Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31487 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31487 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GRASSANO LEONARDO N. IL 08/10/1977
avverso la sentenza n. 753/2011 TRIBUNALE di FOGGIA, del
28/04/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;

Data Udienza: 16/06/2015

1. Avverso la sentenza resa dal Tribunale di Foggia il 28 aprile
2011 con la quale, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è stata applicata a
Grassano Leonardo, imputato del reato di cui all’art. 9 co. 1 L.
1423/1956, la pena di mesi due di arresto, proponeva appello, poi
qualificato come ricorso per cassazione attesa l’inappellabilità della
sentenza impugnata, il predetto imputato, personalmente,
deducendo la mancanza di prove della sua colpevolezza, la
eccessiva severità della pena inflitta, la mancata concessione delle
circostanze attenuanti generiche ed infine la mancata conversione
della pena detentiva inflitta in quella pecuniaria.
L’impugnazione veniva assegnata alla settima sezione di questa
Corte, con le conseguenti comunicazioni di rito.
2. Il ricorso è manifestamente infondato ai sensi dell’art. 606 co. 3
c.p.p., dappoichè il giudice del merito ha sufficientemente dato
conto di ogni determinazione conseguente al patteggiamento
intervenuto tra le parti per la definizione del processo, di guisa che
l’esposta lamentela dei ricorrenti si appalesa strumentale e dilatoria.
D’altra parte giova rammentare che la richiesta di pena concordata
ovvero l’adesione alla pena proposta dall’altra parte comporta la
rinuncia a far valere le proprie eccezioni e difese (Cass. pen.
25.11.193, Arvieri, m. 197720) e che la necessità di una
motivazione della sentenza, in ipotesi di applicazione dell’art. 444
c.p., risulta soddisfatta anche se questa sia articolata succintamente
(Cass. sez.un., 27 marzo. 1992, Di Benedetto, m. 191135; Cass.
pen., sez. VI, 8 marzo 1991, Caratti, m. 201809).
Va infine rimarcato che il ricorrente ha prospettato in sede di
legittimità ragioni di doglianza del tutto improponibili, sia perché di
merito, sia perché avverso una sentenza pronunciata sull’accordo
delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p.
3. Alla declaratoria di inammissibilità, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
consegue sia la condanna al pagamento delle spese del
procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore della
Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in euro
1500,00.
P. Q. M.

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di
euro 1500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, addì 16 giugno 2014

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