Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31524 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31524 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ABETE MARIANO N. IL 09/08/1948
avverso l’ordinanza n. 1345/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di BARI,
del 16/09/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;

Data Udienza: 16/06/2015

1. Con ordinanza del 16 settembre 2014 il Tribunale di sorveglianza
di Milano rigettava il reclamo proposto da Abete Mariano avverso il
provvedimento con il quale il Magistrato di sorveglianza della
stessa sede, in data 7 maggio 2014, aveva dichiarato inammissibile
la sua istanza di liberazione anticipata relativamente ai semestri di
detenzione sofferta dal dì 8.1.2013 al 7.1.2014, accogliendolo per il
resto.
A sostegno della decisione il tribunale rilevava che l’Abete
risultava in espiazione pena per il reato di cui all’art. 416-bis c.p., in
relazione al quale non aveva dato dimostrazione di alcun
ravvedimento ovvero revisione critica, di guisa che se ne doveva
presumere una persistente ed attuale pericolosità sociale (peraltro
confermata dalle relazioni in atti della DDA di Napoli) in contrasto
con le finalità rieducative del trattamento carcerario.
2. Propone ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento di tale
provvedimento negativo l’Abete, personalmente, denunciandone
l’illegittimità per violazione dell’art. 54 O.P. e per vizio della
motivazione.
Argomenta in particolare la difesa ricorrente che il Tribunale ha
fondato la impugnata decisione esclusivamente sulle relazioni in atti
degli organi investigativi e sulla condanna in espiazione per il reato
di cui all’art. 416-bis c.p., senza valutare l’attualità di quanto in esse
affermato e richiamando per questo una mera presunzione di
appartenenza ad oggi.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
L’argomentare sviluppato dal Tribunale si appalesa logico e
coerente con la lezione interpretativa della corte di legittimità e ad
essa oppone il ricorrente nulla più che una diversa valutazione del
suo stato di sodale mafioso, del quale nega l’attualità senza alcun
riscontro a conforto della tesi difensiva.
4. Alla stregua delle esposte considerazioni il ricorso va quindi
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del
ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del
procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende,
somma che si stima equo fissare in euro 1000,00.
P. Q. M.

La Corte osserva in fatto ed in diritto:

la Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00
alla Cassa delle ammende
In Roma, addì 16 giugno 2015

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