Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31455 del 17/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31455 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUOCCO ANTONIO N. IL 05/12/1961
avverso la sentenza n. 1736/2011 CORTE APPELLO di SALERNO, del
14/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ek,3..x..,.. q <2...5,,-3---u-g_j_k o ,e e..., y ".„.. 3 t.."-A- 1 .;",‘...."-J1 Udito, per la parte civile, l'Avv Uditi difensor Avv. e,„ iz Q l e_Qq.z>

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Data Udienza: 17/06/2014

45682/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 14 gennaio 2013 la Corte d’appello di Salerno ha respinto l’appello
proposto dagli imputati Ruocco Antonio e Di Paola Luciano avverso sentenza del 21 giugno
2011 con cui il Tribunale di Vallo della Lucania aveva condannato ciascuno alla pena di un
mese di arresto e C 10.000 di ammenda per i reati di cui agli articoli 110 c.p., 64 e 71 d.p.r.
380/2001 (capo d), 110 c.p., 65 e 72 d.p.r. 380/2001 (capo e), 110 c.p., 93 e 95 d.p.r.
380/2001 (capo f), 110 c.p., 13 e 30 I. 394/1991 (capo g), avvinti da continuazione.

motivo denuncia violazione degli articoli 65 e 71 d.p.r. 380/2001 e/o mancanza di motivazione
in riferimento all’articolo 110 c.p., non essendo all’imputato attribuibile un concorso nella
contravvenzione di cui ai suddetti articoli. Il secondo motivo denuncia violazione degli articoli
13 e 30 I. 394/1991 con riferimento alla necessità del preventivo nulla osta dell’Ente Parco
Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano con correlato vizio motivazionale, non essendo
necessario per le opere in contestazione il nullaosta previsto dall’articolo 13 I. 394/1991 come
invece ritenuto dai giudici di merito. Il terzo motivo denuncia mancanza di motivazione
sull’elemento soggettivo dei reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile.
I tre motivi sopra sinteticamente esposti non trovano riscontro nella decisione del giudice
d’appello, la quale si incentra, invece, sull’effetto sanante che, secondo l’appellante, sarebbe
stato conseguente al rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 30 del 6 novembre 2008,
e all’accertamento della compatibilità paesaggistica. Infatti, nell’atto d’appello il Ruocco,
unitamente all’altro appellante Di Paola Luciano, non adduceva alcuna delle questioni sollevate
ora nel ricorso con i tre suddetti motivi, limitandosi a rilevare che il primo giudice aveva
dichiarato estinti per intervenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria e per
intervenuto accertamento di compatibilità paesaggistica solo i reati di cui ai capi a) e b),
assolvendo gli imputati anche dal capo c) ma ritenendoli responsabili per i reati di cui ai capi
d), e), f) e g); adduceva quindi il gravame che l’affermazione di responsabilità per detti capi
sarebbe stata erronea proprio per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 30 del 6
novembre 2008 preceduto dalla dichiarazione di compatibilità paesaggistica del 31 luglio 2008
prot. n. 21552. Concludeva l’atto d’appello nel seguente modo: ” – in via principale mandare
assolti gli appellanti con la formula più ampia, avendo la concessione in sanatoria estinto i reati
contestatigli di cui ai capi D-E-F e G della rubrica sanzionati dal primo Giudice;-in via gradata,
ridurre la pena nel minimo possibile consentito con i benefici già concessi”.
È dunque evidente che in tal modo è stato circoscritto il devolutum al giudice d’appello, la cui
sentenza non può pertanto essere censurata per non avere trattato questioni estranee a quelle

2. Hanno presentato ricorso i difensori di Ruocco Antonio sulla base di tre motivi. Il primo

appunto devolute – che sono ora invece riversate nei motivi del ricorso – dal momento che la
cognizione del giudice d’appello è limitata specificamente “ai punti della decisione ai quali si
riferiscono i motivi proposti” nel gravame, ex articolo 597, primo comma, c.p.p. In logica
sequenza, ciò limita anche la cognizione del giudice di legittimità qualora si ricorra contro la
sentenza d’appello (cfr. articolo 606, terzo comma, c.p.p.); né d’altronde nel caso di specie
sono ravvisabili i presupposti d’applicabilità degli articoli 569 e 609, secondo comma, c.p.p. È
dunque inammissibile il ricorso che deduce in cassazione unicamente questioni sulle quali
giudice d’appello abbia correttamente omesso di pronunciare perché non devolute alla sua

2013 n. 22362).
In conclusione, il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile, (il che impedisce la
formazione di un valido rapporto processuale di impugnazione che consentirebbe di valutare la
presenza di eventuali cause di non punibilità ex articolo 129 c.p.p. (S.U. 22 novembre 2000 n.
32, De Luca; in particolare, l’estinzione del reato per prescrizione è rilevabile anche d’ufficio a
condizione che il ricorso sia idoneo a introdurre un nuovo grado di giudizio, cioè non risulti
affetto da inammissibilità originaria come invece si è verificato nel caso de quo: ex multis v.
pure S.U. 11 novembre 1994-11 febbraio 1995 n.21, Cresci; S.U. 3 novembre 1998 n. 11493,
Verga; S.U. 22 giugno 2005 n. 23428, Bracale; Cass. sez. III, 10 novembre 2009 n. 42839,
Imperato Franca), con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al
pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della
Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione
di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 17 giugno 2014

Il Consigliere Estensore

Il Presidente

cognizione (cfr., da ultimo, Cass. sez. V, 23 aprile 2013 n. 28514 e Cass. sez. II, 19 aprile

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