Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31430 del 19/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31430 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PENOLAZZI DIEGO N. IL 06/04/1979
avverso l’ordinanza n. 7323/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 10/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;
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Data Udienza: 19/06/2015

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 36.440/2014 R.G.

Udienza del 19 giugno 2015

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. Enrico Delehaye, sostituto procuratore generale della Repubblica presso
questa Corte, il quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso e
per la condanna della parte privata ricorrente al pagamento delle
spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende.

i. — Con ordinanza deliberata il 10 giugno 2014 e depositata il 17 giugno 2014, il Tribunale di sorveglianza di Torino ha rigettato la richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali avanzata dal condannato
Diego Penolazzi in espiazione di pena in regime di detenzione domiciliare, motivando che in considerazione dei numerosi precedenti penali specifici e del carico pendente per il delitto truffa (relativo a condotta antecedente la applicazione della misura alternativa in atto)
appariva opportuno il mantenimento del regime « maggiormente
contenitivo ».
Il condannato ha proposto ricorso per cassazione, personalmente, mediante atto recante la data del 14 luglio 2014, dichiarando promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’articolo 6o6, comma i, lettere b) ed e), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché contraddittorietà della motivazione, opponendo: quanto al carico pendente, esso Penolazzi non è stato imputato; la condotta serbata nella espiazione della pena è stata irreprensibile; il Magistrato di sorveglianza ha dato atto della buona condotta
nel concedere alcune autorizzazioni; esso ricorrente esercita attività
lavorativa autorizzata; si è iscritto alla università; la misura in atto
limita le opportunità di lavoro; ai fini dell’ affidamento in prova ai
servizi sociali non è necessaria la completa emenda del reo.
2. –

3. — Il procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
suprema di cassazione, mediante atto recante la data del 21 febbraio
2015, obietta che le doglianze del ricorrente « si risolvono in censure di fatto » del provvedimento impugnato, laddove il giudizio di legittimità non
consiste « in un ulteriore grado di merito ».

4.

4.1

Il ricorso è manifestamente infondato.

Non ricorre — alla evidenza — il vizio della violazione di legge:

-J’
2

Rileva

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 36.440/2014 R.G.

*

Udienza del 19 giugno 2015

—né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo
applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma,
ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un
fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);

Neppure palesemente ricorre vizio alcuno della motivazione.
Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente — come illustrato
nel paragrafo che precede sub i. delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di
sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Cass., Sez. I, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass.,
Sez. IV, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di
legittimità; laddove le deduzioni, le doglianze e i rilievi residui espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto la prospettazione di v itia della motivazione, si sviluppano, per vero, tutti nell’orbita delle
censure di merito, sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’
termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen.
4.2 –

4.3 — Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e

la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché — valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di
esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso, addì 19 giugno 2015.

—né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il Tribunale di
sorveglianza di Torino esattamente interpretato le norme applicate,
alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte.

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