Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31501 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31501 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DIOUF AMA N. IL 23/10/1993
avverso l’ordinanza n. 130/2014 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
20/08/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;

Data Udienza: 16/06/2015

1. Avverso l’ordinanza del GIP del Tribunale di Torino, in funzione
di giudice dell’esecuzione, con la quale, in data 20 agosto 2014,
veniva rigettata la sua domanda volta all’applicazione della
disciplina di favore di cui all’art. 671 co. 1 c.p.p., in relazione a due
sentenze di condanna pronunciate per condotte delittuose
riconducibili al reato di cui all’art. 73dpr 309/1990 commessi, l’uno
fino al 24.11.2009 e l’altro il 14.3.2012, propone ricorso per
cassazione Diouf Ama, assistito dal difensore di fiducia,
denunciando la illogicità della motivazione impugnata.
Lamenta, in particolare, la difesa ricorrente che il giudice del merito
avrebbe enfatizzato la frattura costituita dall’arresto dell’interessato
e della carcerazione cautelare subita, dato questo non essenziale ai
fini della decisione come da superiore insegnamento.
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
Giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata
giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. I, 12.05.2006, n. 35797)
secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria
ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti
alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee,
situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel
tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una
determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività
delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità
(cfr., per tutte, Cass., Sez. 2^, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. 1^,
15.11.2000/31.1.2001, Barresi). La prova di detta congiunta
previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento
sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si
determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso,
anzicchè di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo
l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere
ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del
dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali
indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative
elencazioni (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene
giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e
le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere
sintomatico, e non direttamente dimostrativo; l’accertamento, pur
officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il
carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

3. Il ricorso è quindi inammissibile ed alla declaratoria di
inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese
del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore
della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare
in euro 1000,00.
P. Q. M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di
euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma, addì 16 giugno 2015

affidato a semplici congetture o presunzioni. Detto accertamento,
infine, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del
giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza
vizi logici e travisamento dei fatti.
Tanto premesso sul piano dei principi, non può non convenirsi con
la conclusione che il giudice di merito abbia fatto di essi puntuale
applicazione, con provvedimento certamente sintetico ma
logicamente articolato, di guisa che oltre lo stesso rimane il giudizio
di merito, abbondantemente invocato col ricorso in esame, peraltro
sviluppando doglianze del tutto genericamente rappresentate e
sviluppate.
Il giudice a quo infatti ha ben interpretato la nozione di unità del
disegno criminoso, propria della disciplina di cui all’art. 81 c.p.,
negandola tra episodi lontani nel tempo dappoichè inverosimile che
ab origine in capo al ricorrente, a distanza di anni, sia stata presente
la programmazione criminale accreditata dalla difesa istante.
Ed è questo l’argomento principale sviluppato dalla motivazione
impugnata, argomento del tutto ignorato nella impugnazione del
ricorrente, il quale ha invece indirizzato le sue censure sull’ulteriore
argomento sviluppato a sostegno del rigetto censurato, la
detenzione intercorsa tra le due condotte giudicate, detenzione
valorizzata dal G.E. in aggiunta all’argomento principale, quello
collegato al criterio sintomatico dato dal tempo trascorso tra i reati
giudicati_

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