Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31477 del 20/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 31477 Anno 2014
Presidente: CASUCCI GIULIANO
Relatore: LOMBARDO LUIGI GIOVANNI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
LIBERATORE Cesare Pasquale, n. il 17.5.1943;
avverso l’ordinanza della Corte di Appello di L’Aquila del 27.9.2013;
Sentita la relazione del Consigliere Luigi Lombardo;
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale Vito D’Ambrosio,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1. Liberatore Cesare Pasquale ricorre per cassazione – a mezzo del
suo difensore – avverso l’ordinanza della Corte di Appello di L’Aquila del
27.9.2013, che ha dichiarato inammissibile l’appello da lui proposto
avverso la sentenza del Tribunale di Pescara, con la quale è stato
condannato alle pene di legge per il delitto di cui all’art. 628 cod. pen.
2. Col l’unico motivo di ricorso, deduce la inosservanza e l’erronea
applicazione delle norme processuali, per avere la Corte territoriale
ritenuto l’atto di appello tardivamente presentato, a termini per
impugnare scaduti; a suo dire, invece, l’atto di appello sarebbe stato
presentato tempestivamente e la Corte distrettuale sarebbe incorsa in

Data Udienza: 20/06/2014

errore, perché non avrebbe tenuto conto della sospensione dei termini
durante il periodo feriale, che – a suo dire – sarebbe applicabile anche al
termine concesso al giudice per la redazione della motivazione.
La censura è manifestamente infondata.
Questa Corte suprema ha costantemente statuito che il termine per
la redazione della motivazione della sentenza non è soggetto alla

assegnato per l’impugnazione della sentenza depositata nel corso di tale
periodo, che inizia a decorrere una volta che questo si sia concluso (Sez.
4, n. 41834 del 27/06/2007 Rv. 237983); in particolare, il termine entro
il quale il giudice è tenuto a redigere la motivazione della sentenza a
norma dei commi secondo e terzo dell’art. 544 del codice di rito non è
soggetto alla disciplina della sospensione dei termini processuali nel
periodo feriale, conseguendone che il deposito della stessa in tale
periodo, che avvenga nel termine fissato, tiene luogo di notifica per il
pubblico ministero e per le parti, ivi compreso l’imputato non contumace,
iniziando, dalla scadenza del termine indicato del comma secondo della
norma o in quello diverso indicato dal giudice per i casi di cui al comma
terzo, a decorrere quello dei trenta o quarantacinque giorni previsto per
una rituale impugnazione, soggetto peraltro a sospensione sino al
termine del periodo feriale (Sez. 3, n. 462 del 01/12/1995 Rv. 203789;
Sez. 6, n. 613 del 26/10/1995 Rv. 203370).
Orbene, nel caso di specie, il giudice, al momento della lettura della
sentenza avvenuta in presenza dell’imputato e del suo difensore il
26.6.2012, ebbe ad indicare per il deposito della motivazione il termine di
giorni sessanta, termine che – non fruendo della sospensione feriale – è
andato a scadenza il 25.8.2012.
Da tale data avrebbe dovuto decorrere il termine di giorni 45 per
impugnare (termine previsto dall’art. 585 lett. c) cod. proc. pen.), ma
ricadendo la detta data nel periodo feriale, il termine è rimasto sospeso
fino al 15 settembre ed è decorso a partire dal 16 settembre (dopo il
periodo feriale), con scadenza dei 45 giorni il 31 ottobre 2012.

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disciplina della sospensione feriale dei termini, diversamente dal termine

Essendo stato l’appello presentato il 7 novembre 2012, lo stesso
risulta tardivo e, perciò, inammissibile, come esattamente dichiarato con
l’ordinanza impugnata.
3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve

ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione
Penale, addì 20 giugno 2014.

essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché –

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