Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31417 del 19/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31417 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da BENIGNI Cherif, nato a Roma il 21/09/1987,
avverso la sentenza emessa in data 05/12/2013 dalla Corte di appello di Ancona.
Visti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eduardo
Scardaccione, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato Alessandro Trofino per il ricorrente, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 19/06/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma
della sentenza emessa in data 29/05/2007 dal Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Ascoli Piceno all’esito di giudizio abbreviato, dichiarata la prescrizione del
reato di lesioni personali, rideterminava in quattro anni e otto mesi di reclusione la
pena inflitta a Cherif Benigni per il reato di tentato omicidio aggravato dai futili motivi,
e al collo con un coltello, in concorso delle circostanze attenuanti generiche già
riconosciute come equivalenti.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato a mezzo del difensore
avvocato Alessandro Trofino chiedendone l’annullamento.
Premessa la vicenda e sottolineato che la persona offesa e la fidanzata avevano
nel corso del procedimento radicalmente cambiato la versione dei fatti, che l’imputato
aveva sempre sostenuto di essersi solo difeso, che se si fossero correttamente valutati
gli elementi a favore dell’imputato si sarebbe dovuto pervenire alla sua assoluzione
per insufficienza di prove, denunzia:
2.1. violazione dell’art. 386, comma 2, cod. proc. pen., perché all’atto dell’arresto
si erano raccolte dall’imputato spontanee dichiarazioni senza attendere l’arrivo del
difensore di fiducia;
2.2. violazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., del diritto
alla prova e dell’art. 192 cod. proc. pen., essendosi attribuito all’imputato il dolo
alternativo d’omicidio sulla scorta degli accertamenti medico legali, nonostante il
consulente avesse escluso il pericolo di vita, i colpi inferti dall’imputato avessero
attinto organi vitali, l’imputato non avesse intenzione di uccidere, si fosse trattato di
una banale colluttazione, il mezzo usato non fosse idoneo a provocare la morte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso appare inammissibile.
2. I giudici di merito hanno ritenuto provata la responsabilità dell’imputato sulla
scorta:
– dei dati obiettivi costituiti dalle plurime ferite da punta e da taglio refertate alla
vittima e, in particolare, da quella, connotata da speciale forza di penetrazione,
riscontrata al collo, regione sottoauricolare sinistra;
– della sicura riferibilità dell’azione lesiva all’imputato, che aveva sostanzialmente
ammesso dell’imputato di essere l’autore di detti fendenti;
– dei rilievi della consulenza sulla impossibilità che i colpi potessero essere stati
inferti, secondo la versione difensiva, solo agitando il coltello a scopo difensivo, attesa
appunto la forza, la direzione e la profondità delle ferite riportate dalla persona offesa,

commesso il 2 giugno 2006 ai danni di Ioan Purcariu colpendolo ripetutamente al volto

specie al collo;
– della inattendibilità della tardiva versione difensiva circa il fatto che la vittima
sarebbe stata armata di una bottiglia rotta, della quale l’imputato non aveva fatto
menzione alcuna nell’interrogatorio in sede di convalida;
– delle dichiarazioni della persona offesa e della sua compagna, ritenuti attendibili
e assolutamente concordanti nel nucleo essenziale dei racconti.

comprendere – cade sul modo e sul tempo in cui l’imputato avrebbe reso alla polizia
giudiziaria spontanee dichiarazioni, e dunque su dato irrilevante perché dette
spontanee dichiarazioni non risultano né utilizzate né menzionate nella sentenza
impugnata.
4. Il secondo motivo è quindi parimenti inammissibile perché ripete censure che
attengono alla ricostruzione in fatto e alle quali la sentenza impugnata ha già
impeccabilmente risposto (pagine 6 – 13 sent. imp.) osservando che la ricostruita
dinamica, il mezzo usato (coltello), la forza, il numero e la direzione dei colpi nonché
la sede corporea attinta (il collo, sede di arterie), consentivano di escludere ogni
verosimiglianza delle versioni difensive e giustificavano ampiamente la qualificazione
del fatto alla stregua di omicidio tentato, a titolo, quantomeno, di dolo alternativo.

5. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di
colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) – di una
somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle
questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento e al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso il 19

2015

3. A fronte, il primo motivo di ricorso è inammissibile perché – a quanto è dato

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