Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31454 del 17/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 31454 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DIMITRI ORONZO N. IL 17/04/1938
avverso la sentenza n. 422/2012 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 10/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore G erale in persona del Dott. 6- – (3c2–Qc2–els, e_
( (3—Fz-b-à—-a–,-.\\., -C2-3.-R” Q=
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 17/06/2014

39030/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10 giugno 2013 la Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di
Taranto, ha respinto l’appello proposto da Dimitri Oronzo avverso sentenza del 7 dicembre
2011 con cui il g.u.p. del Tribunale di Taranto lo aveva condannato alla pena di 20 giorni di
arresto e C 8.000 di ammenda per il reato di cui all’articolo 44, primo comma, lettera b), d.p.r.
380/2001 per avere senza permesso di costruire demolito un fabbricato e spianato un terreno
per fare una strada.
2. Ha presentato ricorso il difensore denunciando violazione dell’articolo 44, primo comma,
lettera b), d.p.r. 380/2001 e illogicità manifesta della pronuncia. Perche non si sarebbe tenuto
conto della versione dei fatti fornita dall’imputato, il quale non avrebbe trasformato il terreno
nelle modalità contestate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
Nell’unico motivo il ricorrente effettua una ricostruzione alternativa degli esiti probatori,
tentando di contrastare con la propria linea difensiva fattuale l’accertamento di merito
espletato dalla corte territoriale. Secondo il ricorrente, infatti, non sarebbe prova chiara e
documentale, come invece ritenuto giudice d’appello, il contenuto delle fotografie scattate
durante il sopralluogo dei vigili urbani del 17 settembre 2008 raffiguranti la demolizione e lo
spianamento del materiale di costruzione sul fondo dell’imputato. Infatti, osserva il ricorrente,
non si sarebbe tenuto conto di quanto affermato dall’imputato stesso dinanzi al giudice di
primo grado, e cioè che si trattava semplicemente di uno smaltimento di materiale di risulta
che doveva svolgere per evitare pericoli alla pubblica incolumità a motivo del crollo di un
rudere causato da un urto dell’automezzo che lui utilizzato per effettuare lavori di
puntellamento dei confini. La valutazione della corte territoriale che si trattasse invece di
un’attività orientata alla costruzione sarebbe “gratuita” e in contrasto con la stessa
ricostruzione dei fatti contenuta in sentenza, poiché l’imputato non ha trasformato il terreno.
Non vi sarebbe, poi, sostegno probatorio della sentenza quanto alla costruzione della strada,
per cui anche sotto questo profilo la sentenza sarebbe “illogica e contraddittoria”.
Si tratta, evidentemente, di censure direttamente di merito; quanto poi al generico addebito
di illogicità che scaturisce in primo luogo dall’asserto che l’affermazione della corte sull’attività
di costruzione sarebbe in contrasto con la sua stessa ricostruzione dei fatti, e in secondo luogo
dall’ulteriore asserto dell’assenza di prove quanto alla costruzione della strada, a prescindere

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appunto dalla inammissibile genericità, non si può non rilevare che non vi è riscontro nella
adeguata motivazione della sentenza impugnata, che d’altronde ha analizzato specificamente
la prospettazione difensiva di smaltimento di un rudere, richiamando, oltre alle fotografie
scattate in loco dai vigili urbani durante il sopralluogo del 17 settembre 2008, le sommarie
informazioni testimoniali rese dal querelante Micelli Francesco nonché da Guarini Antonio, e
comunque rilevando che la tesi difensiva non poteva aver pregio dal momento che l’imputato
“non poteva in ogni caso fare spianare sul posto il materiale edile della casa diruta, in assenza
di qualsivoglia autorizzazione” e che “lo spianamento del terreno, come ben visibile dalle

l’innalzamento del livello di piano”(motivazione, pagine 6-8).
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile,
(il che impedisce la formazione di un valido rapporto processuale di impugnazione che
consentirebbe di valutare la presenza di eventuali cause di non punibilità ex articolo 129 c.p.p.
(S.U. 22 novembre 2000 n. 32, De Luca; in particolare, l’estinzione del reato per prescrizione è
rilevabile anche d’ufficio a condizione che il ricorso sia idoneo a introdurre un nuovo grado di
giudizio, cioè non risulti affetto da inammissibilità originaria come invece si è verificato nel
caso de quo: ex multis v. pure S.U. 11 novembre 1994-11 febbraio 1995 n.21, Cresci; S.U. 3
novembre 1998 n. 11493, Verga; S.U. 22 giugno 2005 n. 23428, Bracale; Cass. sez. III, 10
novembre 2009 n. 42839, Imperato Franca), con conseguente condanna del ricorrente, ai
sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi,
conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n.186, e
considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di €1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 17 giugno 2014

Il Co gliere Esten ore

Il Presidente

fotografie in atti, non riguardava una superficie ristretta” emergendo come “evidente anche

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