Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31464 del 03/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31464 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Cossio Gianluca

nato il 12.7.1971

avverso la sentenza del 4.11.2013
della Corte di Appello di Trieste
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P. G., dr. Fulvio Baldi, che ha
chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso

1

Data Udienza: 03/07/2014

1. La Corte di appello di Trieste, con sentenza del 4.1.2013, in parziale riforma della sentenza
del Tribunale di Udine, in composizione monocratica, emessa 1’11.2.2011, con la quale Cossio
Gianluca era stato condannato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche,
dichiarate equivalenti alla contestata recidiva, per il reato di cui all’art.2 comma 1 bis D.L.
463/1983, conv. in L.638/1983, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato
in ordine alle violazioni commesse fino ad ottobre 2005 perché estinte per prescrizione,
rideterminando la pena, per le residue violazioni, in giorni 25 di reclusione ed euro 220,00 di
multa.
Nel disattendere i motivi di appello, ha rilevato la Corte territoriale che l’imputato aveva
ricevuto la diffida ad adempiere, da parte dell’Inps, il 17.11.2008 e che il fallimento nei suoi
confronti era stato dichiarato, con sentenza del Tribunale di Venezia, il 23.6.2006.
Richiamando la giurisprudenza di legittimità, ha ritenuto la Corte di merito che il Cossio non
potesse invocare la causa di non punibilità, non essendovi prova che egli, benché fallito,
avesse sollecitato il curatore ad adempiere.
2. Ricorre per cassazione Cossio Gianluca, a mezzo del difensore, denunciando l’inosservanza
e/o erronea applicazione degli artt. 1 co.2 bis L.638/1983 e 43 c.p., nonché l’illogicità della
motivazione.
La Corte territoriale, prendendo atto della endemica crisi economica, ha ritenuto non
completamente irrilevante la vicenda fallimentare ed ha richiamato in proposito la sentenza
n.9587/2012 della terza sezione penale della Corte di Cassazione. Ma il Cossio, dichiarato
fallito nel 2006, non può essere rimproverato di non aver tenuto un comportamento (il non
aver cioè informato il curatore) che solo successivamente è stato ritenuto scriminante.
E, peraltro, secondo la giurisprudenza di legittimità, soltanto l’imprenditore non dichiarato
fallito personalmente è tenuto al pagamento con le sue risorse personali.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. E’ pacifico che il reato contestato non richieda il dolo specifico, esaurendosi con la coscienza
e volontà della omissione o della tardività del versamento delle ritenute (cfr. Cass.pen.sez.3
n.47340 del 15.11.2007).
In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali, la giurisprudenza di questa Corte
ha escluso la rilevanza dello stato dì dissesto dell’impresa. Lo stato di dissesto
dell’imprenditore -il quale prosegua ciononostante nell’attività d’impresa senza adempiere
all’obbligo previdenziale – non elimina il carattere di illiceità penale dell’omesso versamento dei
contributi. Infatti i contributi non costituiscono parte integrante del salario ma un tributo, in
quanto tale da pagare comunque ed in ogni caso, indipendentemente dalle vicende finanziarie
dell’azienda. Ciò trova la sua “ratio” nelle finalità, costituzionalmente garantite, cui risultano
preordinati i versamenti contributivi e anzitutto la necessità che siano assicurati i benefici
assistenziali e previdenziali a favore dei lavoratori (dr.Cass.pen.sez.3 n.11962 del 16.7.1999).
Anche più di recente è stato ribadito che il reato di omesso versamento delle ritenute
previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori è integrato, siccome è a
dolo generico, dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la
circostanza che il datore di lavoro attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per
far fronte a debiti ritenuti urgenti (Cass. sez. 3 n.13100 del 19.1.2011; conf. Cass. sez. 3
n.3705 del 19.12.2013).
2. Emerge, in punto di fatto, che l’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed
assistenziali riguardava l’anno 2005 ed i mesi da gennaio a giugno 2006 e che la dichiarazione
di fallimento era intervenuta in data 23.6.2006.
Il ricorrente, peraltro, non contesta che il reato risulti integrato nei suoi elementi oggettivi e
soggettivi.
Assume soltanto di non essersi potuto avvalere della causa di non punibilità, in quanto la
diffida ad adempiere, da parte dell’Inps, gli era stata notificata dopo la dichiarazione di
fallimento.

2

RITENUTO IN FATTO

vr.

3. Il reato, però, è prescritto.
Non essendo il ricorso manifestamente infondato, andrebbe comunque dichiarata la
prescrizione, anche se maturata dopo l’emissione della sentenza impugnata ( per l’ultima delle
omissioni relativa al mese di giugno 2006, il cui adempimento andava effettuato entro il
16.7.2006, il termine massimo di prescrizione di anni 7 e mesi 6, cui va aggiunto il periodo di
sospensione di mesi tre, è maturato il 16.4.2014).
Ma, a ben vedere, la Corte territoriale, nel dichiarare la prescrizione in ordine ai reati commessi
fino alla data di ottobre 2005, non ha tenuto conto che, al momento della emissione della
sentenza di appello (4.11.2013), era maturata la prescrizione anche per le omissioni
contributive relative ai mesi di novembre e dicembre 2005, rispettivamente il 16.9.2013 e
16.10.2013.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio l’impugnata sentenza perché il residuo reato è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma il 3.7.2014

Ma, come ha già rilevato la Corte territoriale, la dedotta impossibilità ad adempiere è
irrilevante in quanto l’imputato non ha allegato di aver informato o sollecitato il curatore
fallimentare ad adempiere.
E’, invero, possibile beneficiare della causa di non punibilità prevista dall’art.2 comma 1 bis
D.L.463/1983, conv. in L. 638/1983, solo se venga dimostrato che il curatore fallimentare sia
stato sollecitato al versamento delle ritenute previdenziali (cfr. Cass. Sez. 3 n.9587 del
15.2.2012).
Tale onere è collegato ad un normale criterio di diligenza che prescinde dal fatto che la
pronuncia sopra richiamata sia stata emessa soltanto in epoca successiva (sicchè non può
certo parlarsi di mancato assolvimento di una condotta all’epoca ritenuta irrilevante).
Inconferente è poi il richiamo della sentenza di questa Sezione n. 29616 del 14.6.2011,
vertendosi, nella fattispecie in quella sede esaminata, nell’omesso (ritenuto ingiustificato)
versamento delle ritenute previdenziali per evitare il rischio di vedersi contestato il reato di
bancarotta preferenziale.

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