Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3145 del 11/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3145 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MULLIRI GUICLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Dal Sasso Saverio, nato ad Oderzo il 25.9.50
imputato artt. 18, comma 1 lett. L), 71, 7° comma, d.lgs 81/08
avverso la sentenza del Tribunale di Venezia, sez. dist. S. Donà di Piave del 15.1.13
Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;
Sentito il P.M., nella persona del P.G. dr. Gioacchino Izzo, che ha chiesto l’annullamento
senza rinvio, per il capo a), perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e, per il capo
c), perché il fatto non sussiste;

RITENUTO IN FATTO

1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato – A seguito dell’accidentale caduta
al suolo da una scala telescopica usata per una riparazione su un tetto, di un operaio (Camillo
Cristian) della ditta Olearia Adriatica S.p.a. – di cui il ricorrente è rappresentante legale – è stato
effettuato, presso l’azienda, un accesso degli ispettori del lavoro e sono state contestate al Dal
Sasso diverse infrazioni.
Con la sentenza qui in esame, il Tribunale ha assolto l’imputato dall’accusa sub b) – di
non avere, cioè, messo a disposizione del lavoratore attrezzature idonee per la esecuzione dei lavori

ma ha condannato il Dal Sasso per la contestazione di cui al capo a)

(art.

18,

comma i lett. L) –

non

Data Udienza: 11/12/2013

aver adempiuto agli obblighi di informazione, formazione ed addestramento dei lavoratori)

capo c)

e per quella di cui al

(art. 71, comma 7 – non avere impartito, al lavoratore infortunato, una formazione adeguata circa l’impiego

delle attrezzature).

2. Motivi del ricorso – Avverso tale decisione, il Dal Sasso ha proposto ricorso, tramite
difensore deducendo:

2) violazione del principio di tassatività della pena dal momento che l’art. 18,
comma 1 lett. L) non è incluso nell’art. 55, comma 5 lett. c), ove sono previste le sanzioni;
3) violazione del P ri nci pio di specialità. Si fa, infatti, notare che sia l’art. 18 che
l’art. 71 contengono disposizioni in materia di formazione del personale contro la prevenzione
dei rischi. La differenza tra le due disposizioni sta nel fatto che la prima è una norma generale
e programmatica mentre l’art. 71 costituisce una specificazione in tema di attrezzature.
Orbene, è principio generale noto e ribadito dall’art. 298 del T.U. che, quando uno stesso fatto
è punito da una disposizione del titolo I e da una o più disposizioni degli altri titoli, si applica la
norma speciale che, nel caso che occupa, è quella di cui all’art. 71 visto che l'”uso
dell’attrezzatura di lavoro” è l’elemento specializzante. La sentenza è, dunque, errata quando,
per sanziona due volte il medesimo fatto;
4) vizio di motivazione perché l’imputato ha dimostrato che l’incarico per lo
svolgimento del lavoro cui era intento l’operaio infortunato era, in realtà, stato dato ad altro
operaio più anziano ed esperto il quale si era allontanato proprio per munirsi del trabattello
(vale a dire, dell’impalcatura mobile che gli avrebbe permesso di svolgere il lavoro in sicurezza). In sua assenza,
l’operaio infortunato, in maniera del tutto autonoma e senza che nessuno lo avesse incaricato,
si era procurato una scala telescopica ed aveva iniziato il lavoro di sostituzione di una lastra del
tetto con conseguente sua caduta accidentale.
Da tutto ciò, emerge, quindi, che l’infortunio non si è verificato per mancata formazione
del personale – visto che quello incaricato era tanto preparato da essere andato a procurarsi
gli strumenti corretti – ma per iniziativa del tutto autonoma ed estemporanea dell’operaio poi
infortunatosi che, quindi, si era posto in contrasto con le direttive impartite dal datore di
lavoro;
5) erronea applicazione della legge penale nella parte in cui la sentenza concede
all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena pur in presenza di una
sanzione dell’ammenda per reati oblabili. Il che ha comportato un pregiudizio per l’imputato
che, in tal modo, si trova una iscrizione della condanna nel casellario giudiziario. A mente della
nota sentenza delle S.U. (S.U. 16.3.94, Rusconi, Rv. 197536) se è vero che la concessione della
sospensione condizionale è una facoltà del giudice che risponde ad esigenze di politica
criminale non ancorate all’interesse del condannato, è altresì vero che “il riconoscimento della
sospensione condizionale dell’ammenda, per contravvenzioni per le quali è ammessa
l’oblazione, comportando l’iscrizione nel casellario giudiziale, si risolve in un pregiudizio per
l’imputato”.
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione – Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

2

nullità del capo di imputazione per genericità. Non vengono, infatti,
1)
specificate le attrezzature adeguate che avrebbero dovuto essere impiegate né il tipo di
formazione da impartire ai fini dello svolgimento dell’attività. A tale stregua, viene impugnata
l’ordinanza dibattimentale con la quale il giudice aveva respinto l’eccezione di indeterminatezza
dell’imputazione;

3.1. Dal momento che il primo, secondo e terzo motivo trattano tutti della
medesima imputazione, concernente l’art. 18, comma 1, lett. L), D.Lgs. 81/08, si ritiene di
poterli trattare congiuntamente dovendosi riconoscere la correttezza dei rilievi in essi contenuti
e, segnatamente, di quelli riguardanti l’assenza di una previsione sanzionatoria per la
disposizione evocata.
La struttura del testo normativo in esame (d.igs 81/08) è chiarissima nel distinguere, al
proprio interno, un complesso di diposizioni precettive che, poi, trovano una sanzione negli
articoli che vanno dal 55 al 60. Tuttavia, nell’art. 55 – unica norma nella quale si cita l’art. 18
(comma 5, lettere c), d) ed e)) — non è richiamata la disposizione che qui si assume violata (vale a
E’, quindi, evidente, nella specie, la violazione del principio di legalità perché il fatto non
è previsto dalla legge come reato e, quindi, nessuna sanzione avrebbe potuto essere irrogata.
L’enunciazione di cui alla citata lett. L), infatti, si risolve in una disposizione programmatica
priva di sanzione penale e, come tale, anche, effettivamente, generica (come stigmatizzato dal
ricorrente nel primo motivo).

Una implicita conferma della logica del sistema sul punto la si rinviene, del
3.2.
resto, nella contemporanea esistenza di ulteriori disposizioni che, nell’ambito della gestione e
prevenzione nei luoghi di lavoro, specificano quali siano, le misure di tutela e gli obblighi
facenti capo ai datori di lavoro ed altri responsabili. Tra queste, ricorre anche la previsione di
cui all’art. 71 stesso d.lgs che, fra gli obblighi del datore di lavoro e del dirigente, individua
quello di prendere le misure necessarie affinché – qualora le attrezzature richiedano per il
loro impiego conoscenze o responsabilità particolari – il loro uso sia riservato ai lavoratori
“incaricati allo scopo” “che abbiano ricevuto una informazione, formazione ed
addestramento adeguati”.
Orbene, nel caso in esame, il giudice di merito ha ritenuto di ravvisare la responsabilità
del ricorrente nel fatto di non avere impartito al lavoratore infortunato una adeguata e
specifica formazione inerente l’impiego di attrezzature per eseguire lavori in quota.
Il convincimento di responsabilità del Dal Sasso è fondato dal Tribunale sulle parole dei
testi Bonetto (in servizio presso lo Spisal di San Donà di Piave) e Bincoletto (pur addotto dalla difesa)
delle quali il giudice tiene conto per evidenziare il fatto che essi hanno, effettivamente, asserito
che non vi era stata attività di formazione ed addestramento della vittima dell’infortunio – tra
l’altro – in ordine alle modalità di salita sulle scale.
Il punto è però che, nella stessa sentenza, si dà atto che uno di questi stessi testi,
precisamente il Bincoletto, aveva precisato di essere stato egli stesso (Bincoletto) a dare
incarico per quella riparazione sul tetto ad «altri due dipendenti e che l’iniziativa di salire sul
tetto era stata presa autonomamente ed estemporaneamente dallo stesso Camillo» (vale a dire la
vittima dell’infortunio).

La sentenza, dunque, pur riconoscendo la circostanza – ribadita dal ricorrente nel presente
gravame – la ignora sebbene sia evidente la sua decisività nel diverso senso assolutorio perché,
così stando le cose, l’inadempienza formale ascritta al Dal Sasso non ha alcun rilievo essendo
evidente che la disposizione è stata predisposta al preciso scopo di assicurare che il datore di
lavoro impartisca ai dipendenti le istruzioni opportune in relazione alle mansioni cui egli
intende adibirli non certo per qualsiasi incarico o attività astrattamente eseguibile all’interno
dell’azienda.
Perciò, pur essendo vero che Camillo non aveva ricevuto le necessarie istruzioni per
eseguire la riparazione in quota, è anche vero che egli non aveva neppure ricevuto alcun
incarico per lo svolgimento di una incombenza del genere la cui esecuzione, al contrario, era
stata demandata ad altri due dipendenti (che – come sottolinea e specifica il ricorrente – erano più anziani
ed esperti e che non si sarebbero trovati sul posto al momento dell’incidente proprio perché erano andati a procurarsi
l’attrezzatura adatta allo scopo, vale a dire, un trabattello).

Di fatto, manca uno degli elementi della condotta descritta nell’art. 71, comma 7, visto
che la norma parla di lavoratori “allo scopo incaricati”.
Per l’effetto, la sentenza deve essere annullata senza rinvio anche con riferimento al
capo c) per insussistenza del fatto.
Considerate le conclusioni raggiunte nei punti precedenti, l’ultimo motivo
3.3.
di ricorso, rimane assorbito.
3

dire la lettera L) del comma 1 dell’art. 18).

P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, per il capo a), perché il fatto non è previsto dalla
legge come reato e, per il capo c), perché il fatto non sussiste.

Il Presidente

Così deciso 1’11 dicembre 2013

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