Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31416 del 19/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31416 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da GUCCIO Lucio Cristian Rosario, nato a Milano il
23/02/1978,
avverso la sentenza emessa in data 23/05/2014 dalla Corte di appello di Milano
Visti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eduardo
Scardaccione, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’avvocato Pierluigi Mancuso per il ricorrente, che ha concluso riportandosi al
ricorso e chiedendone l’accoglirnento.

Data Udienza: 19/06/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe la Corte di appello di Milano ha confermato la
sentenza emessa in data 23 aprile 2014 dal Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Milano che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato Lucio
Cristian Rosario GUCCIO alla pena complessiva di tre anni di reclusione per le
violazioni all’art. 9, comma primo, legge n. 1423 del 1956 commesse il 13 febbraio
2008, omettendo di presentarsi all’autorità di pubblica sicurezza, e il 14 febbraio 2008,

facendosi trovare in possesso di 150 grammi di cocaina, e ha determinato in un anno
(secondo quanto risultava dalla motivazione della sentenza di primo grado), la misura
di sicurezza della libertà vigilata applicata al Guccio.
2.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato personalmente,

chiedendone l’annullamento. Denunzia:
2.1. violazione di legge e mancanza assoluta della motivazione in risposta alla
censura difensiva riferita alla violazione del divieto di bis in idem, insita nella ritenuta
applicabilità del reato di cui all’art. 9 I. 1423 del 1956 per ogni violazione di legge
autonomamente costituente reato;
2.2. violazione di legge e mancanza assoluta della motivazione con riferimento
alla richiesta di acquisizione, ai sensi dell’art. 603, comma 2, cod. proc. pen., di
documenti sopravvenuti alla sentenza di primo grado, in specie di quelli depositati a
corredo di memoria in vista dell’udienza del 23 maggio 2014, dimostranti che in
realtà, e diversamente da quanto sostenuto nella sentenza impugnata, il percorso di
recupero sociale del ricorrente poteva dirsi terminato (1. dichiarazione della
coopertauva sociale il Calabrone; 2. relazione UEPE 17.4.2014; 3. relazione UEPE
20.2.2014; 4. decreto del Tribunale sez. misure di prevenzione dep. il 5.5.2014, con
cui veniva revocata la misura di prevenzione al ricorrente per cessata pericolosità
sociale);
2.3. violazione di legge e mancanza della motivazione in relazione al trattamento
sanzionatorio, al diniego della continuazione e al diniego delle circostanze attenuanti
generiche, sull’assunto (errato, alla luce di quanto documentato) del non concluso
percorso di recupero sociale, e senza considerare gli elementi a favore del
condannato;
2.4. violazione di legge e mancanza della motivazione con riguardo al diniego
della continuazione tra i fatti in esame nonché tra gli stessi ed altri fatti analoghi per
cui era già intervenuta condanna, senza la benché minima considerazione dello stato
di tossicodipendenza del ricorrente, pure allegato e risultante dagli atti;
2.5. violazione di legge e vizi della motivazione in ordine all’applicazione della
misura di sicurezza, sulla base del solo certificato penale e nonostante dalla
documentazione prodotta, come detto non considerata, risultasse che l’attualità della
pericolosità sociale del ricorrente era oramai venuta meno.

2

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso, concernente l’omessa risposta alla deduzione sulla
violazione del principio ne bis in idem, è infondato.
1.1. La censura concerne una asserita violazione della legge sostanziale, ma,
come per ogni questione che si riferisce ad aspetti di diritto, quel che conta non è il
regola iuris accolta e applicata, ma la correttezza della decisione. E la decisione nel
caso in esame è conforme all’orientamento consolidato, che riconosce – pacificamente
– il concorso formale tra la violazione del precetto di vivere onestamente e rispettare
le leggi concretatasi nella commissione di un reato, e la fattispecie di reato così
realizzata, perché le due norme incriminatrici si pongono, tra loro, in rapporto di
specialità reciproca: l’una richiedendo quale elemento specializzante la condizione di
sottoposto alla misura di prevenzione; l’altra la specifica condotta descritta dalla
autonoma norma incriminatrice.
1.2. Né il reato ipoteticamente assorbente è tra quelli per cui gli artt. 7 e 9 I. n.
575 del 1965 prima, e 71 e 72 d.lgs. n. 159 del 2011 ora, prevedono che la condizione
soggettiva funga da circostanza aggravante, secondo il paradigma del reato
complesso.
2. Infondata è anche la censura relativa all’omessa rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale ai fini dell’acquisizione dei documenti prodotti dalla difesa al fine di
dimostrare il cambiamento di comportamenti e vita del ricorrente e il suo recupero
sociale.
E’ difatti principio consolidato che nel giudizio di appello l’acquisizione di
documenti sopravvenuti non è subordinata alla necessità di una ordinanza che
disponga esplicitamente in tal senso previa formale rinnovazione del dibattimento,
essendo invece sufficiente, anche se indispensabile, che sulla produzione sia
assicurato il contraddittorio fra le parti (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino,
Rv. 231676). E tanto vale anche nel giudizio abbreviato d’appello (Sez. 3, n. 7974 del
13/01/2011, Ndreu, Rv. 249114).
Sicché, non risultando la produzione opposta né respinta, la documentazione,
versata in atti e allegata al fascicolo della Corte di appello, deve considerarsi già
implicitamente acquisita.
3.

Fondate appaiono invece le censure subordinate, relative alla omessa

considerazione di tali recentissimi documenti ai fini del trattamento sanzionatorio,
delle circostanze generiche, e della misura di sicurezza, così come quelle afferenti la
omessa considerazione della allegata preesistente (ed assertivamente risolta)
condizione di tossicodipendenza ai fini del riconoscimento della continuazione interna
ed esterna.

contesto della giustificazione, l’esistenza, cioè di una adeguata motivazione sulla

3.1. La sentenza impugnata riconosce, difatti, che l’imputato aveva intrapreso un
percorso di “reinserimento sociale”. Definito però tale percorso alla stregua di
«tentativo […] non ancora compiuto» e ritiene perciò di non annettere ad esso alcuna
valenza: senza in alcun modo porre tale assunto a confronto critico con la
documentazione, descritta nel ricorso, versata in atti dalla difesa, che non risulta
neppure menzionata nonostante l’astratta sua non inconferenza in relazione ai criteri
dell’art. 133 cod. pen., dunque dell’art. 62-bis e degli artt. 202 e 203 cod. pen., da un
nelll’applicazione, in aggiunta, della misura di sicurezza.
3.2. Del pari nessun riferimento, e nessuna considerazione, è dato cogliere nella
sentenza impugnata alla evocata condizione di tossicodipendenza del ricorrente, che
pure normativamente costituisce (art. 671 cod. proc. pen.) uno degli indicatori da
prendere in considerazione ai fini del riconoscimento della continuazione.
Va aggiunto, con riguardo al diniego della continuazione interna, che l’assertivo
riferimento alla “eterogeneità” dei reati poteva essere sufficiente a contesto normativo
precedente il 1974; mentre il radicale diniego della continuazione con i reati
separatamente giudicati, ivi compreso quello concernente la detenzione di cocaina
accertata il 14 febbraio 2008, è perlomeno in evidente contrasto con quanto già
osservato al punto 1.1.
3. La sentenza impugnata deve, per conseguenza, essere annullata limitatamente
al trattamento sanzionatorio, al diniego delle circostanze attenuanti generiche e della
continuazione e all’applicazione della misura di sicurezza, con rinvio per nuovo giudizio
ad altra sezione della Corte di appello di Milano
I ricorso va nel resto rigettato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, al
diniego delle circostanze attenuanti generiche e della continuazione, nonché
all’applicazione della misura di sicurezza; rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione
della Corte di appello di Milano. Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso il 19 g gno 2015
Il consigliere

ensore

Il Presidente

lato; l’estremo rigore, di contro e dall’altro, nel trattamento sanzionatorio adottato e

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