Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31486 del 16/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 31486 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SFERLAZZA SILVANA N. IL 26/11/1961
avverso la sentenza n. 456/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
09/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;

Data Udienza: 16/06/2015

i

1. Avverso la sentenza resa dalla Corte di appello di Milano con la
quale, in data 9 maggio 2013, è stata confermata quella resa dal
Tribunale di Como il precedente 11 novembre in danno di Sferlazza
Silvana, condannata alla pena di giorni venti di arresto perché
giudicata colpevole della contravvenzione di cui all’art. 2 1.
1423/1956 (sostituita dall’art. 76 co. 2 d. lgs. 159/2011), propone
ricorso per cassazione, l’imputata, personalmente, denunciandone
l’illegittimità per vizio della motivazione.
Deduce in particolare la ricorrente la sua buona fede nel percorrere
una strada provinciale limitrofa ai luoghi oggetto del
provvedimento violato e che il contrario argomento utilizzato dai
giudici di merito per negare l’assunto difensivo, argomento secondo
cui l’imputata sarebbe stata colta in flagranza di analoga violazione
il giorno precedente, non precisa i termini di tale analogia e cioè se
il luogo del precedente accertamento era identico o meno a quello
per cui è causa.
2. Il ricorso è manifestamente infondato.
Tenta infatti la ricorrente di proporre una ricostruzione alternativa
dei fatti di causa, fondata essenzialmente sulla sua buona fede,
rispetto a quella logicamente ed esaustivamente accreditata dai
giudici di merito, i quali hanno posto in evidenza, al fine di
contrastare la tesi difensiva, che l’imputata era stata già
contravvenzionata il giorno precedente per analoga violazione. La
motivazione di condanna è pertanto inequivoca sulla identità delle
condotte tenute dalla prevenuta il 7 e 1’8.9.2009, mentre la prova
dell’eccezione difensiva, semplicemente declamata nel processo,
sarebbe stata del tutto agevole attraverso l’esibizione difensiva
dell’accertamento del 7 settembre 2009, esibizione fatta agli agenti
accertatori il giorno successivo, ma non ripetuto nel corso del
processo.
3. L’impugnazione è, in conclusione, inammissibile ed alla
declaratoria di inammissibilità, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.,
consegue sia la condanna al pagamento delle spese del
procedimento, sia quella al pagamento di una somma in favore della
Cassa delle ammende, somma che si stima equo determinare in euro
1000,00.
P. Q. M.

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di
euro 161)0,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, addì 16 giugno 2014

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