidenziarsi che nel ricorso per cassazione avverso
sentenza che applichi la pena nella misura patteggiata tra le parti non è
ammissibile proporre motivi concernenti la misura della pena, a meno che si
versi in ipotesi di pena illegale, ipotesi che non ricorre nel caso di specie. Difatti
la richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra
parte integrano un negozio di natura processuale che, una volta perfezionato
con la ratifica del giudice che ne ha accertato la correttezza, non è revocabile
unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito, così
rinunciando a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in
sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della
pena o la concessione di benefici come la sospensione condizionale della pena, in
contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono
addivenute (Sez. 3 n. 18735 del 27/3/2001, Ciliberti, Rv. 219852).
Uniformandosi all’orientamento, espresso dalla citata massima, che il
Collegio condivide, va dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in C 1500,00.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1500,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Roma, 29 aprile 2014

lett. b) cod. proc. pen.; deduce la violazione dell’art 133 cod. pen. in relazione

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