Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31431 del 19/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31431 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CACALANO ADRIANO N. IL 29/05/1975
avverso l’ordinanza n. 4260/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 01/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

Wiei-Egferrsos24—w.,;,

Data Udienza: 19/06/2015

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 37.119/2014 R.G. *

Udienza del 19 giugno 2015

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. Roberto Aniello, sostituto procuratore generale della Repubblica presso
questa Corte, il quale ha concluso per l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al giudice di merito per nuovo esame.

i. — Con ordinanza deliberata il 10 luglio 2014 e depositata il 7 luglio
2014 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha dichiarato inammissibile la richiesta del condannato (collaborante) Adriano Cacalano di applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare ai
sensi dell’articolo 16 nonies [del decreto legge 15 gennaio 1991, n. 8,
convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dalla] legge 13
febbraio 2001, n. 45, motivando che l’interessato non aveva mai riportato condanna, in relazione ai fatti oggetto della collaborazione
investigativa offerta e pure vagliata in esito al giudizio a carico di terzi.

Il condannato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero
del difensore di fiducia, avvocato Pasquale Ciola, mediante atto recante la data del 9 luglio 2014, depositato l’il agosto 2014, col quale
sviluppa quattro motivi.
2. –

Col primo motivo il difensore denunzia violazione dell’articolo
16 nonies cit. e, dopo aver illustrato la collaborazione investigativa
prestata dal ricorrente, oppone che, in relazione alla misura alternativa invocata, la legge non richiede il presupposto del riconoscimento
della speciale attenuante di cui all’articolo 8 del decreto legge 13
maggio 1991, n. 152, convertito nella legge 12 luglio 1991, n. 203.
2.1 –

Col secondo motivo il difensore denunzia, ai sensi dell’articolo
6o6, comma i, lettera e), cod. proc. pen. manifesta illogicità della motivazione, argomentando che il ricorrente ha assunto la veste di « imputato per reato connesso » nei giudizi in relazione ai quali ha prestato la collaborazione e, inoltre, che con riferimento ai fatti per i
quali aveva riportato condanna ha riassunto la qualità di imputato
nel processo a carico dei compartecipi, prima dello stralcio della sua
posizione e della archiviazione disposta perché l’azione penale non
poteva essere reiterata, in quanto preclusa dalla intervenuta condanna.
2.2 –

Col terzo motivo il difensore denunzia, ai sensi dell’articolo
6o6, comma i, lettera e), cod. proc. pen. mancanza « e insufficienza »
della motivazione in ordine alla concorrente richiesta avanzata ai
sensi dell’articolo 58 ter Ordinamento penitenziario.
2.3 –

Rileva

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 37.119/2014

R. G. *

Udienza del 19 giugno 2015

Col quarto motivo il difensore denunzia violazione dell’articolo
58-ter Ordinamento penitenziario applicabile, quale norma generale,
in relazione alla documentata « condotta collaborativa ».
2.4 –

Il ricorso è, nei termini che seguono, meritevole di accoglimento.

Questa Corte suprema di cassazione ha, recentemente, fissato il seguente principio di diritto: « I benefici penitenziari previsti dall’articolo 16-nonies della legge 15 marzo 1991, n. 82, sono concedibili anche per una collaborazione prestata in relazione a fatti cui il dichiarante sia estraneo a condizione che sia stata emessa sentenza di
primo grado concernente i fatti oggetto di collaborazione e che questa abbia i caratteri di intrinseca attendibilità, di novità e di completezza, o per altri elementi appaia di notevole importanza ai sensi
dell’articolo 9, comma terzo, della citata legge n. 82 del 1991 » (Sez.
1, n. 13952 del 04/02/2015, Consoli, Rv. 263078).
Tale principio il Collegio ribadisce, richiamando le considerazioni espresse nell’arresto testé citato.
Conseguono l’annullamento della ordinanza impugnata e il rinvio,
per nuovo esame, al Tribunale di sorveglianza di Roma che si uniformerà al principio di diritto in parola che la Corte enuncia ai sensi
dell’articolo 173, comma 2, cod. proc. pen.
P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale
di sorveglianza di Roma.
Così deciso, addì 19 giugno 2015.

3.

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