Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31509 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31509 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SILVERIO DAVIDE GIUSEPPE N. IL 24/10/1967
avverso l’ordinanza n. 246/2013 CORTE APPELLO di CATANIA, del
19/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;

//

Data Udienza: 16/06/2015

1. Avverso l’ordinanza del GlP del Tribunale di Catania, in
funzione di giudice dell’esecuzione, con la quale, in data 19 marzo
2014, veniva rigettata la sua domanda volta all’applicazione della
disciplina di favore di cui all’art. 671 co. 1 c.p.p., in relazione a due
sentenze di condanna pronunciate dalla Corte di appello di Catania
per condotte delittuose riconducibili ai reati di cui all’art. 416-bis
c.p., 629 c.p. e 73 pr 309/1990, commessi, quelli giudicati con la
prima condanna, fino al giugno 2002, e quelli di cui alla seconda
condanna, fino al marzo 2005, propone ricorso per cassazione
Silverio Davide Giuseppe, assistito dal difensore di fiducia,
denunciando violazione degli artt. 671 c.p.p. ed 81 c.p., nonchè
illogicità della motivazione impugnata.
Lamenta, in particolare, la difesa ricorrente che il giudice del merito
avrebbe eccessivamente enfatizzato il dato temporale e cioè la
distanza tra le due condotte e non avrebbe per converso considerato
le dinamiche dei reati associativi e le eventuali misure cautelari per
questi applicate.
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
Giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata
giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. I, 12.05.2006, n. 35797)
secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria
ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti
alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee,
situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel
tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una
determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività
delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità
(cfr., per tutte, Cass., Sez. 2^, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. l”,
15.11.2000/31.1.2001, Barresi). La prova di detta congiunta
previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento
sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si
determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso,
anzicchè di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo
l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere
ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del
dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali
indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative
elencazioni (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene
giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere
sintomatico, e non direttamente dimostrativo; l’accertamento, pur
officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il
carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere
affidato a semplici congetture o presunzioni. Detto accertamento,
infine, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del
giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza
vizi logici e travisamento dei fatti.
Quanto poi, in particolare, all’evocata relazione ai fini del presente
giudizio tra reati associativi e tra reati associativi e reati mezzo, la
continuazione non è incompatibile con la commissione di reati
permanenti, ma il giudice deve valutare volta per volta l’esistenza o
meno di tutti o alcuni degli indici rivelatori della sussistenza
dell’unicità del disegno criminoso. In particolare, in materia di reato
associativo la continuazione deve essere valutata dal giudice di
merito tramite una verifica puntuale del fatto che i sodali abbiano
preventivamente individuato i reati successivamente commessi
nelle loro linee essenziali prima della attuazione della condotta
associativa stessa (Cass. Sez. I, 17/11/2005, n.46576). È pertanto
ipotizzabile la sussistenza della continuazione tra reato associativo e
reati fme e tra distinti reati associativi a condizione che le condotte
successive siano già state programmate al momento della
costituzione della prima associazione (Cass. (Ord.), Sez. I,
28/03/2006, n.12639; 8.04.2009, ric. Vaccaro).
Tanto premesso sul piano dei principi, non può non convenirsi con
la conclusione che il giudice di merito abbia fatto di essi puntuale
applicazione, con provvedimento articolato logicamente, di guisa
che oltre lo stesso rimane il giudizio di merito, abbondantemente
invocato col ricorso in esame, che anche per tale ragione non può
trovare ingresso.
Il giudice a quo infatti ha ben interpretato la nozione di unità del
disegno criminoso, propria della disciplina di cui all’art. 81 c.p.,
negandola tra episodi lontani nel tempo dappoichè inverosimile che
ab origine in capo al ricorrente, a distanza di oltre due anni, sia
stata presente la programmazione criminale accreditata dalla difesa
istante.
V’è insomma nel dipanarsi dell’argomentazione impugnata rigore
logico, in relazione alla quale la difesa ricorrente prospetta una
alternativa articolazione motivazionale, come è noto, inammissibile
in questa sede.

3. Il ricorso è quindi inammissibile ed alla declaratoria di
inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese
del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore
della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare
in euro 1000,00.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di
euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma, addì 16 giugno 2015

P. Q. M.

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