Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 31414 del 19/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 31414 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FLORA MASSIMO N. IL 04/08/1971
avverso la sentenza n. 51/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
10/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO
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Data Udienza: 19/06/2015

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 34.512/2014 R. G. *

Udienza del 19 giugno 2015

Udito, altresì, nella pubblica udienza, il Pubblico Ministero in persona del don. Eduardo Scardaccione, sostituto procuratore generale
della Repubblica presso questa Corte suprema, il quale ha concluso
per la inammissibilità del ricorso e per la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della cassa delle ammende.

i.

Su rinvio di questa Corte suprema di cassazione, giusta sentenza
novembre 2013, di (parziale) annullamento della sentenza della
Corte di appello di Milano 10 dicembre 2012, quella Corte di merito,
con sentenza deliberata il 10 giugno 2014 e depositata il 22 luglio
2014, in riforma della sentenza del Tribunale di quella stessa sede 22
gennaio 2009, ha riconosciuto all’appellante Massimo Flora, imputato dei delitti di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta
patrimoniale per distrazione, aggravati ai sensi dell’articolo 219, secondo comma, numero i, legge fall. (R. D. 16 marzo 1942, n. 267),
l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, prevista
dall’ultimo comma del medesimo articolo; ha dichiarato detta attenuante equivalente alla ritenuta aggravante; ha ridotto la pena principale (da tre anni e sei mesi) a tre anni e tre mesi di reclusione; ha
confermato nel resto la condanna appellata.

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1.1 — I giudici di merito hanno accertato che Flora, in qualità di amministratore unico della società di capitali in liquidazione Trans Flora, s.r.1., dichiarata fallita dal Tribunale ordinario di Milano il 28 settembre 2006, aveva sottratto « tutti i libri e le scritture contabili
previsti dalla legge » e aveva distratto dal patrimonio della società
quattro veicoli.
Con riferimento ai motivi di gravame pertinenti al punto della
attenuante, oggetto del giudizio di rinvio, la Corte territoriale ha osservato: erroneamente il primo giudice ha fondato il diniego della attenuante de qua sulla considerazione della oggettiva entità del passivo fallimentare, anziché del danno cagionato specificamente dalle
condotte delittuose; al riguardo giova considerare che la bancarotta
documentale appare di « modesta offensività » in quanto la sottrazione di libri e delle scritture non ha impedito al curatore di ricostruir
il movimento degli affari della società decotta e di formare lo stato
passivo, costituito prevalentemente dai debiti di natura fiscale, contributiva e assicurativa, e che i veicoli distratti (in numero di quattro)
erano vetusti e « verosimilmente incidentati » sicché il danno arrecato dalla distrazione appare « di lieve entità »; il rilievo della entità del passivo fallimentare e della negativa personalità del giudicabile, gravato da molteplici condanne per delitti di falso, di appropria1.2 –

2

Rileva

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Ricorso n. 34.512/2014 R.G. *

Udienza del 19 giugno 2015

2. – L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero del
difensore di fiducia, avvocato Francesco Costa Angeli, mediante atto
recante la data del 22 luglio 2014 col quale sviluppa due motivi dichiarando promiscuamente di denunziare, ai sensi dell’articolo 606,
comma i, lettere b) ed e), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve
tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione agli
articoli 219, terzo comma, legge fall. (primo motivo) e in relazione agli articoli [62-bis e] 133 cod. pen. (secondo motivo), nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione anche sotto il profilo della formale violazione degli articoli 111, sesto
comma, Cost., e 546, comma i, lettera e), cod. proc. pen.

Dopo aver, in premessa, recriminato in ordine all’ accertamento
della colpevolezza, a dispetto della documentazione a suo tempo versata in ordine allo stato di uno dei veicoli e dopo aver ribadito la tesi
difensiva della esclusione della distrazione, sotto il profilo che si trattò della pura e semplice derelizione dei veicoli, gravemente danneggiati in seguito a sinistri stradali e privi di valore economico, il difensore, col primo motivo, sostiene che la Corte territoriale si sarebbe
uniformata « solo apparentemente » alla sentenza di annullamento,
riproponendo, invece, « il primiero percorso argomentativo della
precedente Corte di appello ».
2.1 –

Col secondo motivo il difensore si duole del diniego delle circostanze attenuanti generiche e della dosimetria della pena; denunzia la
inosservanza dei criteri dell’articolo 133 cod. pen.; lamenta la omessa
considerazione della entità del dolo, dell’oggetto materiale del reato
(quattro veicoli incidentati e privi di valore), delle condizioni di vita
individuali e familiari del reo, della sua condotta processuale e del
tempo trascorso dall’epoca del fatto; censura il rilievo della Corte territoriale circa l’entità del passivo fallimentare in violazione del criterio stabilito dalla sentenza di annullamento.
2.2 –

3. — Il ricorso non merita accoglimento.
3.1 — Il primo motivo è assolutamente generico.

3

zione indebita e di omesso versamento delle ritenute previdenziali, e,
pertanto, « incline alla violazione del precetto penale » osta alla prevalenza della riconosciuta attenuante che nella specie risulta di «
modesta incidenza »; la pena principale deve essere congruamente
rideterminata, nella osservanza di criteri stabiliti dall’articolo 133
cod. pen., tenuto conto della gravità del fatto e della personalità del
reo, nella misura indicata.

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Il giudice del rinvio, uniformandosi al principio di diritto fissato sul
punto della attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuit à — scilicet : da apprezzarsi in relazione alla condotta delittuosa
che lo ha cagionato e non con riferimento alla oggettiva entità del
passivo fallimentare — ha riconosciuto la diminuente in parola e ha
ridotto la pena principale.
Il difensore non ha dato conto della asserita inosservanza della disposizione dell’articolo 627, comma 3, cod. proc. pen.
La censura proposta è, pertanto, priva del requisito formale della
specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto
che sorreggono l’impugnazione, prescritto dall’articolo 581, comma 1,
lettera c), cod. proc. pen. e sanzionato, a pena di inammissibilità
dall’articolo 591, comma i, lettera c), cod. proc. pen.
3.2 — Il secondo motivo non merita accoglimento, in quanto è infondato in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed è
inammissibile in ordine alla dosimetria della pena.
3.2.1 — Effettivamente la Corte territoriale non ha fatto oggetto di
considerazione espressa e specifica il motivo di gravame, proposto
dall’appellante in punto di circostanze attenuanti generiche e dichiarato assorbito da questa Corte suprema di cassazione in esito all’ annullamento sul punto della attenuante del danno patrimoniale di
speciale tenuità.
Pur tuttavia le medesime ragioni addotte dalla Corte di merito per
negare la prevalenza della attenuante riconosciuta, rispetto alla ritenuta aggravante — e, segnatamente il negativo scrutinio della personalità e della capacità a delinquere del reo, gravato da « molteplici »
condanne e, in particolare, da precedente per appropriazione indebita — valgono a dar implicitamente conto del diniego delle circostanze
attenuanti generiche.
Ed è appena il caso di aggiungere, in ordine al censurato riferimento
della Corte territoriale circa l’entità del passivo fallimentare, che la
sentenza di annullamento ha stigmatizzato la considerazione del
passivo al solo fine della esclusione della specifica attenuante in parola, senza inibire l’apprezzamento del dato in relazione ad altri profili
di valutazione.

4

Questa Corte suprema di cassazione, colla sentenza (parzialmente)
rescindente, ha dichiarato inammissibili i motivi del ricorso proposto
dall’ imputato, circa l’accertamento della responsabilità in ordine ai
delitti di bancarotta documentale e patrimoniale e circa la aggravante
ritenuta.

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R. G.

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Udienza del 19 giugno 2015

— Riguardo, infine, alla dosimetria della pena (contenuta in
misura prossima, di poco superiore al minimo edittale) il ricorso è
manifestamente infondato.
3.2.2

—né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo
applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma,
ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un
fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
—né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il giudice del
merito esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei
principi di diritto fissati da questa Corte.
E neppure manifestamente ricorre vizio alcuno della motivazione.
Il giudice a quo ha dato conto adeguatamente — come illustrato nella narrativa che precede — delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità
di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte: Sez. 1, n. 624 del 5
maggio 1967, Maruzzella, Rv. 105775 e, da ultimo, Sez. 4, n. 4842 del
2 dicembre 2003, Elia, Rv. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.
Per vero i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente,
benché inscenati sotto la prospettazione di v itia della motivazione,
si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito.
Sicché le censure, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti
dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’
termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen.
4. — Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, addì 19 giugno 2015.

Non ricorre — alla evidenza — il vizio della violazione di legge:

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