Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31500 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31500 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
D’ANDREA NICOLA N. IL 10/10/1969
avverso l’ordinanza n. 656/2013 TRIBUNALE di CATANIA, del
29/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;

Data Udienza: 16/06/2015

1. Avverso l’ordinanza del Tribunale di Catania, in funzione di
giudice dell’esecuzione, con la quale, in data 29 luglio 2014, veniva
rigettata la sua domanda volta all’applicazione della disciplina di
favore di cui all’art. 671 co. 1 c.p.p., in relazione a tre sentenze di
condanna pronunciate per condotte delittuose riconducibili ai reati
di ricettazione, furto, rapina, tentata estorsione ed inosservanza di
un ordine dell’autorità, propone ricorso per cassazione D’Andrea
Nicola, assistito dal difensore di fiducia, denunciando violazione
degli artt. 671 c.p.p. ed 81 c.p., nonchè illogicità della motivazione
impugnata.
Lamenta, in particolare, la difesa ricorrente che il giudice del merito
avrebbe enfatizzato la distanza temporale tra le condotte dedotte in
giudizio, ignorando la sostanziale omogeneità delle medesime e le
ragioni addotte dall’interessato per giustificare il suo
comportamento deviato.
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
Giova prendere le mosse, ribadendola, dall’ormai consolidata
giurisprudenza di questa Corte (Cass., sez. I, 12.05.2006, n. 35797)
secondo cui la continuazione presuppone l’anticipata ed unitaria
ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti
alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee,
situazione ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel
tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una
determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività
delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità
(cfr., per tutte, Cass., Sez. 2^, 7/19.4.2004, Tuzzeo; Sez. 1^,
15.11.2000/31.1.2001, Barresi). La prova di detta congiunta
previsione – ritenuta meritevole di più benevolo trattamento
sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si
determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso,
anzicchè di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo
l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere
ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del
dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere. Tali
indici, di cui la giurisprudenza ha fornito esemplificative
elencazioni (fra gli altri, l’omogeneità delle condotte, il bene
giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e
le abitudini programmate di vita), hanno normalmente un carattere
sintomatico, e non direttamente dimostrativo; l’accertamento, pur

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

3. Il ricorso è quindi inammissibile ed alla declaratoria di
inammissibilità consegue sia la condanna al pagamento delle spese
del procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore
della Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare
in euro 1000,00.
P. Q. M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di
euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Roma, addì 16 giugno 2015

officioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il
carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere
affidato a semplici congetture o presunzioni. Detto accertamento,
infine, è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è
insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del
giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza
vizi logici e travisamento dei fatti.
Tanto premesso sul piano dei principi, non può non convenirsi con
la conclusione che il giudice di merito abbia fatto di essi puntuale
applicazione, con provvedimento certamente sintetico ma
logicamente articolato, di guisa che oltre lo stesso rimane il giudizio
di merito, abbondantemente invocato col ricorso in esame, peraltro
sviluppato con doglianze del tutto genericamente rappresentate e
sviluppate.
Il giudice a quo infatti ha ben interpretato la nozione di unità del
disegno criminoso, propria della disciplina di cui all’art. 81 c.p.,
negandola tra episodi lontani nel tempo dappoichè inverosimile che
ab origine in capo al ricorrente, a distanza di anni, sia stata presente
la programmazione criminale accreditata dalla difesa istante.
V’è nel dipanarsi dell’argomentazione impugnata rigore logico, in
relazione alla quale la difesa ricorrente, giova ribadirlo, prospetta
una alternativa articolazione motivazionale, come è noto,
inammissibile in questa sede.

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