Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31437 del 19/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31437 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA
sul conflitto di competenza proposto dal Tribunale di Paola, con ordinanza
pronunziata il 12/02/2015,
in relazione alla sentenza emessa in data 23/06/2010 dal Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Taranto,
nel procedimento a carico di:
1) MICHELI Federico, nato a Genova il 29/06/1954,
2) FONTANA Cribodo Andrea, nato a Roma il 16/04/1974,
3) CONTE Ivano, nato a Taranto il 14/07/1965.
Visti gli atti, la sentenza denunziata e l’ordinanza che propone conflitto;
sentita la relazione fatta dal consigliere M. Stefania Di Tornassi;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.
Eduardo Scardaccione, che ha concluso chiedendo dichiararsi la competenza del
Tribunale di Paola.

Data Udienza: 19/06/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 23 giugno 2010 il Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Taranto dichiarava la propria incompetenza a conoscere dei reati di truffa,
e dei connessi reati di falso in scrittura privata e diffamazione, contestati a Federico
MICHELI, Andrea FONTANA Cribodo e Ivano CONTE, affermando la competenza, per
territorio e connessione, del Tribunale di Paola.
tentata estorsione contestato al capo H) esclusivamente ad un quarto imputato, tra i
restanti reati più gravi e di pari gravità erano le truffe al capo A) – contestata come
commessa in Taranto da marzo a giugno 2006 – ed al capo E) – contestata (a seguito
di integrazione dell’imputazione effettuata in udienza dal P.m.) come commessa in
Belvedere Marittimo, ricadente nel circondario del Tribunale di Paola – fino al 5
settembre 2009 -. Sicché la competenza andava radicata in base al luogo di
consumazione del reato al capo E), in quanto anteriormente realizzato.
2. Trasmessi gli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Paola, il
P.m. esercitava l’azione penale con citazione diretta in data 26 aprile 2012.
Con ordinanza resa all’udienza del 12 febbraio 2015 il Tribunale di Paola ha
sollevato conflitto affermando la competenza, invece, del Tribunale di Taranto.
A giustificazione dell’assunto rilevava che la contestazione al capo E) costituiva,
nella sostanza, soltanto una frazione della più ampia condotta descritta al capo A), che
in Taranto erano state realizzate le ultime e la maggior parte delle condotte contestate
e in cui la truffa risultava, in ogni caso, consumata in Taranto, ove si era concretizzata
la perdita economica dei professionisti persone offese e si era realizzato l’ingiusto
profitto degli imputati sotto forma del “risparmio” conseguente alla mancata
corresponsione degli onorari loro dovuti a seguito dell’elargizione del finanziamento
ottenuto mercé la loro opera.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Sussiste materia di conflitto negativo ai sensi dell’art. 28 cod. proc. pen.
giacché il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto ha affermato la
competenza del Tribunale di Paola e il giudice del dibattimento del Tribunale di Paola
la competenza, invece, del Tribunale di Taranto, ricusando ciascuno la propria
competenza per ragioni di territorio e di connessione.
Ed é principio oramai consolidato che la disposizione del comma 2, secondo
periodo dell’art. 28 non si riferisce ai casi in cui il contrasto insorga tra Giudice
dell’udienza preliminare e giudice del dibattimento del medesimo Tribunale.
2. Quanto al merito, agli imputati Federico MICHELI, Andrea FONTANA Cribodo e
Ivano CONTE risultano contestati (testualmente) i seguenti reati.

A ragione osservava che, escluso ogni profilo di connessione con il delitto di

Ai primi due:
Capo A), i «reati previsti e puniti dagli arti. 61 n. 7, 110 e 640 del Codice Penale,
perché in concorso tra loro […], incaricavano i professionisti tarantini Avv. Domenico
PASANISI, Avv. Sergio PRETE, Arch. Emidio CHIANURA e Ing. Luigi SEVERINI, ai quali
conferivano mandati per attività professionali per la costruzione in Taranto, per conto
della “Pangea Green Energy s.r.l.” (per tutte le pratiche amministrative ed edilizie), di
una centrale per la produzione di energia elettrica da olio vegetale (biomasse,) da
professionisti per conto della “Pangea e Gesga” per impianti di centrali di produzione
elettrica alimentati da olio vegetale. Sfruttavano quindi, tutta l’attività e tutti i
documenti prodotti dai professionisti per ottenere, la “Gesga s.r.l.” un finanziamento
ex lege 488/92 di oltre 12 milioni di euro non versando nulla, oltre a piccoli anticipi
iniziali, ai professionisti sopracitati e contestando le loro richieste di saldo, giungendo a
falsificare in una parcella la firma dell’Avv. PASANISI, inviata al Consiglio dell’Ordine
degli Avvocati di Taranto, facendo risultare che il detto Legale aveva richiesto un
onorario di euro 302.282,85 quando, invece questi aveva richiesto la somma di euro
191.431,11, contestando inoltre parte dell’attività residua quando invece essa risulta
inequivocabilmente, da copiosa documentazione (V. allegati 13, 14, 14-bis, 25, 26,
27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 45 e i reports degli allegati 15 e
21). Prova provata di altro artificio e raggiro è l’invio a mezzo fax del 10/08/2006 a
firma di FONTANA CRIBODO Andrea al Dott. CAUTERUCCIO del Consorzio Quattro con
sede legale in Diamante ed operativa in Belvedere M.mo, degli elaborati tecnici del
progetto preliminare per la richiesta di finanziamento a firma dei progettisti CHIANURA
e SEVERINI. Ragion per cui risulta strano, poi, il disconoscimento dell’opera dei citati
professionisti. Per non parlare dei “pacchi” di email presenti in atti scambiate tra gli
indagati (primo e secondo) ed i professionisti indicati in rubrica. Altra prova provata è
la firma dei progettisti SEVERINI e CHIANURA alle valutazione delle spese del
programma del 25/07/2008 (tabella i e 2). Ancora altra prova dell’avvenuto
conferimento dell’incarico alle parti offese è costituita dalle firme apposte dagli
indagati quali ricevute alla consegna deivari elaborati progettuali (v. allegati 7, 27 e 28
della querela denuncia); Acc. In Taranto dal Marzo 2006 al Giugno 2008»;
Capo B) il «reato previsto e punito dagli artt. 110 e 485 del Codice Penale, perché
in concorso tra loro, formavano una scrittura privata falsa/fattura dell’Avv. Domenico
PASANISI di cui al capo che precede, facendone uso con l’invio al Consiglio dell’Ordine
degli Avvocati di Taranto; Acc. in Taranto il 09/06/2 008 (data di invio della
raccomandata a/r — all. 62) ».
Al primo:
Capo C) il «reato previsto e punito dall’art. 612 del Codice penale, per aver
minacciato, nelle varie missive scambiate tra le parti, i predetti professionisti, di
rendere nota la loro illegittima richiesta, non solo ai relativi Consigli dell’Ordine, ma
anche di informare la stampa locale e nazionale; Acc. in Taranto il 09/06/2008»;
Capo D) il «reato previsto e punito dall’art. 595 del Codice Penale, perché

3

impiantare nel porto di Taranto ed inoltre mandati professionali ai medesimi

offendeva la reputazione del/’Avv. Domenico PASANISI comunicando al Consiglio
dell’Ordine degli Avvocati di Taranto una richiesta del citato Legale per la somma di
euro 302.282,85 allegando la raccomandata ricevuta dall’Avv. PASANISI in uno con il
preavviso di parcella del medesimo professionista. Tali circostanze non sono esatte in
quanto questi non ha mai chiesto tale somma ma quella inferiore di euro 191.431,11.
Il preavviso di parcella è falso ed è falsa la firma dell’Avv. PASANISI grossolanamente
contraffatta. Acc. in Taranto il 09/06/2008».
Capo E) il «reato previsto e punito dagli artt. 110 e 640 del Codice Penale,
perché, in concorso tra loro, i primi due quali istigatori ed il terzo quale esecutore
materiale, esibivano e/o spedivano al Consorzio Quattro di cui al capo A), i computi
metrici ed estimativi (r. del 05/09/2006) per Pangea e Gesga timbrati e firmati
dall’Ing. Ivano Conte. ARTIFICI E RAGGIRI: il CONTE timbra e firma solo la prima
pagina per nascondere la circostanza che i detti documenti sono stati redatti e firmati
invece dall’Arch. CHIANURA e dall’Ing. SEVERINI Ciò ottiene con la integrale
sostituzione della prima pagina (quella con timbro e firma) e con una sbianchettatura
sul fondo di ogni pagina successiva (o meglio, con modifica al computer mediante
manipolazione del file inviato dai progettisti a mezzo corriere e posta elettronica All.13 e 14), sulle quali, in calce, vi è timbro e firma dei citati professionisti. La prova
di tale artificio è data dalla comparazione tra gli originali allegati alla querela-denuncia
e le copie sequestrate al Consorzio Quattro di cui al capo A). PROFITTO INGIUSTO: il
non riconoscere l’attività espletata dai due professionisti e contestando, altresì, il
diritto alla parcella. ALTRUI DANNO: la perdita economica del CHIANURA e del
SEVERINI che hanno lavorato a vuoto senza riconoscimento della loro opera e della
loro professionalità. Acc. In Taranto il 05/09/2006» (imputazione che risultava essere
stata corretta in udienza preliminare davanti al G.u.p. del Tribunale di Taranto nel
senso che il fatto era «commesso in Belvedere Marittimo fino al 5 settembre 2009»);
Capo F) il «reato di cui agli artt. 110 e 485 del Codice Penale, perché, in concorso
tra loro, formavano una scrittura privata falsa (sbianchettamenti o modifiche al
computer; vedi capo E) facendone uso con l’invio al Consorzio Quattro di cui al capo
cA). Ac. in Torino o Belvedere M/mo, il 10/08/2006».
Al primo ancora:
Capo G) il «reato previsto e punito dall’art. 595 del Codice Penale, perché,
offendeva la reputazione dell’Avv. Sergio PRETE comunicando al Consiglio dell’Ordine
degli Avvocati di Taranto la richiesta del citato legale per la somma di euro 84.106,00,
allegando a tale comunicazione il pro forma di parcella inviato dallo stesso /08/04/2008. Tale comportamento non e corretto per i motivi spiegati in querela in
[quanto?] il Professionista con raccomandata del 13/05/2008 (ricevuta dalla Società il
17/05/2008) comunicava che la precedente sua richiesta era viziata da errore
materiale e provvedeva a formulare la sua pretesa nella misura di euro 10.740,96.
Acc. in Taranto il 09/06/2008».

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A tutti i tre:

3. Occorre dunque anzitutto riconoscere che i “capi d’imputazione” sopra riportati
risultano formulati in guisa tale che risulta ardua sia la riduzione in termini giuridici dei
singoli costrutti sia l’individuazione dei criteri seguiti per la costruzione delle differenti
fattispecie contestate.
Ciò nonostante, e con tutti i limiti che discendono dal detto modo di redigere le
accuse, sembra cogliere nel segno il Tribunale di Paola allorché osserva che però, e
nella sostanza, la truffa contestata al capo E) come commessa sino a settembre 2006
nulla più che passaggio – o un aspetto – del più ampio, e onnicomprensivo, “racconto”
contestativo già sviluppato al capo A), riferito a condotte prevalentemente commesse,
e accertate, in Taranto da marzo 2006 a giugno 2008.
Assorbente è, in ogni caso, il rilievo che, stando alle imputazioni formalmente
riferite alla fattispecie di “truffa”, certamente in astratto più grave, e a quella in
particolare abbozzata al capo E) in ragione della quale si è prodotto il conflitto, il
profitto ingiusto – che segna il momento consumativo del reato di cui all’art. 640 cod.
pen. – sarebbe stato realizzato dagli imputati rendendosi (in tesi, con atti fraudolenti)
inadempienti all’obbligazione di versare alle persone offese gli onorari pattuiti.
E poiché, salvo eccezioni derivanti dagli accordi o da altre specifiche circostanze
qui non risultanti, a mente dell’art. 1182, comma terzo, cod. civ. l’obbligazione avente
per oggetto una somma di denaro deve essere adempiuta al domicilio del creditore, è
nel luogo di tale domicilio, ovverosia in Taranto, che devono considerarsi consumate le
condotte contestate alla stregua di “truffa” secondo l’accusa realizzate ai danni dei
professionisti tarantini.
Vale aggiungere che nel caso in esame il tempo trascorso non può esimere questa
Corte dall’esatta individuazione del giudice competente.
4.

Il conflitto va dunque risolto affermando la competenza del Tribunale di

Taranto.
E al Tribunale di Taranto vanno trasmessi gli atti.
La stessa Corte costituzionale ha, difatti, ripetutamente chiarito come nella
sentenza n. 70 del 1996 la regressione del procedimento a seguito di declaratoria
d’incompetenza per territorio, con trasmissione degli atti al pubblico ministero, era
imposta dall’esigenza di porre l’imputato, che a seguito dell’erronea individuazione
della competenza non aveva potuto accedere ai riti alternativi davanti al giudice
naturale, in condizioni di esercitare dinanzi al giudice dell’udienza preliminare
competente le facoltà connesse al proprio diritto di difesa, e che entro tali limiti
doveva intendersi operante detta pronunzia d’illegittimità costituzionale dell’art. 23
cod. proc. pen. (Corte cost. n. 104 del 2001; n. 370 del 2001). Tale esigenza non
ricorre tuttavia, evidentemente, nei casi, come quelli del giudizio in esame, di
procedimenti a citazione diretta, in quanto in tali procedimenti si prevede ora (a
seguito delle modifiche recate dalla legge n. 479 del 1999, successive alla sentenza n.
70 del 1996) che le richieste di riti alternativi siano presentate prima del compimento

nel suo territorio rappresenta, nell’economia dell’esposizione complessiva delle accuse,

delle formalità di apertura dello stesso, al giudice del dibattimento, che (diversamente
da quanto disponeva il previgente art. 556 cod. proc. pen.) sulle stesse decide ed è
chiamato a celebrare gli eventuali riti alternativi. Tanto più quando, come nel caso in
esame, anche l’ufficio del Pubblico ministero presso il Tribunale individuato come
competente aveva già a suo tempo esercitato l’azione penale per i medesimi reati.
P.Q.M.

Così deciso il 19 giu. o 2015

Dichiara la competenza del Tribunale di Taranto, cui dispone trasmettersi gli atti.

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