Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31441 del 05/04/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 31441 Anno 2017
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: MAZZITELLI CATERINA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BENVENUTI STEFANO nato il 03/08/1962 a TRIESTE
FONZARI GIULIANA nato il 30/11/1940 a TRIESTE

avverso la sentenza del 23/02/2016 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/04/2017, la relazione svolta dal Consigliere
CATERINA MAZZITELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del LUIGI BIRRITIERI
che ha concluso per

Data Udienza: 05/04/2017

Il Procuratore Generale, nella persona del Sost. Proc. Gen. dott. Luigi Birritteri, ha concluso
chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
Il difensore di Parte Civile, avv. Borgna Giovanni,

ha concluso chiedendo dichiararsi

l’inammissibilità dei ricorsi.
Il difensore dell’imputato Benvenuti Stefano, avv. Miriello Antonio, ha concluso insistendo sui
motivi del ricorso a cui si riporta.
Il difensore dell’imputata, Fonzari Giuliana, Criscuolo Giuseppe, ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

Con sentenza, emessa in data 23/02/2016, la Corte d’Appello di Trieste, in parziale riforma
della sentenza, emessa dal Tribunale di Trieste del 24/05/2013, ha rideterminato, in anni 4 di
reclusione ed € 700,00 di multa, la pena inflitta a Benvenuti Stefano, rideterminando altresì il
risarcimento del danno non patrimoniale, liquidato in € 25.000,00, a carico di Benvenuti
Stefano, e in € 5.000,00, a carico di Fonzari Giuliana, quest’ultima già condannata, con la
sentenza di primo grado, ad anni 2 di reclusione ed € 1.000,00 di multa.
Il Benvenuti e la Fonzari erano stati ritenuti responsabili: il primo, di reati di furto aggravato,
di simulazione di reato e di calunnia, uniti dal vincolo della continuazione, per essersi
impossessato di gioielli di proprietà di Cividin Elisabetta e delle figlie di costei Albano Ludovica
e Albano Carolina, per aver simulato, dopo la commissione del furto, tracce, all’interno
dell’abitazione delle parti lese, di un furto attribuito a terzi nella denuncia dal medesimo
presentata ai CC in data 13/01/2010 e per aver accusato falsamente la Cividin di aver
simulato, con l’aiuto di un complice, il predetto furto; la seconda, madre del Benvenuti, del
reato di ricettazione, per aver ricevuto ed occultato i gioielli rubati, esibendoli tutti a Tafaro
Brigida e cedendole una collana ed un paio di orecchini.
Sia il Benvenuti che la Fonzari, a mezzo difensore di fiducia, hanno proposto ricorso per
cassazione averso detta sentenza.
Il Benvenuti lamenta violazioni ai sensi dell’art. 606 tett. b), d) ed e) cod. proc. pen., in
relazione all’ordinanza reiettiva dell’istanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, posto
che l’esigenza di sentire il teste Jovanovic era legata all’intento di dimostrare che il Benvenuti,
la sera del 6/01/2010, nel corso della quale era stato perpetrato il furto presso l’abitazione
della Cividin, si trovava a Rovigno, località distante da Trieste. Il ricorrente deduce, altresì, la
violazione degli art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione all’art. 192 cod. proc. pen.,
per aver i giudici di seconde cure dedotto il fatto che il Benvenuti avesse perpetrato il furto da
un semplice indizio, quale, per l’appunto, l’agganciamento con il cellulare della cella di via
Moncolano, che di per se sola copriva migliaia di metri quadri. Altra contraddittorietà sarebbe
ravvisabile nel ritenere credibili o meno le dichiarazioni rese dall’imputato secondo le
circostanze prese in esame. Né si sarebbe fornita adeguata spiegazione all’osservazione della
difesa secondo cui l’imputato, denunciando il furto e successivamente dichiarando che i gioielli
gli erano stati consegnati dalla Cividin, con la quale intratteneva una relazione, si era accusato

Corte di Cassazione – copia non ufficialle

RITENUTO IN FATTO

def reato più grave di ricettazione. Né le previsioni di una pena edittale, inclusa tra i tre e i dieci
anni di reclusione, sarebbero determinanti sul punto specifico, posto che le aggravanti in
questione varrebbero comunque anche per l’imputazione di ricettazione.
La Fonzari, d’altro canto,

allega la contraddittorietà della

motivazione della sentenza

impugnata, con riferimento all’interpretazione di due telefonate intercorse tra i due coimputati,
da cui emergerebbe la consapevolezza sia della commissione del furto sia dell’attribuibilità del
medesimo al

Benvenuti.

Secondo l’esponente,

da tali

elementi

non

emergerebbe la

consapevolezza, in capo alla ricorrente, della falsità della ricostruzione dei fatti esposta dal

di più i giudici del merito avrebbero erroneamente applicato le norme di legge nel non
concedere alla prevenuta le attenuanti generiche, in considerazione della risalenza nel tempo
dell’unico precedente a suo carico e del contesto familiare in cui si era svolta l’intera vicenda.

CONSI DERATO I N DIRITTO
Innanzitutto va sottolineato che con la sentenza impugnata si è dato atto, nella parte motiva,
dell’avvenuto rinvenimento della refurtiva, proveniente dal furto perpetrato presso l’abitazione
della Cividn, all’interno dell’abitazione della Fonzari, oltre che del rinvenimento di preziosi in
possesso della Tafaro e di altri soggetti meglio individuati nel provvedimento.
La motivazione della sentenza dà atto, altresì, del valore complessivo della refurtiva, pari a
circa € 80.000, e, nel contempo, dell’esclusione di un possibile coinvolgimento di Rocco Albano,
ex marito della Cividin, delle pregresse relazioni, tra quest’ultima ed il Benvenuti, a conoscenza
del luogo, in cui era custodita la chiave della cassaforte, contenente i gioielli, oggetto del furto,
oltre che della smentita della tesi difensiva dell’odierno ricorrente, in considerazione della
mancanza di copertura assicurativa e di possibili moventi legati a questioni ereditarie.
Parimenti, nella sentenza si dà atto delle telefonate, intercettate, intercorse tra il Benvenuti e
la madre, quali indici della consapevolezza, in capo alla ricorrente, dell’intera vicenda.
Poste tali premesse, risulta evidente la congruità della motivazione, da considerarsi nel suo
complesso, e, con riferimento ad entrambe le posizioni dei due ricorrenti, l’assenza di elementi
indicativi di violazioni di disposizioni normative ovvero di contraddittorietà o incongruenza.
Tale conclusione non può che valere in relazione a ciascuna censura, riguardante, per il
Benvenuti, sia il rigetto dell’istanza istruttoria, all’evidenza considerata irrilevante a fronte degli
altri elementi, certamente non ravvisabili quali meri indizi, sia la valutazione delle prove
acquisite nel procedimento sia un’asserita, quanto infondata, allegazione di un’accusa di
addebito più grave, in effetti insussistente, stante la liceità del possesso dei gioielli, in capo alla
Cividin.
Relativamente poi alla posizione della Fonzari, sono evidenziabili analoghe conclusioni, stante
gli espressi riferimenti, nella sentenza, a conversazioni telefoniche relative al processo e alla
posizione del Benvenuti.
Parimenti , con riferimento al trattamento sanzionatorio ed alle censure mosse da quest’ultima,
non si ravvisano elementi di incongruità nella motivazione, esposta dal giudice di merito, in

Benvenuti, presupposto, questo, indispensabile per l’assunzione del delitto di ricettazione. Per

relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche, considerata la gravità della
vicenda, sia pure alla luce di un unico precedente, risalente nel tempo, risultante a carico della
prevenuta.
Le considerazioni fin qui espresse rendono evidente l’inammissibilità dei ricorsi, oltre che per
manifesta infondatezza, anche per genericità o aspecificità, r ispetto all’impianto motivazionale
complessivo della sentenza.
A ciò si aggiunga che nella presente sede non è consentita la deduzione di profili fattuali e di

dal giudice del merito, sicchè è inevitabile rilevare un’ulteriore ragione di inammissibilità del
ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna di èiascun ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e di una somma, che si stima equo determinare in €
2.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del
procedim~nto

e della somma di € 2.000,00 a favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 5/04/2017

…—

merito, finalizzati, nella sostanza, ad un diversa ricostruzione dei fatti,· rispetto a quella esposta

CORTE SUPREi~~A Di CASnAZIONE
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