Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3142 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3142 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da BONITO Marco, nato a Termoli il 9 novembre 1950:
avverso la sentenza n. 426 della Corte di appello di Campobasso del 18 luglio 2013,
depositata il 29 luglio 2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA GENTILI;
sentita la requisitoria del PG Dott. Paolo CANEVELLI il quale ha concluso chiedendo
il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 18 luglio 2013 la Corte di appello di Campobasso dichiarava
inammissibile l’appello proposto da Bonito Marco avverso la sentenza con la quale il
Tribunale di Larino, Sezione distaccata di Termoli, dichiaratane la penale
responsabilità per il reato di cui all’art. 5, lettera b), della legge n. 283 del 1962, lo
aveva condannato alla pena di euro 1.500,00 di ammenda.
La Corte territoriale ha fonda la sua decisione per un verso sulla inappellabilità
della sentenza impugnata, stante la previsione di cui all’art. 593, ult. comma, cod.
proc. pen., e per altro verso sulla impossibilità di procedere alla conversione del
gravame in ricorso per cassazione, posto che, nel caso di specie, l’errore commesso
dal Bonito non concerneva solo la qualificazione del mezzo di impugnazione
utilizzato, ma, avendo egli proposto esclusivamente censure di merito, aveva ad
oggetto la stessa scelta di un mezzo di impugnazione impraticabile.
Contro tale sentenza insorgeva il Bonito, proponendo, tramite difensore, ricorso
per cassazione, articolato su ben sei motivi.

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Data Udienza: 10/12/2013

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Prioritariamente il ricorrente deduce la omessa notifica a lui di tutti gli atti del
procedimento, osservando che questi sono stati notificati presso lo Studio
dell’avvocato che lo ha difeso nel giudizio ma che non era suo domiciliatario.
Ancora il ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale non abbia disposto la
conversione dell’atto di appello in ricorso per cassazione, secondo quanto previsto
dall’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., ma abbia direttamente pronunziato la
inammissibilità del gravame.

congiuntamente trattati, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge: a) per
avere la sentenza impugnata affermato la penale responsabilità del prevenuto, in
contrasto con le previsioni della norma incriminatrice ed in contrasto con le risultanze
processuali, sia per ciò che concerne la ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato
che con riferimento alla sussistenza dell’elemento oggettivo; b) in relazione all’art.
530, comma 2, cod. proc. pen., che impone l’assoluzione ove la colpevolezza non
emerga al di là di ogni ragionevole dubbio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il presente ricorso, formalmente fondato, deve essere accolto, con le derivanti
statuizione del caso.
Osserva, infatti, questa Corte che la Corte di appello di Campobasso, preso atto
della circostanza che l’imputato, condannato alla sola pena dell’ammenda, aveva
proposto appello avverso la sentenza di primo grado, avrebbero dovuto convertire
tale atto in ricorso per cassazione, come ora sostenuto dal ricorrente, e trasmettere
gli atti a questa Corte.
Viceversa essa ha, erroneamente, ritento di doversi pronunciare nel senso di
dichiarare inammissibile il gravame, sulla base del fatto che, essendo in esso state
sollevate esclusivamente censure di merito, la fallacia del ricorso non consisteva
tanto nell’aver adito un organo giurisdizionale sbagliato, quanto nell’aver sbagliato
proprio nello scegliere il rimedio processuale congruo al fine di rimuovere gli effetti
della sentenza di primo grado.
In tal modo, tuttavia, la Corte territoriale ha finito per travalicare i suoli limiti
giurisdizionali, in quanto ha esaminato, con un provvedimento potenzialmente
idoneo a costituire giudicato, il ricorso avverso una sentenza di primo grado
inappellabile.
La impugnata sentenza deve, pertanto, essere annullata senza rinvio
e l’atto di appello deve essere qualificato come ricorso per cassazione.
Ciò detto, rileva questo Collegio che la impugnazione proposta dal Bonito deve
essere dichiarata inammissibile in quanto proposta tramite il ministero dell’avv.
Vincenzo Mastrangelo del Foro di Vasto, il quale tuttora non risulta essere abilitato
al patrocinio di fronte alle giurisdizioni superiori.

Con gli altri motivi di censura, che, per la loro omogeneità, possono essere qui

Come chiarito da consolidata giurisprudenza, il principio di conservazione del
mezzo di impugnazione sancito dall’art. 568, comma quinto, cod. proc. pen., non
consente di derogare alle norme regolatrici dell’impugnazione, in particolare per
quello che concerne l’esclusiva legittimazione a proporre impugnazione, se
presentata tramite un difensore tecnico, a mezzo di professionista abilitato al
patrocinio di fronte alla giurisdizioni superiori, in quanto, in caso contrario, si
consentirebbe l’elusione di obblighi che rimarrebbero, invece, sanzionati con

giurisdizionale.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e, qualificato l’appello come ricorso
per cassazione, lo dichiara inammissibile e condanna l’imputato al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2013
Il Consigliere estensore

Il Presidente

l’inammissibilità della impugnazione, per chi abbia proposto l’esatto rimedio

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