Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31421 del 12/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 31421 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LANZA MARIANO N. IL 06/10/1971
avverso l’ordinanza n. 1289/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 03/10/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Cr,
c2e.,
I• o

k(29–

Ade CA-1–•/-0

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 12/05/2015

Ritenuto in fatto.

1.11 3 ottobre 2014 il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava il reclamo
proposto da Mariano Lanza, avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di
sorveglianza di Roma aveva respinto la domanda di integrazione della liberazione
anticipata già concessa con la liberazione anticipata speciale.

marzo 2012 al 28 giugno 2013 e che, pertanto la domanda poteva essere presa in
esame solo limitatamente a tale periodo, in quanto successivamente era stato
ammesso ad espiare la pena in regime di arresti domiciliari e, quindi, di detenzione
domiciliare, osservava che l’istanza non era accoglibile, in quanto, nel periodo
compreso tra il 28 marzo 2012 e il 28 giugno 2013, Lanza si trovava in espiazione
della pena infllitta per uno dei delitti ostativi ricompresi nel catalogo di cui all’art.
4-bis 1. n. 354 del 1975 e successive modifiche.
2.Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, Lanza, il quale, anche mediante una memoria difensiva,
lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, atteso che:
il ravvedimento sotteso alla previsione di cui all’art. 16 nonies 1. n. 82 del 1991
consente di superare la preclusione prevista dall’art. 4-bis;
la liberazione anticipata speciale è destinata a trovare applicazione anche nei
confronti di persone non ristrette in carcere, ma ammesse ad espiare la pena in
regime alternativo, e una diversa lettura, oltre a non trovare solidi agganci
ermeneutici, è causa di ingiustificate disparità di trattamento;
l’istituto della liberazione anticipata non prevede alcuna distinzione tra il
condannato in detenzione infiumuraria e quello ammesso ad una misura alternativa
non sono consentite arbitrarie e insostenibili distinzioni tra il comportamento
post delictum del condannato per reati “ordinari” rispetto a quelli in esecuzione per
reati “speciali”;
il ravvedimento sotteso alla previsione contenuta nell’art. 26 nonies della legge
n. 82 del 1991 consente di superare la preclusione normativa in relazione ai delitti
ricompresi nel catalogo di cui all’art. 4 bis della legge n. 354 del 1975 e successive
modifiche.
Una diversa lettura della disciplina, oltre a tradire lo spirito e le finalità
perseguite dalla novella legislativa, finisce per riservare al Magistrato di
1

Il Tribunale, dopo avere premesso che Lanza era stato detenuto in carcere dal 28

sorveglianza la determinazione del quantum di pena da espiare e, quindi,
l’applicazione di una norma dal chiaro contenuto sostanziale con evidente lesione
del principio di ragionevolezza e di uguaglianza nel trattamento di situazioni
analoghe.
Osserva, infine, che non è di ostacolo all’applicazione della liberazione
anticipata speciale nei confronti dei collaboratori di giustizia che si trovino ad

che essi possano usufruire anche di altri benefici penitenziari, tenuto conto
dell’univoca elaborazione al riguardo della giurisprudenza costituzionale e di
legittimità
Osserva in diritto.

Il ricorso non è fondato.
1.11 tenore letterale dell’art. 4, comma 5, del d.l. 23 dicembre 2013, n. 146,

convertito nella legge 21 febbraio 2014 n. 10 esclude espressamente dall’ambito di
applicabilità dell’istituto <> e, inoltre, <>.
In base all’inequivoco dato testuale della disposizione e in coerenza con le
finalità di deflazione carceraria perseguite dalla nuova previsione, quindi, nel caso
in esame la questione prospettata dalla difesa deve essere circoscritta al periodo 28
marzo 2012-28 giugno 2013.
Sotto tale profilo non si ravvisa alcuna irragionevolezza o disparità di
trattamento tra persone detenute e soggetti ammessi ad espiare la pena

extra

moenia, considerato anche l’art. 4, comma 1, del d.l. n. 146 del 2013, convertito
nella legge n. 10 del 2014, delimita l’operatività del beneficio ad un periodo di due
anni, decorrente dall’entrata in vigore del d.l. n. 146 del 2013, al dichiarato fine di
risolvere nell’immediato il problema del sovraffollamento carcerario e di adeguare
l’ordinamento interno alla pronuncia della Corte Europea dei diritti dell’uomo
(sentenza dell’8 gennaio 2013 – ricorsi mi. 43517/09, 46882/09, 55400/09,
57875/09, 61535/09, 35315/10 e 37818/10 – Torreggiani e altri c. Italia).

2

espiare la pena per taluno dei delitti elencati nell’art. 4 bis ord. pen. la possibilità

Significative circa le finalità deflattive e risarcitorie dell’istituto in esame, che
presuppone l’effettiva permanenza del condannato in un istituto penitenziario,
appaiono anche i seguenti ulteriori profili.
Il preambolo del d.l. n. 146 del 2013 indica quale obiettivo di straordinaria
necessità e urgenza perseguito dalla novella legislativa quello di <> e precisa che ad esso si è inteso

anticipata.
La relazione al disegno di legge di conversione del d.l. nr. 146/2013 A.C. nr.
1921 chiarisce che quello previsto è un <>.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, nell’ambito del parere espresso, ai
sensi dell’art. 10 della legge n. 195 del 1958, con deliberazione assunta nella seduta
plenaria del 23 gennaio 2014, ha evidenziato che il <> ai condannati affidati
in prova ed in regime domiciliare e che ha sollecitato l’estensione del divieto di
accesso all’istituto anche a quanti si trovino in detenzione domiciliare ai sensi della
legge n.199 del 2010 ed agli arresti domiciliari esecutivi, indicazioni poi recepite
nella legge di conversione (cfr. punto a2 della citata delibera).
La “specialità” del nuovo regime premiale si desume dal fatto che esso è stato
introdotto non già nell’ambito dell’art. 54 ord. pen., che si occupa della liberazione
anticipata ordinaria, bensì è stato regolato da una norma espressamente dedicata
che, anche da un punto di vista logico-sistematico, ne evidenzia la natura di rimedio
eccezionale e temporalmente delimitato nella sua applicazione in favore dei
detenuti per il solo periodo di due anni dalla vigenza del provvedimento legislativo
che l’ha disposto e di quanti abbiano già fruito della liberazione anticipata nel
periodo decorso dal 1 gennaio 2010 (Sez. 1, n. 16656 del 16/01/2015).

3

far fronte attraverso <> in tema di liberazione

Per tutte queste ragioni deve affermarsi il principio di diritto che il detenuto
sottoposto a detenzione domiciliare ai sensi dell’art. 16-nonies della legge n. 8 del
1991 non è ammesso a beneficiare della liberazione anticipata speciale introdotta
dal d.l. n. 146 del 2013, convertito con modificazioni nella legge n. 10 del 2014
2.Le Sezioni Unite di questa Corte, con decisioni condivise dal Collegio, hanno
stabilito che le disposizioni concernenti l’esecuzione delle pene detentive e le

l’irrogazione della pena, ma soltanto le modalità esecutive della stessa, non hanno
carattere di norme penali sostanziali e pertanto (in assenza di una specifica
disciplina transitoria), soggiacciono al principio tempus regit actum, e non alle
regole dettate in materia di successione di norme penali nel tempo dall’art. 2 c.p., e
dall’art. 25 della Costituzione (Sez. U., n. 24561 del 30 maggio 2006; Sez. U, n. 20
del 13 luglio 1998).
Principi analoghi sono stati affermati dalla Corte Costituzionale (ord. n. 10 del
1981; sent. n. 376 del 1997) e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (sentenza
Grande Camera del 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c/Spagna; decisione della
Commissione del 15 gennaio 1997 nel caso L.C.R. c/ Svezia; Monne c/ Francia
dell’I aprile 2008; Giza c/Polonia del 23 ottobre 2012).
In tale ottica i rilievi difensivi circa la natura “sostanziale” della disciplina in
tema di liberazione anticipata speciale non appaiono fondati.
3.La norma contenuta in un decreto legge non convertito non ha attitudine, alla
stregua del terzo e ultimo comma dell’art. 77 Cost., ad inserirsi in un fenomeno
successorio, come quello descritto e regolato dai commi secondo e terzo dell’art. 2
c.p., ovverosia in un fenomeno successorio concernente norme penali sostanziali
per le quali vale il principio di irretroattività delle disposizioni di sfavore
limitatamente alla sancita applicabilità delle disposizioni di cui ai commi secondo e
terzo dell’art. 2 c.p. al caso del decreto legge non convertito, e, quindi, alla sancita
operatività della norma penale sfavorevole, se in essa contenuta, relativamente ai
fatti pregressi.
Di conseguenza, la disposizione contenuta nell’art. 4, comma 4, del d.l. n. 146
del 2013 (che consentiva, a determinate condizioni, l’applicabilità del beneficio
della liberazione anticipata speciale anche ai condannati per taluno dei delitti
elencati nell’art. 4-bis 1. n. 354 del 1975 e successive modifiche), non recepita dalla
1. n. 10 del 2014, non è suscettibile di avere vigore ultrattivo per i comportamenti
4

misure alternative alla detenzione, non riguardando l’accertamento del reato e

pregressi (Sez. 1, n. 34073 del 27 giugno 2014; Sez. 1, n. 3130 del 19 dicembre
2014; Sez. 1, n. 1650 del 22 dicembre 2014).
Anche sotto questo profilo, quindi, le doglianze difensive non appaiono
meritevoli di accoglimento.
4. Circa i prospettati dubbi di legittimità costituzionale, si osserva quanto segue.

La disciplina introdotta dal d.l. n. 146 del 2013, convertito con modificazioni

disciplina “speciale” che estende, salvo alcune eccezioni, i vantaggi conseguenti ad
un beneficio penitenziario già previsto e applicabile indistintamente a tutti i
condannati. Non si è, quindi, in presenza di una disposizione che vieta l’accesso del
beneficio alla persona condannata per taluno dei delitti elencata nell’art. 4-bis 1. n.
354 del 1975, ma piuttosto di una norma che amplia, in presenza di certe
condizioni, gli effetti di favore, escludendo da essi i condannati per determinate
tipologie di reato, come quelle indicate dal suddetto art. 4-bis.
Rispetto ad una disposizione speciale di favore, può porsi un problema di
irragionevole diversità di trattamento solo qualora sia riservato un trattamento
irragionevolmente diverso e deteriore rispetto a situazioni del tutto omologhe.
Anche sotto questo aspetto, quindi, le censure difensive sono prive di pregio e la
prospettata questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata
5.11 ricorso non è fondato anche nella parte in cui delinea un improprio
automatismo tra lo status di collaboratore e l’accesso a determinati benefici
penitenziari.
Con specifico riferimento al requisito del “ravvedimento” il Collegio osserva
che lo stesso non può essere presunto sulla base dell’avvenuta collaborazione con la
giustizia e dell’assenza di legami perduranti con la criminalità organizzata, ma
presuppone una convinta revisione critica delle pregresse scelte criminali e la
formulazione, quanto meno in termini di elevata e qualificata probabilità, di un
serio, affidabile e ragionevole giudizio prognostico di pragmatica conformazione
della futura condotta di vita del condannato alle regole dettate dall’ordinamento
sulla base degli atteggiamenti concretamente tenuti ed esteriorizzati dalla persona
durante l’esecuzione della pena.
Di conseguenza, contrariamente a quanto prospettata nel ricorso, la condizione
di collaboratore di giustizia non può comportare alcun automatismo ai fini della
concessione della liberazione anticipata speciale, pur in presenza di reati ostativi ai
5

nella legge n. 10 del 2014, rappresenta, per espressa previsione del legislatore, una

sensi dell’art. 4 bis 1. n. 354 del 1975 e successive modifiche , essendo sempre
necessaria la valutazione, da parte del competente Tribunale, della sussistenza del
ravvedimento, operata sulla base degli indici legislativamente predeterminati,
oggetto dell’elaborazione della giurisprudenza di legittimità (Sez. I, 16 gennaio
2007, n. 3675; Sez. I, 1 febbraio 2007, n. 9887; Sez. I, 19 febbraio 2009, n. 10421).
Non può neppure condividersi l’affermazione difensiva, fondata su di una non

domiciliare per effetto delle disposizioni di favore applicabili ai collaboratori di
giustizia abbia conseguito un maggiore grado di recupero sociale rispetto a colui
che sconti la pena in contesto carcerario, dipendendo tale effetto dal grado di
adesione individuale al percorso trattamentale e dalle concrete opportunità
rieducative di cui ci si è giovati.
E’ da escludere, quindi, che la persona in detenzione domiciliare, pur se
collaboratore di giustizia, sia, in virtù della predetta condizione e di tale status, di
per sé più meritevole del detenuto che è in carcere.
Non è fondata neppure la tesi difensiva che l’avere potuto beneficiare delle
previsioni dell’art. 16-nonies della legge n. 82 del 1991 – e nella fattispecie di
detenzione domiciliare che costituisce applicazione concreta dell’istituto omonimo
più generale di cui all’art. 47-ter ord. pen.- esprima un’evoluzione maggiormente
positiva e più significativa della personalità del condannato, posto che non sussiste
coincidenza di presupposti tra quanto preteso da detta norma e ciò che è richiesto
per concedere la liberazione anticipata.
E’ sufficiente considerare al riguardo che la norma pretende quale condizione
per la concessione dei benefici penitenziari ai collaboratori di giustizia, condannati
per determinate tipologie di reato, la prestazione di collaborazione utile alla
fruizione delle circostanze attenuanti previste dal sistema codicistico o dalla
legislazione speciale, nonché la positiva verifica dell’assenza di collegamenti con la
criminalità organizzata o eversiva, che in sé non assume significato di autentica
revisione critica delle scelte delinquenziali pregresse e di sincero ravvedimento,
atteggiamento che non può, invece, escludersi in assoluto nel detenuto, pur di
analoga estrazione criminosa, intenzionato a cambiare vita, ma non ad accusare
altri, meritando così l’attenuazione del proprio regime sanzionatorio. Anche il
distinto profilo di contrasto tra la disciplina dell’art. 4, comma 5, della legge n. 10
del 2014 e la funzione rieducativa della pena non ha pregio se si considera che la
6

consentita presunzione generalizzante, che il soggetto ammesso alla detenzione

persona ammessa al regime di detenzione domiciliare può, comunque, usufruire
della liberazione anticipata ordinaria e, quindi di fruire dello stimolo incentivante
alla fattiva partecipazione all’opera rieducativa (Corte Cost., sentenza nr. 186 del
23/5/ 1995).
Il provvedimento impugnato non ha ravvisato la ragione dell’esclusione dalla
maggiore detrazione di pena contemplata dalla liberazione anticipata speciale

opportunità mai negata dal Tribunale di Sorveglianza, per la cui fruizione non
sussiste nemmeno un ostacolo rinvenibile nella disciplina normativa in verifica.
6.L’ulteriore questione di legittimità costituzionale prospettata dalla difesa sulla
base dei principi enunciati dalla Consulta a proposito della parificazione tra
liberazione anticipata e liberazione condizionale quanto al regime di revoca dei
benefici in caso di commissione durante la loro applicazione di fatto costituente
reato (sentenze nn. 186 del 1995 e 418 del 1998) è anch’essa manifestamente
infondata. Le relative decisioni hanno, infatti, affermato l’irragionevolezza di
meccanismi automatici di revoca delle misure a fronte della commissione di
qualsiasi delitto o contravvenzione della stessa indole. Le pronunce di
incostituzionalità si fondano, dunque, non sulla totale parificazione della detenzione
carceraria rispetto a quella domiciliare, bensì sulla intrinseca inaccettabilità,
all’interno del quadro costituzionale di riferimento, di criteri di revoca non selettivi,
non commisurati all’effettiva gravità dell’infrazione commessa e non correlati
all’entità della violazione accertata rispetto alla possibilità di prosecuzione della
misura alternativa alla detenzione in carcere.
7. Sotto tutti questi profili, dunque, il ricorso non è meritevole di accoglimento e

le dedotte questioni di legittimità costituzionale sono manifestamente infondate.
Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma, il 12 maggio 2015.

nell’impossibilità giuridica e fattuale di cumulare due benefici penitenziari,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA