Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3146 del 11/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3146 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Antonelli Carlo Antonio, nato a Castrocielo il 3.6.49
imputato artt. 10, 91 e 176 d.lgs 42/04

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma del 15.1.13
Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M., nella persona del P.G. dr. Gioacchino Izzo, che ha chiesto una
declaratoria di inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – Con la sentenza impugnata, la
Corte d’appello ha ribadito la condanna inflitta al ricorrente per essersi impossessato di
materiale di interesse storico ed archeologico da lui rinvenuto (monete, frammenti di vasi, anfore,
capitelli, basi di colonne, ecc.)

2. Motivi del ricorso tramite difensore, deducendo:

Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso,

Data Udienza: 11/12/2013

1) violazione di legge in quanto i giudici avrebbero dovuto assolvere l’imputato
per insussistenza dell’elemento psicologico dal momento che la sua scarsa cultura gli aveva
impedito di comprendere il valore e la natura del materiale rinvenuto;
2)

vizio di motivazione perché la condanna è stata pronunciata in difetto di

prove;

Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perché generico e manifestamente

infondato.
3.1. La prima questione, tesa a richiamare l’attenzione sul basso livello culturale
dell’imputato e, quindi, sull’assenza dell’elemento soggettivo era stata già portata
all’attenzione della Corte di appello che vi ha replicato congruamente osservando che la
consapevolezza della illecita detenzione, da parte dell’Antonelli, può evincersi proprio dalla
natura stessa del materiale rinvenuto che – come riferito dal funzionario ministeriale – per
quantità e tipologia, era tale da «consentire di ricostruire parzialmente una parte di un teatro
antico». Aggiungasi che l’imputato abitava in un’area urbana di interesse archeologico (tanto da
esservi, nei pressi, un teatro romano). Tali rilievi pongono in luce, quindi come le censure del
ricorrente, oltre ad essere generiche ed assertive, sono da considerare dei motivi “apparenti”
visto che reiterano quelli di appello che hanno ricevuto adeguata risposta.

Del tutto generico ed assertivo è il secondo motivo che, comunque,
3.2.
riallacciandosi al primo, non può che subire la medesima sorte.
Anche il tema svolto nel terzo motivo, sulla pena, era già stato sollevato
3.3.
dinanzi ai giudici di secondo grado i quali hanno sottolineato come il giudice di primo grado
avesse già computato tutti gli elementi a favore dell’imputato (attenuanti generiche e
sospensione condizionale) «determinando la pena in misura lontanissima dal massimo edittale
detentivo» sì da poter concludere che, quella irrogata, è congrua e proporzionata alla «enorme
quantità ed alla tipologia dei beni detenuti» nonché al grave danno allo Stato ed alla
collettività.
Resta da rammentare che, in punto di pena, il giudice di merito, ha un dovere
motivazionale accurato tanto maggiore quanto più ci si discosti dai minimi edittali. In ogni
caso, la determinazione della pena è espressione di un apprezzamento discrezionale e di
merito che diventa inoppugnabile quando, come nel caso in esame, sia sostenuto da
motivazione congrua e logica. Di certo, a questa S.C. non spetta alcuna rivalutazione dei dati
fattuali per pervenire ad un risultato diverso (ancorché – ma tale non è il caso in esame – astrattamente
possibile).

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.

2

in punto di pena, non essendosi tenuto conto della
3) violazione di legge
personalità dell’imputato che è del tutto incensurato.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000

Così deciso 1’11 dicembre 2013

Il Presidente

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